don Marco Pedron, "Ciò che hai dentro fa la differenza"
don Marco Pedron
XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Visualizza Mt 25,1-13
La parabola di oggi è imbarazzante, mette in crisi chi ne deve dare una spiegazione e mette in crisi gli
ascoltatori perché è una parabola dove ognuno dei protagonisti fa una pessima figura.
Fa una brutta figura lo sposo.
1. Intanto ritarda: visto che era il suo matrimonio poteva innanzitutto arrivare puntuale! 2. Le case ebraiche erano aperte e lo erano di sicuro durante un matrimonio dove si poteva andare e venire, anche perché un matrimonio durava parecchi giorni e la gente andava e veniva in assoluta libertà. Perché allora se la prende con le stolte, rimaste senza olio, e non apre loro nemmeno la porta. 3. Ma come fa a dire: "Non vi conosco!". Ma se le ha invitate lui, come può non conoscerle?
Fanno una brutta figura le stolte che hanno preso la lampada senza portarsi l'olio.
E fanno una brutta figura anche le sagge che rifiutano di dare l'olio alle altre. Perché le cinque sagge non vogliono spartire l'olio? Sono proprio cattive, eh! O, forse, quell'olio, non si può spartire perché è personale? Cioè: nessuno te lo può dare se tu non ce l'hai.
Si può trovare a mezzanotte un venditore d'olio? Non sanno che a quell'ora tutto è chiuso? Perché sono così ironiche? O forse non possono dare ciò che non si può dare?
E' una parabola dove sembra che nessuno dei protagonisti si comporti bene.
Per capire la parabola dobbiamo capire queste immagini che sono tanto distanti da noi perché si rifanno agli usi matrimoniali del mondo ebraico. E ci chiediamo: 1. perché questa risposta così secca, tremenda ("Non vi conosco!") da parte del Signore Gesù? 2. E cos'è questo olio talmente importante che permette o meno di entrare a queste nozze con il Signore?
Le vergini stolte che si sono dimenticate di prendere l'olio Mt le chiama "morai" (25,2). Stolte, letteralmente vuol dire "matte, pazze". "Stolte" vuol dir anche sbadate, stupide, indifferenti (addormentate, sciocche, senza testa, insipide). Per capire perché sono stolte, in questa situazione, dobbiamo capire com'era fatta una lampada a quel tempo.
La lampada era una canna su cui c'era un recipiente dove ardevano stracci intrisi d'olio. Perché continuasse ad ardere bisognava continuare a mettere l'olio. Ma le stolte non hanno l'olio. E come poteva funzionare una lampada senz'olio? Era ovvio che non si sarebbe accesa.
Le vergini stolte sono quelle persone che vivono alla giornata senza farsi troppo pensieri o problemi. Non si occupano di ciò che è importante: della qualità del rapporto di coppia, di sapersi ascoltare, di saper ascoltare, di saper far silenzio dentro, di mettersi in gioco, di cambiare, di nutrire l'anima, di avere del tempo per sé e per chi si ama. Vanno avanti come se niente fosse. Poi dicono: "Com'è possibile? Com'è potuto capitare?". "Com'è potuto capitare?"... e cosa pensavi che potesse succedere?
Un giorno tornando dal mare tra amici eravamo così presi a raccontarcela e a ridere che ad un certo punto l'auto si è fermata: era senza benzina. Mica era colpa dell'auto. Ce n'eravamo dimenticati!
Ci chiediamo: dov'è che ritroviamo ancora questo termine, "stolto", nel vangelo? In Mt il "matto, stolto, pazzo" (moro) è quell'uomo che quando deve costruire la sua casa, la va a costruire in riva ad un lago sopra la sabbia (Mt 7,26: "..è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia").
Ma solo un ‘matto' fa una cosa del genere. Perché costruire una casa senza fare le fondamenta, è assurdo e alla prima fiumana la sabbia viene portata via e la casa crolla (Mt 7,27: "Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, la sua rovina fu grande").
E Gesù lì voleva dire: "Questo matto siete voi; questo matto è chiunque tra di voi che ascolta queste parole, gli piace il mio insegnamento, ma poi non si sogna minimamente di metterlo in pratica" (Mt 7,26: "Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica è simile ad un uomo stolto").
Allora chi sono queste ragazze pazze, stolte, matte, sbadate? Queste ragazze matte rappresentano quei credenti che sono entusiasti del messaggio di Gesù, che accolgono il suo messaggio, però non lo praticano.
Allora cos'è questo olio che non hanno? Sono le opere buone. In Mt 5,16 Gesù, infatti, aveva detto: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli".
