p. José María CASTILLO“TUTTI QUELLI CHE TROVERETE, CHIAMATELI ALLE NOZZE”
XXVIII TEMPO ORDINARIO – 15 ottobre 2017 - Commento al Vangelo
“TUTTI QUELLI CHE TROVERETE, CHIAMATELI ALLE NOZZE”
di p. José Maria CASTILLO
Mt 22, 1-14
[In quel tempo] Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Prima di tutto bisogna fin da ora sottolineare che il finale di questa parabola (vv. 11-13), nella quale si racconta l’entrata del re per ispezionare come andavano vestiti gli invitati, è chiaramente un’aggiunta dell’evangelista o di una mano successiva. Nei matrimoni di quel tempo non c’era mai l’abitudine di presentarsi con un abito da festa (Aristofane, Uccelli, 1693; JosAs 20,6). E questo finale allegorico non ha nulla a che vedere con il messaggio della parabola (U. Luz).
Come è stato spiegato molto bene, le parabole sono piccole storie, prese dalla vita quotidiana, ma nelle quali si incappa in qualche punto che rappresenta una “rottura” con quello che è normale nella vita. Ebbene, lì dove si incontra questa “rottura”, proprio in questo sta la chiave per comprendere l’insegnamento che si vuole trasmettere mediante la parabola. Ebbene, nel caso di questa parabola è evidente che la “rottura” sta nel fatto che è incomprensibile che gli invitati da un re al matrimonio di suo figlio non solo non volevano andare al banchetto del re, ma colpiscono con una bastonata chi porta loro l’invito ed arrivano persino ad ucciderlo. Questo non capita in nessun parte. Qui sta la “rottura” con l’aspetto normale della vita. Cosa si vuole dire a noi con questa “stravaganza” del racconto?
Quelli che non vogliono andare al matrimonio sono persone di alta posizione sociale e con molto denaro. Hanno “terre” ed “attività”. Quelli che entrano al banchetto nuziale sono persone che non hanno nulla, i vagabondi delle strade. Al Padre del Cielo chiediamo nel Padre Nostro: “Venga il Tuo Regno”. Cioè gli chiediamo: ”Signore, che questa vita sia un banchetto per tutti!”. Come è logico, quelli che già sono soddisfatti e che hanno più del necessario, non vogliono questo. Quello che vogliono è continuare ad avere i loro privilegi e differenze, mantenendo le distanze. E questo non lo sopporta il Padre. Per questo nel banchetto della convivialità e dell’uguaglianza non entreranno mai prepotenti.
Fonte:http://www.ildialogo.org
“TUTTI QUELLI CHE TROVERETE, CHIAMATELI ALLE NOZZE”
di p. José Maria CASTILLO
Mt 22, 1-14
[In quel tempo] Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Prima di tutto bisogna fin da ora sottolineare che il finale di questa parabola (vv. 11-13), nella quale si racconta l’entrata del re per ispezionare come andavano vestiti gli invitati, è chiaramente un’aggiunta dell’evangelista o di una mano successiva. Nei matrimoni di quel tempo non c’era mai l’abitudine di presentarsi con un abito da festa (Aristofane, Uccelli, 1693; JosAs 20,6). E questo finale allegorico non ha nulla a che vedere con il messaggio della parabola (U. Luz).
Come è stato spiegato molto bene, le parabole sono piccole storie, prese dalla vita quotidiana, ma nelle quali si incappa in qualche punto che rappresenta una “rottura” con quello che è normale nella vita. Ebbene, lì dove si incontra questa “rottura”, proprio in questo sta la chiave per comprendere l’insegnamento che si vuole trasmettere mediante la parabola. Ebbene, nel caso di questa parabola è evidente che la “rottura” sta nel fatto che è incomprensibile che gli invitati da un re al matrimonio di suo figlio non solo non volevano andare al banchetto del re, ma colpiscono con una bastonata chi porta loro l’invito ed arrivano persino ad ucciderlo. Questo non capita in nessun parte. Qui sta la “rottura” con l’aspetto normale della vita. Cosa si vuole dire a noi con questa “stravaganza” del racconto?
Quelli che non vogliono andare al matrimonio sono persone di alta posizione sociale e con molto denaro. Hanno “terre” ed “attività”. Quelli che entrano al banchetto nuziale sono persone che non hanno nulla, i vagabondi delle strade. Al Padre del Cielo chiediamo nel Padre Nostro: “Venga il Tuo Regno”. Cioè gli chiediamo: ”Signore, che questa vita sia un banchetto per tutti!”. Come è logico, quelli che già sono soddisfatti e che hanno più del necessario, non vogliono questo. Quello che vogliono è continuare ad avere i loro privilegi e differenze, mantenendo le distanze. E questo non lo sopporta il Padre. Per questo nel banchetto della convivialità e dell’uguaglianza non entreranno mai prepotenti.
Fonte:http://www.ildialogo.org
Commenti
Posta un commento