Don Marco Ceccarelli, "La predicazione di Gesù."
III Domenica del Tempo Ordinario “B” – 21 Gennaio 2018
I Lettura: Gn 3,1-5.10
II Lettura: 1Cor 7,29-31
Vangelo: Mc 1,14-20
- Testi di riferimento: 1Re 19,19-21; Sal 96,2; Is 52,7; 61,1; Ger 16,16; Dn 2,44; 7,13-14.21-22.27;
Mt 10,7; 12,39-41; 16,4; 21,31-32; Mc 1,38-39; 3,13-14; 6,12-13; 10,28-31; Lc 5,11; 8,1; 10,9-11;
14,26.33; 18,7; At 2,38; Rm 1,1; 10,14-15; Gal 4,4; Fil 3,8; 1Ts 2,2.9; Gc 4,14; 1Pt 4,17; 1Gv 2,17;
Ap 6,10-11
1. Il brano di Vangelo odierno presenta due parti: una che sintetizza l’attività di Gesù e il contenuto
della sua predicazione e l’altra che descrive la chiamata dei primi discepoli. Entrambe le parti e ciò
che esse descrivono sono estremamente importanti e connesse fra di loro.
2. La predicazione di Gesù.
- “Predicando il Vangelo di Dio” (v. 14). Dopo l’episodio del Battesimo e l’esperienza del deserto
(lo vedremo in quaresima), la prima attività che Gesù realizza nel suo ministero pubblico è quella di
predicare in modo aperto, manifesto (è questo il significato del verbo kerusso). Si tratta di un annuncio
pubblico, della proclamazione di una notizia di interesse generale. La predicazione non è
una catechesi, un insegnamento; quello verrà dopo e servirà a spiegare meglio il contenuto della
predicazione. Ma la cosa fondamentale è appunto il contenuto dell’annuncio. In realtà questa non è
soltanto la prima cosa che Gesù fa, ma anche la principale. Ciò che Gesù proclama è il “Vangelo di
Dio”; e questo può essere inteso in due modi. 1) È il Vangelo, la buona notizia che viene da Dio;
Dio stesso vuol far conoscere agli uomini, e nessun altro meglio di lui può farlo, ciò che veramente
serve per essere felici. 2) È la buona notizia per eccellenza. Se si proclama il Vangelo di Dio significa
che non c’è altra buona notizia che gli uomini debbano aspettarsi se non questa. Il “Vangelo di
Dio” ha un carattere di assolutezza. Il versetto successivo serve a spiegare in cosa consiste questa
buona notizia.
- “Il tempo (kairos) è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio” (v. 15). Sono le prime parole di
Gesù in Mc. Il “background”, lo sfondo di queste parole è costituito dal libro di Daniele. In esso si
annunciava l’avvento di un regno divino che avrebbe superato tutti gli altri regni e non avrebbe avuto
mai fine (2,44; 7,13-14.18.22.27). Però, siccome quel tempo non era ancora giunto, Daniele doveva
sigillare il suo libro sino al “tempo (kairos) della consumazione” (12,4). Allora, con la sua
proclamazione, Gesù annuncia che la consumazione di questo kairos, è arrivato. È giunto il tempo
in cui Dio rende giustizia al suo popolo e instaura il suo regno sugli uomini. E siccome il kairos è
un tempo limitato, esso va accolto subito, perché può passare in fretta. È notevole la frequenza del
termine “subito” in Mc: ben 41 volte su un totale di 51 nel Nuovo Testamento. Per il nostro evangelista
tutto quello che riguarda Cristo e il regno fa fatto assolutamente in fretta. Così come i niniviti
della prima lettura che non aspettano la scadenza dei quaranta giorni, ma fanno subito penitenza.