L'olio sono le opere buone. Ma cosa sono, allora, le opere buone nei vangeli? Vi ricordate la parabola del buon samaritano (Lc 10,29-37): non i gesti sacri del levita che passa e tira via dritto di fronte all'uomo percosso, non le preghiere giornaliere del sacerdote, ma l'amore del buon samaritano (che era considerato un eretico). Questo conta davanti al Signore.
Lo sentiremo fra due domeniche: "Quando Signore ti abbiamo visto forestiero, nudo, ammalato, affamato, in carcere?". "Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,31-46). Ed è un bene concreto, reale, quotidiano, fatto di gesti, di pensieri, di azioni, di sentimenti, quello di cui si parla qui. C'è qualcuno che soffre; tu senti e vedi la sua sofferenza e ti muovi per aiutarlo.
Il metro di giudizio di Dio è l'amore. Il resto non conta. Preghiere, riti, meriti, studi, onori, fama, soldi, conoscenze, tutto questo non serve nulla se non è a servizio dell'amore.
E a quelle che non hanno l'olio Gesù dice: "In verità non vi conosco" (Mt 25,12). Dov'è che ritroviamo questa espressione? La ritroviamo in Mt 7,22 (il versetto prima della casa sulla roccia e della casa sulla sabbia): "Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?". Io però dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me operatori di iniquità"".
E in Mt 7,21 Gesù dice: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Cosa vuol dire? Che non basta fare belle prediche, costruire grandi chiese, fare grandi opere, tirare in ballo "Dio" in ogni parola e in ogni frase per essere riconosciuti da Lui. Dio, che è l'Amore, riconosce l'amore che ognuno ha e vive. Il resto non lo conosce. Lui non conosce la fama, la gloria, il successo, gli onori. L'unico linguaggio che Lui conosce è l'Amore. In Dio (cioè in Paradiso, nell'Aldilà, o come volete chiamarlo) l'unico linguaggio è l'amore: per questo si entra solo se si parla questo linguaggio. E' l'amore che ci porta Di Là, con Lui. Nient'altro.
Chi parla "il successo", "la gloria", "il potere", non può entrare: non è una cosa cattiva ma è un linguaggio che lì non si parla. In Dio si parla solo "l'amore". Per questo dice: "Non vi conosco". Non dice: "Avete sbagliato!" ma: "Non lo conosco!".
Tutti conosciamo la preghiera che si recita per i defunti: "L'eterno riposo", che sembra una specie di condanna all'ergastolo, alla prigione forzata, a stare sempre fermi a letto (riposo).
Un bambino ha detto: "Ma io non voglio riposare in paradiso. Io voglio la bicicletta e il pallone. Non voglio riposare!". In effetti, forse, aveva ragione!
Nel libro dell'Apocalisse (Ap 14,13), l'autore dice: "Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono". A quel tempo si credeva che Dio avesse creato il mondo lavorando in sei giorni e che il settimo si fosse riposato.
Allora: entrare nel "riposo di Dio" non significa cessare l'attività per tutta la vita, per l'eternità, non fare nulla, riposare in santa pace, ma è un'immagine che indica che si è associati all'attività creatrice di Dio. Come? L'amore (i gesti concreti) che abbiamo vissuto in questa vita ci associa a Dio per continuare ad amare e a costruire il mondo. Quindi quando saremo di là, continueremo ad amare.
In Paradiso (Di Là) noi continueremo a costruire, a lavorare nell'amore insieme con Dio. Che, capite bene, niente ha a che vedere con l'eterno riposo! E' per questo che chiediamo gli aiuti ai santi (S. Antonio, S. Francesco, Padre Pio, ecc.) o ai nostri cari che ci hanno preceduto. E facciamo bene, perché chi è Di Là costruisce nell'amore per chi è di qua. Sembra che siamo separati ma siamo uniti; i morti sono solo degli invisibili non degli assenti. Le distanze sono solo distanze non divisioni.
Hanno fatto degli esperimenti incredibili. Hanno preso una topolina e l'hanno monitorata con elettrodi in testa. Hanno preso i suoi undici topini figli e li hanno portati a migliaia di chilometri di distanza su di un sottomarino. Ogni ora veniva lanciato uno dopo l'altro un topolino e la madre al momento del lancio, attraverso un tracciato anomalo, registrava la morte del suo figlio. Cosa vuol dire? Che la madre sapeva esattamente che suo figlio stava per morire. Questo non è un riflesso ma un collegamento; tutti i cervelli, in un clan famigliare, sono collegati gli uni agli altri.
