mons. Roberto Brunelli"Servire Cristo e non servirsene"
Servire Cristo e non servirsene
mons. Roberto Brunelli
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (17/12/2017)
Visualizza Gv 1,6-8.19-28
Dopo la scorsa domenica, torna anche nel vangelo di oggi (Giovanni 1,6-8,19-28) la figura di
Giovanni Battista; torna, e giganteggia: tanto più grande quanto più si percepisce la sua umiltà. In vista del Messia annunciato da secoli, nella fervida attesa di un liberatore che sollevasse le sorti del popolo ebraico oppresso dalla dominazione romana, il Battista si era presentato con i tratti ispirati degli antichi profeti; la sua vita austera e la predicazione infiammata gli avevano guadagnato la stima generale, sicché gli sarebbe stato facile far credere di essere lui l'atteso. E invece no; quando glielo chiesero egli dichiarò apertamente: “Io non sono il Cristo”. (E' appena il caso di ricordare che il termine Cristo, derivato dal greco, corrisponde esattamente all'ebraico Messia).
“Chi sei, dunque? Che cosa dici di te stesso?” fu la successiva logica domanda, cui egli rispose, citando il profeta Isaia: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”. Govanni si manifestò dunque come il semplice araldo, il precursore, incaricato di annunciare e preparare l'arrivo del Messia, il Cristo atteso: uno tanto più grande di lui da non essere degno neppure di chinarsi a slacciargli i sandali.
L'affermazione illumina di luce singolare la figura di Gesù, perché gli stessi vangeli si direbbe a prima vista che collochino Giovanni quasi al livello di Colui che egli stesso riconosce tanto superiore a sé. L'evangelista Luca, ad esempio, narra in parallelo le vicende della nascita di entrambi, con lo stesso rilievo: prima l'annuncio a Zaccaria che sarebbe diventato padre, poi l'annuncio a Maria della divina maternità; segue l'incontro delle due madri in attesa, con il cantico di Maria (il “Magnificat”); quindi la nascita del figlio di Zaccaria, con il cantico da parte di quest'ultimo (il “Benedictus”), e la nascita del figlio di Maria. Giovanni dunque sin dalla nascita è stato coinvolto nella vicenda di Gesù; egli poteva vantare di essere stato oggetto di un'attenzione speciale da parte di Dio.
La sua grandezza sta anche nel non averne approfittato per sé, riconoscendo di essere soltanto l'umile battistrada, dando poi autenticità e credibilità alla sua testimonianza col mantenersi fedele ad essa sino al martirio. Deriva da qui il suo valore esemplare: a differenza dei tanti che hanno arringato e arringano le folle per il proprio tornaconto, non importa se in termini di prestigio, di potere o di danaro, Giovanni Battista si impegnò a beneficio di un altro, ritirandosi nell'ombra non appena realizzato il proprio compito. Servire Cristo e non servirsene, potrebbe essere stato il suo motto.
Un uomo che dedica totalmente la propria vita a un altro, che si consuma a guadagnare consensi a un altro, porta in sé una misteriosa grandezza: di una misura che, se non pareggia quella dell'altro, certo gli si avvicina. Basti verificarlo in uomini come l'apostolo Paolo, cui sarebbe stato facile impegnare il proprio genio per sé e non ad annunciare instancabilmente Cristo, nella facile previsione di dovere per questo dare la vita; o come - per stare a figure ben conosciute - gli ultimi papi, dotati di carismi straordinari che guadagnarono loro prestigio e autorevolezza nel mondo intero, ma protesi instancabilmente a richiamare l'attenzione verso Colui del quale essi erano soltanto i portavoce.
Ma citando questi uomini, collocati ai due estremi del percorso cristiano nei secoli, se ne devono comprendere innumerevoli altri, noti a Dio e talora anche a noi, che spesso con personale sacrificio hanno saputo porre Lui, e non sé stessi, al primo posto. Penso ai martiri, a tanti zelanti pastori, ai missionari, alle vergini consacrate, ai tanti fedeli laici che hanno pagato prezzi altissimi per restare fedeli al vangelo. Davvero l'esempio del Battista, riassumibile nel motto “servire Cristo e non servirsene”, ha fatto scuola, trovando spesso allievi non indegni del maestro.