- L’annuncio del regno. È il cuore e l’essenza della predicazione di Cristo. Quel regno eterno attraverso
un figlio dell’uomo di natura celeste e concesso ai santi di Dio annunciato nel libro di Daniele
è ora arrivato nella persona di Gesù. Grazie a lui ora la sovranità di Dio nel mondo può avere luogo;
e gli uomini sono chiamati ad appartenere al dominio di Dio, a partecipare della regalità di Cristo e
avere lui come loro re. Tutto quello che Gesù farà e dirà da ora in poi, servirà a spiegare il significato
di questo regno. Perché non tutti lo intenderanno allo stesso modo. Qualcuno potrebbe avere dato
alla parola “regno” un senso politico. Allora Gesù guarisce i malati: libera i ciechi dalla cecità, i
sordi dalla sordità, e soprattutto gli indemoniati dal demonio, per manifestare la caratteristica di
questo regno. Il primo miracolo descritto in Mc è appunto la guarigione di un indemoniato; perché
il regno di Dio di cui parla Cristo consiste nella liberazione degli uomini dalla tirannia del regno di
satana (Mc 3,22-30). L’annuncio di questa liberazione è dunque il “Vangelo di Dio”, cioè non una
buona notizia, ma la buona notizia per eccellenza, la buona notizia per tutti gli uomini di tutti i tempi.
Non c’è altra notizia che possa interessare agli uomini quanto il fatto che a nessuno è preclusa la
possibilità di ricevere la grazia di Dio, per quanto malvagio possa essere (questo è in fondo il senso
della prima lettura). Avere Cristo come re significa ricevere fin da ora una vita nuova, la stessa vita
di Cristo; significa che non siamo più in balia delle nostre passioni, che non regna più il peccato su
di noi (Rm 6,12), ma regna la grazia per la vita eterna (Rm 5,21).
- “Convertitevi e credete al Vangelo”. Con l’avvento del regno dei cieli sulla terra inizia dunque
un’epoca nuova. Cristo apre il cammino verso il cielo, verso la vita celeste che inizia già qui. Di
conseguenza tutta la nostra esistenza acquista un nuovo orientamento. Questo è il senso della chiamata
a conversione come diretta conseguenza all’annuncio del regno. Accogliere la predicazione
del regno implica un cambiamento, una conversione (cfr. At 2,38). Se all’interno dei regni umani
gli orientamenti fondamentali sono quelli verso una posizione sociale favorevole, verso
l’acquisizione di beni, verso i legami affettivi, ora tutto questo viene relativizzato in funzione del
regno di Dio e del suo compimento definitivo nel cielo. Per questo S. Paolo può rivolgere ai Corinzi
quelle affermazioni così radicali che appaiono nella seconda lettura odierna. Così la prima “conversione”
presentata in Mc è appunto quella dei primi quattro discepoli che, alla chiamata di Gesù, lasciano
subito le reti, la barca e il padre per seguire Cristo. Ciò che per loro era primario, ora non lo è
più. La presenza del regno sulla terra non lascia le cose come prima. La realtà nuova del regno di
Dio fa apparire sulla terra un nuovo stile di vita.
- Chiamandoci al regno Cristo ci invita a salire su di un treno che ci porterà alla meta, al fine della
nostra esistenza, che è la comunione perfetta con Dio nel cielo. Il regno dei cieli predicato qui è
l’occasione, il kairos, per salire su questo treno che sta passando e potrebbe non passare più; e questo
kairos è breve (seconda lettura). Nel momento in cui io salgo su questo treno faccio un taglio
ben preciso con quello che lascio, e vivo orientato a quello che mi attende. Questa è la condizione di
chi ha accolto il regno dei cieli: vivere orientato alle cose di lassù, perché «se siete risorti con Cristo
cercate le cose di lassù» (Col 3,1). Perciò anche se siamo ancora su questa terra e dobbiamo fare uso
delle realtà di questa terra, tuttavia lo facciamo non come se queste fossero realtà assolute, ma nella
chiara consapevolezza che esse sono del tutto transitorie, e quindi non ci affanniamo nella preoccupazione
di non perderle, o nella rabbia perché non corrispondono ai nostri desideri. Prepararsi al
cielo ci libera dall’affanno per le cose della terra, dalla follia di voler dominare sulle realtà che non
ci appartengono e che vanno usate e gestite sapendo che non sono nostre e che non sono eterne.
