Padre Paolo Berti, “...è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”

XXIX Domenica del T. O.        
Mt 22,15-21 
“...è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”
Omelia  
L'evento della liberazione del popolo da Babilonia, pur sperato e invocato, risultò una sorpresa per i
pochi Israeliti rimasti in Palestina; a loro “sembrava di sognare” nel vedere il ritorno in patria di numerosissimi gruppi di esuli.
L'incidenza del re persiano Ciro, conquistatore di Babilonia, nella storia di Israele fu clamorosa: il popolo di Israele veniva liberato dalla schiavitù e con il permesso di ritornare in Palestina e di ricostruire il tempio di Gerusalemme. Ciro aveva deciso una politica di rispetto delle divinità dei vari paesi, al contrario dei Babilonesi che portarono gli idoli dei templi dei popoli conquistati a Babilonia, in segno della supremazia dei loro dei. Ciro, al contrario, fece riportare gli idoli alle rispettive città conquistate dai Babilonesi. Era una strategia per tenere quieti i popoli, ma nello stesso tempo sopra le varie divinità Ciro poneva Ahura-Mazda, il dio supremo persiano. Sembrerebbe che Jahvéh divenisse un subalterno di Ahura-Mazda, ma non è così, poiché Ciro, ad un certo punto (Esd 1,2; Is 44,28; 45,3), identificò il Dio del cielo, Ahura-Mazda, con Jahvéh, pure detto Dio del cielo (Cf. Dn 2,18; 37.44; Gdt 5,8; Esd 5,11; 6,9.10; Ne 1,4; 2,4.20; Tb 7,12), e quindi non ne fece un dio subordinato, ma lo pensò come il medesimo Supremo.
L'ingresso di Ciro nella storia di Israele fu una grande affermazione che Dio agisce su tutto il genere umano.
L'esilio a Babilonia produsse la fine della commistione tra il potere politico e il potere religioso. Tale commistione era nel disegno di Dio solo nel fatto che il re doveva promuovere con la sua autorità la fedeltà all'alleanza. Ma ciò avvenne poche volte perché i re di Gerusalemme vollero introdurre culti agli dei pagani, ponendosi a capo di tali culti come sacerdoti supremi. Saul venne rifiutato da Dio proprio quando, disobbedendo, si diede un ruolo sacerdotale (1Sam 13,9). Davide non farà mai questo e la sua azione di immolare buoi (2Sam 6,13s) non fu azione sottratta al sacerdozio, ma azione dell'offerente (Cf. Lv 1,1s; 3,1s).
Caduta la monarchia di Israele, alla figura regale del futuro Messia, si aggiunse con forza quella sacrificale, già presente nell'agnello pasquale. Il Messia libererà il suo popolo non con la forza delle armi, ma con la forza dell'amore spinto fino al sacrificio.
L'avvento di Cristo è l'avvento del Re dei re, che tuttavia non scalza l'autorità di Cesare: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare”, poiché l'autorità di Cesare discendeva da Dio, anche se poi condotta in termini distanti da Dio. Il Re dei re vuole conquistare i Cesari al regno dei cieli, e solo quando questi varcano le estreme soglie dell'indurimento, come già il faraone, ne dichiara tragica fine.
Così, la Chiesa non contesta mai i legittimi poteri di uno Stato, ma l'abuso dei poteri, ed è abuso quando urtano contro i diritti dell'uomo, tra i quali e prima di tutti c'è il diritto alla libertà di religione. Libertà che non va insidiata astutamente in nome di una generica e astratta libertà che accoglie il male. La Chiesa rispetta, ma anche prega affinché i potenti si aprano a Cristo.
La Chiesa sempre ha detto ai fedeli: “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Ma ha anche detto ai Cesari: “Date a Dio quel che è di Dio”.
Ma non bastano le parole. Non basta l'annuncio. Ce lo dice san Paolo: “Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”.