Allora: tutti siamo sempre collegati a tutti quelli che sono qui e a quelli che sono di là. E quelli di là, nell'Amore, lavorano per il nostro bene.
Cosa dice a noi questo vangelo? Non dimenticarti dell'olio (consapevolezza).
Saggio, in greco phronimos (da phrenes, cioè diaframma), indica l'interiorità dell'uomo, la consapevolezza. Le vergini sagge sono in contatto con sé, con il proprio mondo interno.
Le vergini sagge incontrano lo sposo perché sanno, sono consapevoli, di ciò di cui hanno bisogno. Si ascoltano, si percepiscono, sono in contatto con sé e quindi sentono i loro bisogni, le loro necessità, i loro limiti, i loro punti di forza e quelli deboli, le loro pulsioni, la loro aggressività.
Alle vergini stolte viene detto alla fine: "Non vi conosco". Ma non è il Signore che non le riconosce. Non è una condanna ma nient'altro che una conseguenza del loro modo di vivere. Sono loro stesse che non si conoscono, che hanno sempre vissuto nella superficie, con banalità e che non si conoscono. Non sanno chi sono; non sanno cosa provano; non hanno accesso a sé e non possono che rimanere escluse dalla vita e dalle sorgenti della vita. Chi vive in maniera inconsapevole rimane escluso dalla vita, dalla festa e dalle nozze. E' sempre così.
Un famoso chirurgo viennese disse ai suoi studenti che per fare il chirurgo sono necessarie due doti: non essere schizzinosi e avere un ottimo spirito di osservazione. Poi immerse il dito in un liquido nauseabondo e lo leccò, invitando ciascun studente a fare altrettanto. Essi si fecero forza ed eseguirono l'operazione senza battere ciglio. Con un sorriso, il chirurgo spiegò: "Signori, mi congratulo con voi per aver superato la prima prova. Ma non posso fare lo stesso per la seconda, perché nessuno di voi si è accorto che il dito che ho leccato non era lo stesso che avevo immerso nel liquido".
Il vangelo si conclude con quella frase tremenda: "Non vi conosco". Cosa vuol dire? E' una punizione? No, è una conseguenza di come vivi.
Viene un momento in cui una persona si è così indurita, corazzata, ha così tanto non espresso i sentimenti, è diventata così fredda, che non è più in grado di amare e di viversi i suoi sentimenti.
Quando arriverà il pianto, dirà: "Non ti conosco", perché non sente più niente dentro di sé. Quando arriverà la gioia, dirà: "Non ti conosco", perché non riesce più a fare salti di gioia, ad abbracciare, a lasciarsi andare come un bambino. Quando arriverà l'amore, dirà: "Non ti conosco", perché avrà così tanta paura di farsi di nuovo coinvolgere che preferirà non innamorarsi o non coinvolgersi. Quando arriverà la tenerezza o la compassione dirà: "Non ti conosco", perché il suo cuore è così duro che non è toccato più da niente, niente la tocca in profondità. Se tu vivi distaccato da te tutto ti rimane dentro e dirai: "Non ti conosco. Non sento niente". Ma vivere così è vivere senza vita. E' come mangiare e non provare nessun gusto, non sentire nulla.
Viene un momento in cui una persona che ha sempre ceduto alla paura, che si è sempre accontentata, che ha sempre rinunciato, che si è sempre adattata, è così inconsapevole che non ha più forza per cambiare la rotta della propria vita. Ha così tanto ceduto che la paura ha avuto ragione della sua forza.
Viene un momento in cui quando il nostro comunicare diventa piatto, arido, senza significato, limitato, povero, la relazione diventa triste e non ci si ama più. La distanza che si è creata è troppo grande. Non si può più recuperare. E guardando l'altro non potrai che dirgli: "Non ti conosco più".
Viene un momento in cui "fai discorsi da osteria" oggi, fai discorsi superficiali domani, "fai solo discorsi da Novella 2000", banali, nella superficie, che non riesci più ad entrare dentro le cose. Allora ti fai una crosta, una corazza, una difesa, che non ti distacca da te. Se vivi così fuori di te, un giorno, perderai te. E in quel giorno ti dirai: "Non mi riconosco più!".
Una famiglia molto povera, quando nacque il quinto figlio, prese la decisione di affidarlo, all'età di tre anni, a dei parenti lontani. All'inizio il bambino chiedeva sempre di papà e mamma. Ma più passava il tempo e più il ricordo dei genitori era lontano, finché un giorno non chiese più. Dopo dieci anni i genitori, sistemati adesso economicamente, tornarono a riprendersi il figlio. "Siamo venuti a riprenderti", gli dissero. "Non vi conosco". "Ma siamo tuo papà e tua mamma, non ti ricordi?". "Non vi conosco proprio". E non volle tornare a casa. Era passato troppo tempo.