L’annuncio del regno ci invita a salire sul treno che ci porta al cielo, sperimentando di appartenere
già ad una nuova dimensione. Quando Pietro farà notare che essi hanno lasciato tutto per seguirlo,
Gesù replicherà che «non c’è nessuno che abbia lasciato casa (… ecc.) a causa mia e del Vangelo
che non riceva cento volte tanto ora in questo kairos … e nel mondo futuro la vita eterna» (Mc
10,28-30).
3. La chiamata. La proclamazione del Vangelo di Dio dovrà essere continuata sino alla fine dei
tempi dai discepoli di Cristo (Mt 10,7; Lc 9,2; At 20,25; 28,31). Per questo Gesù chiama delle persone
a seguirlo, perché anch’essi diventino annunciatori del regno di Dio. In Mc 3,14 questi discepoli
saranno inviati a predicare così come aveva fatto Cristo (cfr. anche 6,12-13). Gesù continuerà a
percorrere le città e i villaggi del mondo attraverso i suoi inviati. La Chiesa continua la missione di
Cristo di proclamare la venuta del regno a tutti gli uomini e la chiamata a conversione. Senza la
Chiesa non c’è annuncio del regno. La Chiesa ha ricevuto la missione inderogabile, irrinunciabile,
di portare la luce del regno a tutte le nazioni. Questo è la ragion d’essere della Chiesa. Questa è la
vocazione fondamentale di tutti i cristiani. Nessuno cristiano può sentirsi dispensato dal seguire Cristo
in questa missione. Il tempo della proclamazione (kerygma; cfr. prima lettura) della Chiesa è il
tempo opportuno, il kairos, per convertirsi. Infatti, «non ci sarà altro segno per questa generazione
se non il segno di Giona» (Lc 11,29). Mentre è presente la luce del giorno occorre camminare (Gv
11,9-10); mentre Cristo è con noi occorre convertirsi. E Cristo è con noi, fino alla consumazione dei
secoli, attraverso i suoi inviati (Mt 28,20).
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/
I Lettura: Gn 3,1-5.10
II Lettura: 1Cor 7,29-31
Vangelo: Mc 1,14-20
- Testi di riferimento: 1Re 19,19-21; Sal 96,2; Is 52,7; 61,1; Ger 16,16; Dn 2,44; 7,13-14.21-22.27;
Mt 10,7; 12,39-41; 16,4; 21,31-32; Mc 1,38-39; 3,13-14; 6,12-13; 10,28-31; Lc 5,11; 8,1; 10,9-11;
14,26.33; 18,7; At 2,38; Rm 1,1; 10,14-15; Gal 4,4; Fil 3,8; 1Ts 2,2.9; Gc 4,14; 1Pt 4,17; 1Gv 2,17;
Ap 6,10-11
1. Il brano di Vangelo odierno presenta due parti: una che sintetizza l’attività di Gesù e il contenuto
della sua predicazione e l’altra che descrive la chiamata dei primi discepoli. Entrambe le parti e ciò
che esse descrivono sono estremamente importanti e connesse fra di loro.
2. La predicazione di Gesù.
- “Predicando il Vangelo di Dio” (v. 14). Dopo l’episodio del Battesimo e l’esperienza del deserto
(lo vedremo in quaresima), la prima attività che Gesù realizza nel suo ministero pubblico è quella di
predicare in modo aperto, manifesto (è questo il significato del verbo kerusso). Si tratta di un annuncio
pubblico, della proclamazione di una notizia di interesse generale. La predicazione non è
una catechesi, un insegnamento; quello verrà dopo e servirà a spiegare meglio il contenuto della
predicazione. Ma la cosa fondamentale è appunto il contenuto dell’annuncio. In realtà questa non è
soltanto la prima cosa che Gesù fa, ma anche la principale. Ciò che Gesù proclama è il “Vangelo di
Dio”; e questo può essere inteso in due modi. 1) È il Vangelo, la buona notizia che viene da Dio;
Dio stesso vuol far conoscere agli uomini, e nessun altro meglio di lui può farlo, ciò che veramente
serve per essere felici. 2) È la buona notizia per eccellenza. Se si proclama il Vangelo di Dio significa
che non c’è altra buona notizia che gli uomini debbano aspettarsi se non questa. Il “Vangelo di
Dio” ha un carattere di assolutezza. Il versetto successivo serve a spiegare in cosa consiste questa
buona notizia.