Noi vorremmo che con un'ammonizione, una denuncia, il vizio fosse vinto. Molti genitori vorrebbero che con un rampogna i figli si mettessero a posto. Non bastano le parole, ci vuole preghiera, sacrificio, attesa. “Con profonda convinzione” dice san Paolo, cioè con fede profonda. Se non si è convinti di Dio non si può operare efficacemente per il cambiamento del mondo.
Vedete, fratelli e sorelle, noi tante volte ci aspettiamo dal Papa tutto; un po' a questo ci hanno abituato i mass media, ma non è così. Non bastano le parole del Pontefice, occorre la preghiera, il sacrificio dei credenti, per cambiare il mondo.
A volte, fratelli e sorelle, siamo tentati di passare dalla parte del mondo, e in definitiva dalla parte del principe del mondo, nell'illusione, colpevole, che il mondo e il suo principe nero siano la garanzia della libertà e della pace. No, il mondo e il principe di questo mondo cercano di renderci seducente il presente per poi renderci orribile il futuro. Cercano di scoraggiarci nel seguire Cristo, presentandoci il potere del mondo come invincibile anche da Dio. Ma non è così. Dio nessuno lo vince, e Dio non rinuncia mai a noi; non rinuncia mai al suo disegno di salvezza. Dio, fratelli e sorelle, continua a lavorare in mezzo alle bruttezze di questo mondo, e noi non dobbiamo mai arrenderci. Dio riparte sempre: dopo una guerra, dopo una rivoluzione, dopo una diffusa corruzione. Egli riparte, ma non ha mai smesso di essere presente. La Chiesa è filo della continuità di Dio nella storia. L'ente sociale fondato da Cristo, è ente sociale sui generis, che mai cessa di pregare e di sacrificarsi perché vive di Cristo.
Molto dobbiamo pregare per i governanti, perché si lascino guidare da Dio; perché, almeno, non chiudano tutti gli spazi all'ingresso delle ispirazioni dello Spirito Santo nelle loro menti e nei loro cuori. Pregare perché rimangano onesti di fronte ai mille modi coi quali si può far naufragare l'onestà. Pensate a quanto è necessario resistere al clientelismo politico rivolto a stabilire un elettorato fedele e interessato al mantenimento di questo o quel personaggio. Pensiamo al discernimento dei consigli ricevuti, spesso carichi di trappole, di discesa verso la disonestà; pensiamo alla necessità di cogliere la realtà delle situazioni per evitare quadri falsati; pensiamo alla vigilanza sull'onestà dei concorsi d'appalto; pensiamo all'onestà di fronte alle licenze edilizie e ai piani regolatori che potrebbero favorire parenti e amici senza favorire la collettività; si pensi all'assunzione nel pubblico impiego; pensiamo anche al mantenimento della rettitudine di vita personale che si richiede da chi governa.
A volte ci sentiamo “abbandonati da Dio”; è vero il Padre a volte ci “abbandona” come fece col Figlio (Mt 27,46), ma il Figlio mai ci abbandona. Egli, presente sugli altari, viene nei nostri cuori a darci forza, pace e vita. Egli suscita in noi il desiderio di una nuova comunione Eucaristica con lui. Egli, quale Verbo, inabita in noi allo stesso modo del Padre e dello Spirito Santo. Egli non è nel nostro cuore solo nel tempo della Comunione, poiché quando le specie Eucaristiche si corrompono egli rimane presente in quanto Dio, uno con il Padre e lo Spirito Santo.
Cristo non ci abbandona mai. Sempre ci sostiene per farci vivere gli “abbandoni del Padre”, nel modo voluto dal Padre, cioè come momenti di suprema adorazione in spirito e verità. Negli “abbandoni” del Padre, noi avvertiamo, nel centro più centro del nostro cuore, pace e letizia, poiché Gesù non ci abbandona mai. Ho detto nel centro più centro perché il dolore - di una calunnia, di un tradimento, di un insulto - raggiunge e colpisce il cuore. E perché la pace e la letizia? Perché Cristo non ci abbandona mai. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

Fonte:http://www.perfettaletizia.it

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