Fonte:www.qumran2.net
mons. Roberto Brunelli
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (17/12/2017)
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Dopo la scorsa domenica, torna anche nel vangelo di oggi (Giovanni 1,6-8,19-28) la figura di
Giovanni Battista; torna, e giganteggia: tanto più grande quanto più si percepisce la sua umiltà. In vista del Messia annunciato da secoli, nella fervida attesa di un liberatore che sollevasse le sorti del popolo ebraico oppresso dalla dominazione romana, il Battista si era presentato con i tratti ispirati degli antichi profeti; la sua vita austera e la predicazione infiammata gli avevano guadagnato la stima generale, sicché gli sarebbe stato facile far credere di essere lui l'atteso. E invece no; quando glielo chiesero egli dichiarò apertamente: “Io non sono il Cristo”. (E' appena il caso di ricordare che il termine Cristo, derivato dal greco, corrisponde esattamente all'ebraico Messia).
“Chi sei, dunque? Che cosa dici di te stesso?” fu la successiva logica domanda, cui egli rispose, citando il profeta Isaia: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”. Govanni si manifestò dunque come il semplice araldo, il precursore, incaricato di annunciare e preparare l'arrivo del Messia, il Cristo atteso: uno tanto più grande di lui da non essere degno neppure di chinarsi a slacciargli i sandali.
L'affermazione illumina di luce singolare la figura di Gesù, perché gli stessi vangeli si direbbe a prima vista che collochino Giovanni quasi al livello di Colui che egli stesso riconosce tanto superiore a sé. L'evangelista Luca, ad esempio, narra in parallelo le vicende della nascita di entrambi, con lo stesso rilievo: prima l'annuncio a Zaccaria che sarebbe diventato padre, poi l'annuncio a Maria della divina maternità; segue l'incontro delle due madri in attesa, con il cantico di Maria (il “Magnificat”); quindi la nascita del figlio di Zaccaria, con il cantico da parte di quest'ultimo (il “Benedictus”), e la nascita del figlio di Maria. Giovanni dunque sin dalla nascita è stato coinvolto nella vicenda di Gesù; egli poteva vantare di essere stato oggetto di un'attenzione speciale da parte di Dio.
La sua grandezza sta anche nel non averne approfittato per sé, riconoscendo di essere soltanto l'umile battistrada, dando poi autenticità e credibilità alla sua testimonianza col mantenersi fedele ad essa sino al martirio. Deriva da qui il suo valore esemplare: a differenza dei tanti che hanno arringato e arringano le folle per il proprio tornaconto, non importa se in termini di prestigio, di potere o di danaro, Giovanni Battista si impegnò a beneficio di un altro, ritirandosi nell'ombra non appena realizzato il proprio compito. Servire Cristo e non servirsene, potrebbe essere stato il suo motto.
Un uomo che dedica totalmente la propria vita a un altro, che si consuma a guadagnare consensi a un altro, porta in sé una misteriosa grandezza: di una misura che, se non pareggia quella dell'altro, certo gli si avvicina. Basti verificarlo in uomini come l'apostolo Paolo, cui sarebbe stato facile impegnare il proprio genio per sé e non ad annunciare instancabilmente Cristo, nella facile previsione di dovere per questo dare la vita; o come - per stare a figure ben conosciute - gli ultimi papi, dotati di carismi straordinari che guadagnarono loro prestigio e autorevolezza nel mondo intero, ma protesi instancabilmente a richiamare l'attenzione verso Colui del quale essi erano soltanto i portavoce.
Ma citando questi uomini, collocati ai due estremi del percorso cristiano nei secoli, se ne devono comprendere innumerevoli altri, noti a Dio e talora anche a noi, che spesso con personale sacrificio hanno saputo porre Lui, e non sé stessi, al primo posto. Penso ai martiri, a tanti zelanti pastori, ai missionari, alle vergini consacrate, ai tanti fedeli laici che hanno pagato prezzi altissimi per restare fedeli al vangelo. Davvero l'esempio del Battista, riassumibile nel motto “servire Cristo e non servirsene”, ha fatto scuola, trovando spesso allievi non indegni del maestro.
Fonte:www.qumran2.net
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