- “Il tempo (kairos) è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio” (v. 15). Sono le prime parole di
Gesù in Mc. Il “background”, lo sfondo di queste parole è costituito dal libro di Daniele. In esso si
annunciava l’avvento di un regno divino che avrebbe superato tutti gli altri regni e non avrebbe avuto
mai fine (2,44; 7,13-14.18.22.27). Però, siccome quel tempo non era ancora giunto, Daniele doveva
sigillare il suo libro sino al “tempo (kairos) della consumazione” (12,4). Allora, con la sua
proclamazione, Gesù annuncia che la consumazione di questo kairos, è arrivato. È giunto il tempo
in cui Dio rende giustizia al suo popolo e instaura il suo regno sugli uomini. E siccome il kairos è
un tempo limitato, esso va accolto subito, perché può passare in fretta. È notevole la frequenza del
termine “subito” in Mc: ben 41 volte su un totale di 51 nel Nuovo Testamento. Per il nostro evangelista
tutto quello che riguarda Cristo e il regno fa fatto assolutamente in fretta. Così come i niniviti
della prima lettura che non aspettano la scadenza dei quaranta giorni, ma fanno subito penitenza.
- L’annuncio del regno. È il cuore e l’essenza della predicazione di Cristo. Quel regno eterno attraverso
un figlio dell’uomo di natura celeste e concesso ai santi di Dio annunciato nel libro di Daniele
è ora arrivato nella persona di Gesù. Grazie a lui ora la sovranità di Dio nel mondo può avere luogo;
e gli uomini sono chiamati ad appartenere al dominio di Dio, a partecipare della regalità di Cristo e
avere lui come loro re. Tutto quello che Gesù farà e dirà da ora in poi, servirà a spiegare il significato
di questo regno. Perché non tutti lo intenderanno allo stesso modo. Qualcuno potrebbe avere dato
alla parola “regno” un senso politico. Allora Gesù guarisce i malati: libera i ciechi dalla cecità, i
sordi dalla sordità, e soprattutto gli indemoniati dal demonio, per manifestare la caratteristica di
questo regno. Il primo miracolo descritto in Mc è appunto la guarigione di un indemoniato; perché
il regno di Dio di cui parla Cristo consiste nella liberazione degli uomini dalla tirannia del regno di
satana (Mc 3,22-30). L’annuncio di questa liberazione è dunque il “Vangelo di Dio”, cioè non una
buona notizia, ma la buona notizia per eccellenza, la buona notizia per tutti gli uomini di tutti i tempi.
Non c’è altra notizia che possa interessare agli uomini quanto il fatto che a nessuno è preclusa la
possibilità di ricevere la grazia di Dio, per quanto malvagio possa essere (questo è in fondo il senso
della prima lettura). Avere Cristo come re significa ricevere fin da ora una vita nuova, la stessa vita
di Cristo; significa che non siamo più in balia delle nostre passioni, che non regna più il peccato su
di noi (Rm 6,12), ma regna la grazia per la vita eterna (Rm 5,21).
