P. Marko Ivan Rupnik, Commento XXXIII Domenica del Tempo Ordinario –

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Mt 25,14-30

Congregatio pro Clericis
Quella di oggi più che una parabola nel senso classico è un annuncio: “accadrà così” (Mt 25,14).
Ovvero questa è la vita, succede così.

Il talento era una misura di peso e come abbiamo già spiegato qualche domenica fa corrispondeva a un enorme valore, ovvero un talento era il guadagno di più di 20 anni. E perciò si può immaginare di quale misericordia parli Cristo nell’altra parabola dove il padrone condona 10.000 talenti.

Si tratta dunque di una ricchezza immensa.  Noi quasi sempre abbiamo spiegato i talenti come le nostre capacità, anche se ricevute dal Signore, ma di per sé è detto che il padrone partendo per un lungo viaggio distribuisce i suoi beni (Mt 25,14). Dunque si tratta dei beni del Signore, ossia del suo Regno. Tanto è vero che Matteo esplicitamente dice che li distribuisce secondo i talenti delle persone. Cioè secondo i doni e le capacità di ciascuno.

E qual è il suo dono? È il Regno, è la vita di Dio, è la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. È la misericordia, è tutto ciò che fa parte del Regno, è lo Spirito Santo, è la sua stessa vita, è la sua Parola. E Lui ci ha dato i doni del Regno, affinché noi, con le nostre capacità, li investiamo bene.

Cambia molto la prospettiva, perché se è l’individuo che ha ricevuto i talenti è l’individuo che li deve – e si deve – realizzare. Cercherà sempre di utilizzare tutto in chiave sua, affermando se stesso attraverso il dono, come si vede in Ez 16. Naturalmente dicendo di volerli usare per il bene comune, ma ciò non toglie che il protagonista resta l’individuo.

 Ma se il talento è il dono del Regno e Dio lo dà secondo le capacità naturali che nascono con noi, i nostri geni, il carattere, ecc., allora tutto ciò che sto facendo, tutta la mia attività per investire il dono del Regno mi apre alla comunione, cioè a quello che è il contenuto del dono. Il dono del Regno è la vita di Dio, è una vita comunionale, è una vita che mette insieme, che accomuna, che unisce; io impegnandomi in questo farò sempre qualcosa che mi inserisce dentro un tessuto. Perciò in qualsiasi aspetto di questa vita io mi coinvolgo a causa dei talenti ricevuti, l’effetto sarà di rendermi sempre più parte integrante del Regno, io sarò sempre più simile a quel dono che ho ricevuto, quel dono mi assorbirà.

Questo è l’utile, l’interesse che il Signore raccoglierà alla fine. Ciò che di me passerà nel Regno è quanto io da individuo mi sono trasfigurato e trasformato in una persona della Chiesa, della comunità, della comunione, del Regno. Il guadagno è la mia umanità trasfigurata dai beni del Regno che ho ricevuto. Cioè il dono per gli altri che io stesso sto diventando. Solo in questo modo questi doni mi salveranno, altrimenti non servono a niente.

È da considerare però il terzo personaggio, che pur non essendo il cuore della parabola è il personaggio principale attorno al quale finisce tutto.

È quello che resta inchiodato per paura, pensando che il Signore chieda cose impossibili. Ma è l’ecclesialità la chiave per capire che si tratta di una sinergia, di una collaborazione con il dono ricevuto che mentre ci assorbe anche trasfigura e tinge il Regno dell’umanità, perché è divino umano.  Il dono del Regno costituisce il Regno e trasforma noi nel Regno.

Ognuno ha ricevuto questo dono già al battesimo, perciò la nostra vita non è altro che la manifestazione di ciò che lì abbiamo ricevuto, in questa manifestazione impegniamo tutte le nostre energie tutti i nostri doni, tutto ciò che siamo. 



P. Marko Ivan Rupnik

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