Se ti dimentichi di te un giorno non ti conoscerai più!
Allora: ci sono dei punti di non ritorno. C'è un punto in cui è troppo tardi.
Un uomo fa paracadutismo. Si getta giù da 500 metri: tutto bene. Ma vuole fare il record. Si butta da 400: tutto bene. Da 300: tutto bene. Da 200: si schianta. Per forza!
Allora questa parabola è un forte invito: "Prenditi cura del tuo olio (=consapevolezza)". Ciò che hai dentro è la tua salvezza o la tua condanna, il tuo paradiso o il tuo inferno. Sta attento di non morire di fame interna, di non alimentarti più, sta attento a non lasciare la tua lampada senza olio perché allora ovviamente sarà davvero buio.
Per tutti arriva la mezzanotte, cioè la confusione, la difficoltà o lo smarrimento. E cos'è che salva in quei momenti? Cos'è che ci aiuta? Dove appigliarci? Dov'è che troviamo luce? Nei momenti chiave, negli incroci della vita è quello che hai dentro che fa la differenza.
Cosa succede se dentro hai qualcosa?
Ed Roberts: a 14 anni rimane paralizzato dal collo in giù. Durante il giorno usa un respiratore e la notte la passa in un polmone d'acciaio. Che vita sarà? La paura: "E' la fine! Ma dove vuoi che vada? Che vita che mi aspetta". Ma la fede dice: "Vivrò e mi realizzerò! Come? Non lo so, ma sarà così". Ed Roberts si è realizzato, si è laureato, è diventato capo di Stato per il dipartimento per la riabilitazione e ha cambiato i pregiudizi della società verso i disabili. La fede sposta le montagne!
Billy Joel, famoso musicista. A vent'anni si butta tutto sulla musica, ma fallisce e finisce col dormire nella lavanderie, senza casa e senza soldi. Decide di suicidarsi. La paura dice: "E' finita; è impossibile; non si può seguire i propri sogni; meglio accontentarsi". La fede che ha dentro però gli dice: "Tutto è possibile per chi crede". Billy si dice: "Voglio aver fede: quello che Dio mi manderà io lo farò". Il giorno dopo incontra per caso (!) un uomo che gli dice: "Perché non ti fai aiutare da un istituto di terapia mentale?". Lui: "Ma neanche per sogno!". La sua vita va sempre peggio. Allora si dice: "Mi avevo detto: quello che Dio mi darà, io lo farò. Dio qualcosa mi ha mandato". Entra in istituto, recupera la fiducia in sé e diventa un famoso musicista.
E cosa succede se dentro non c'è niente?
Elvis Presley: avere tutto e non potere fare a meno di drogarsi e di mangiare. Verso la fine della sua vita aveva dei cuochi che lo dovevano sempre far mangiare e si addormentava, drogato, con il cibo in bocca. Altri avevano il solo compito di procurargli anfetamine e barbiturici. Cosa succede se non hai niente dentro? Che ti riempi di tutto, ma non sai vivere.
Jim Morrison, leader dei Doors, o Jimi Hendrix o Kurt Cobain, leader dei Nirvana: nella difficoltà non avevano "olio" per accendere la propria vita. E puoi essere il re del mondo, ma se non hai l'olio dentro, la fine è uguale per tutti.
Ogni giorno tutti noi mangiamo. E se non lo facessimo, dopo un po' moriremmo, e lo sappiamo tutti. La lavatrice, il frigo, l'aspirapolvere vanno a corrente: se non c'è non vanno. Il cellulare, dopo un po', se non lo si mette in carica, si spegne. La tua auto se non la alimenti a benzina dopo un po' si ferma. Se non mangi, dopo un po', muori. Tutto ha bisogno di essere alimentato.
E cosa pensi che possa succedere se non alimenti la coppia, la comunicazione, la spiritualità, la fiducia? Come puoi aspettarti qualcosa di diverso?
Pensiero della settimana
Bisogna essere illuminati, non seguire gli illuminati:
bisogna guardare la luna e non il dito che la indica.
Quando l'occhio non si blocca, il risultato è la vista;
quando l'udito non si blocca,
il risultato è la capacità di ascoltare;
quando la mente non si blocca, il risultato è la verità;
quando il cuore non si blocca, esiste l'amore
e quando non c'è attaccamento, il risultato è la felicità.
Fonte:/www.qumran2.net
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