- “Convertitevi e credete al Vangelo”. Con l’avvento del regno dei cieli sulla terra inizia dunque
un’epoca nuova. Cristo apre il cammino verso il cielo, verso la vita celeste che inizia già qui. Di
conseguenza tutta la nostra esistenza acquista un nuovo orientamento. Questo è il senso della chiamata
a conversione come diretta conseguenza all’annuncio del regno. Accogliere la predicazione
del regno implica un cambiamento, una conversione (cfr. At 2,38). Se all’interno dei regni umani
gli orientamenti fondamentali sono quelli verso una posizione sociale favorevole, verso
l’acquisizione di beni, verso i legami affettivi, ora tutto questo viene relativizzato in funzione del
regno di Dio e del suo compimento definitivo nel cielo. Per questo S. Paolo può rivolgere ai Corinzi
quelle affermazioni così radicali che appaiono nella seconda lettura odierna. Così la prima “conversione”
presentata in Mc è appunto quella dei primi quattro discepoli che, alla chiamata di Gesù, lasciano
subito le reti, la barca e il padre per seguire Cristo. Ciò che per loro era primario, ora non lo è
più. La presenza del regno sulla terra non lascia le cose come prima. La realtà nuova del regno di
Dio fa apparire sulla terra un nuovo stile di vita.
- Chiamandoci al regno Cristo ci invita a salire su di un treno che ci porterà alla meta, al fine della
nostra esistenza, che è la comunione perfetta con Dio nel cielo. Il regno dei cieli predicato qui è
l’occasione, il kairos, per salire su questo treno che sta passando e potrebbe non passare più; e questo
kairos è breve (seconda lettura). Nel momento in cui io salgo su questo treno faccio un taglio
ben preciso con quello che lascio, e vivo orientato a quello che mi attende. Questa è la condizione di
chi ha accolto il regno dei cieli: vivere orientato alle cose di lassù, perché «se siete risorti con Cristo
cercate le cose di lassù» (Col 3,1). Perciò anche se siamo ancora su questa terra e dobbiamo fare uso
delle realtà di questa terra, tuttavia lo facciamo non come se queste fossero realtà assolute, ma nella
chiara consapevolezza che esse sono del tutto transitorie, e quindi non ci affanniamo nella preoccupazione
di non perderle, o nella rabbia perché non corrispondono ai nostri desideri. Prepararsi al
cielo ci libera dall’affanno per le cose della terra, dalla follia di voler dominare sulle realtà che non
ci appartengono e che vanno usate e gestite sapendo che non sono nostre e che non sono eterne.
L’annuncio del regno ci invita a salire sul treno che ci porta al cielo, sperimentando di appartenere
già ad una nuova dimensione. Quando Pietro farà notare che essi hanno lasciato tutto per seguirlo,
Gesù replicherà che «non c’è nessuno che abbia lasciato casa (… ecc.) a causa mia e del Vangelo
che non riceva cento volte tanto ora in questo kairos … e nel mondo futuro la vita eterna» (Mc
10,28-30).
3. La chiamata. La proclamazione del Vangelo di Dio dovrà essere continuata sino alla fine dei
tempi dai discepoli di Cristo (Mt 10,7; Lc 9,2; At 20,25; 28,31). Per questo Gesù chiama delle persone
a seguirlo, perché anch’essi diventino annunciatori del regno di Dio. In Mc 3,14 questi discepoli
saranno inviati a predicare così come aveva fatto Cristo (cfr. anche 6,12-13). Gesù continuerà a
percorrere le città e i villaggi del mondo attraverso i suoi inviati. La Chiesa continua la missione di
Cristo di proclamare la venuta del regno a tutti gli uomini e la chiamata a conversione. Senza la
Chiesa non c’è annuncio del regno. La Chiesa ha ricevuto la missione inderogabile, irrinunciabile,
di portare la luce del regno a tutte le nazioni. Questo è la ragion d’essere della Chiesa. Questa è la
vocazione fondamentale di tutti i cristiani. Nessuno cristiano può sentirsi dispensato dal seguire Cristo
in questa missione. Il tempo della proclamazione (kerygma; cfr. prima lettura) della Chiesa è il
tempo opportuno, il kairos, per convertirsi. Infatti, «non ci sarà altro segno per questa generazione
se non il segno di Giona» (Lc 11,29). Mentre è presente la luce del giorno occorre camminare (Gv
11,9-10); mentre Cristo è con noi occorre convertirsi. E Cristo è con noi, fino alla consumazione dei
secoli, attraverso i suoi inviati (Mt 28,20).
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/
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