Monsignor Nunzio Galantino, "UNA CASA PERCHÉ DIO VI ABITI"
IV Domenica di Avvento, 24 dicembre 2017
Come stiamo preparandoci al Natale? La Chiesa ci ripropone la domanda, ponendoci di fronte anche
due storie, due figure, due diverse modalità di risposta.
La prima è incarnata dal re Davide: dopo una vita di lotte e di conquiste, s’accorge che dai suoi progetti ha lasciato fuori il Signore e intende cercare di porvi rimedio costruendo un tempio. Ma, a fronte di una religione confusa con la politica, Dio si nega: «Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti?» (2Sam 7,5). Non facciamo fatica a specchiarci nella storia di Davide: sempre occupati, sempre in lotta con il tempo, ci affanniamo a costruire la nostra casa, salvo accorgerci che corre il rischio di rimanere vuota. Anche in questi giorni di vigilia non avvertiamo forse il pericolo di attraversarli animati da tante premure, dalle quali proprio il Festeggiato può restare escluso? A che cosa sarà servito, allora, tutto il nostro darsi daffare?
L’altra figura ha il volto di Maria, il cui cammino dà veramente un’abitazione a Dio e non accanto, ma dentro la propria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Lei, come la cugina Elisabetta a cui pure fa riferimento il brano evangelico, nella considerazione comune sono soltanto una giovane vergine e un’anziana sterile, due donne dalle quali non ci si può aspettare né vita né tantomeno vita nuova. Il messaggio sovversivo della liturgia di quest’ultima domenica d’Avvento è quello di un Dio che viene e interviene proprio attraverso i poveri: in Maria e in Elisabetta il vero protagonista è Dio, con la forza del suo Spirito.
La vergine e la sterile, con i rispettivi figli che portano in grembo, ci testimoniano che Dio solo può dare all’uomo la vita; una vita che è fonte di gioia profonda, così diversa da quella che in tanti nei prossimi giorni cercheranno di accaparrarsi a suon di regali; e una vita – quella di Dio – che rinnova le relazioni, restituendoci a incontri veri e quindi alla capacità di accogliere e di porre segni credibili.
Recuperare il gusto di relazioni autentiche è la via per cogliere il messaggio del Natale: Dio viene per dire Cielo, dove noi vediamo solo segni di morte; viene per dire speranza, dove noi saremmo portati a riconoscere il buio; viene per dire futuro, in un presente sempre più difficile da accettare, perché sterile e senza prospettive.
Con Papa Francesco preghiamo anche così: «Maria, fa’ che anche in noi, tuoi figli, la grazia prevalga sull’orgoglio e possiamo diventare misericordiosi come è misericordioso il nostro Padre celeste. In questo tempo che ci conduce alla festa del Natale di Gesù, insegnaci ad andare controcorrente: a spogliarci, ad abbassarci, a donarci, ad ascoltare, a fare silenzio, a decentrarci da noi stessi, per lasciare spazio alla bellezza di Dio, fonte della vera gioia».
Fonte:http://www.nunziogalantino.it
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