padre Gian Franco Scarpitta,"Potere, Parola e Verità"

Potere, Parola e Verità
padre Gian Franco Scarpitta  
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/01/2018)

  Visualizza Mc 1,21-28
Il profeta nella Bibbia è sempre stato il latore di messaggi divini rivolti al re e al popolo. Animato
dallo Spirito, egli annuncia il castigo riprovando i mali e le aberrazioni latenti e manifesti, proclama la liberazione, la salvezza e invita a cercare il Signore in ogni circostanza e la sua parola, appunto perché di divina provenienza, è sempre veritiera. Su questo Mosè (che parla nel libro del Deuteronomio di cui alla Prima Lettura) è molto chiaro e categorico: stigmatizza tutti coloro che annunciano eventi e predizioni che non si realizzano, poiché il loro mancato adempimento è la dimostrazione che essi sono parola di uomo e non parola di Dio. Quando un sedicente profeta ha la pretesa di preannunciare un futuro avvenimento e questo di fatto non si verifica, la sua parola non è degna di essere ascoltata in quanto egli è un falso profeta. Ma al di là delle predizioni e dei vaticini, il profeta garantisce la vicinanza della Parola di Dio in quanto tale, la quale ispira, esorta e incoraggia e per questo Dio assicura al popolo che non resterà mai “digiuno” di suoi ministri, ma che i profeti saranno sempre latori del suo messaggio salvifico.

Alla parola del profeta occorre prestare ascolto: “Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta”(Mt 1, 41). Il profeta, riconosciuto come tale, va anche accolto e rifocillato come avviene nel caso di Elia, accolto dalla vedova di Zarepta (1Re 17, 7 - 24) e da Dio si ottiene sempre ricompensa quando lo si serve nella persona dei suoi messaggeri.

Il profeta parla infatti in nome di Dio ed è emissario della sua Parola, anche se di fatto non si identifica con Dio.

A Cafarnao, luogo in cui inizia il suo ministero, Gesù mostra una dialettica differente da quella dei comuni profeti che sono (come più volte detto) annunciatori del divino messaggio. E si distingue anche dal linguaggio degli scribi e dei farisei che una volta istruiti sulla Legge divina, venivano rivestiti dello Spirito e assumevano un'autorità magisteriale e teologica superiore a quella di tutti gli uomini. Essi avevano autorità in quanto maestri riconosciuti della Legge di Mosè. La lacuna più grave era che tante volte essi abusavano del loro ministero, propinando come Parola di Dio ciò che era in realtà pura invenzione loro e imponendo precetti di uomini che venivano spacciati per moniti divini.

La gente che ascolta Gesù invece si accorge che lui parla “con autorità”, cioè imponendo una forma di verità riconosciuta dagli astanti. Manifesta nelle sue parole la potenza di Dio che si concentra nella sua persona di Figlio, Verbo Incarnato. Non parla quindi a nome di un altro, ma a nome di se stesso, essendo egli Dio. La verità era stata certamente annunciata dai profeti e questi meritavano il massimo ossequio e rispetto, ma adesso qui c'è molto più di un profeta: Gesù è profeta, re e Sacerdote, la Parola stessa incarnata, il Mediatore fra Dio e gli uomini nonché il Messia preconizzato e atteso. Ma soprattutto le persone che ascoltano possono adesso concepire che la verità non risiede nelle falsità tante volte propinate da scribi e farisei quando questi abusano del loro potere, ma essa ci viene data dalla Parola stessa che è il Cristo. Di più: la parola del Cristo per coloro che ascoltano è inequivocabilmente verità perché associata a concrete opere di misericordia che ne rendono credibile la consistenza. L'amore è il contrassegno della Parola, la sua concretezza e la sua attualità.

Gesù parla e la sua Parola si mostra reale, veritiera, ciò che annuncia si adempie e soprattutto questa Parola è venuta per liberarci dal potere delle tenebre. Come scrive Giovanni “Per questo è apparso il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo (Gv 3, 8) e per affermare la sua autorità sulle forze del male, come ben evidenzia l'episodio quasi improvviso dell'indemoniato che si dimena nella sinagoga. Se Gesù era stato tentato dal demonio nel deserto prima dell'inizio della sua predicazione uscendo indenne dalle sue seduzioni, adesso egli mostra al demonio la nullità e la fallacia di ogni atto di tentazione. Se Gesù tornerà ad essere sottomesso al Maligno nell'”ora delle tenebre” che favorirà il suo arresto e la sua condanna a morte e a questo progetto si mostrerà volontariamente succube, partecipe e consenziente, adesso la sua Parola divina si manifesta fautrice di liberazione e di vita nella vittoria sul demonio. Come avviene in tutti i casi si esorcismo descritti dai Vangeli, i demoni davanti a lui rabbrividiscono, si umiliano e si sottomettono. In questo caso anzi professano una certa fede: “Tu sei il Santo di Dio”, colui che ostruisce i nostri progetti di sedizione dei gruppi e di disorientamento dei fedeli, colui che attira tutte le anime alla “santità” e alla salvezza e per questo viene a “disturbarci”. Il potere che il Figlio di Dio manifesta con l'esorcismo di efficacia immediata non è soltanto di affrancamento dalla possessione diabolica di un ossesso, ma l'esercizio di un'autorità che ha la meglio sul male e sulla morte universali. In Gesù cioè si realizza la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte dilagante che esso comporta e la possibilità di riscatto da quella che è la continua possessione diabolica pertinace alla quale tutti siamo interessati: la tentazione, definita dai demonologi (appunto) possessione ordinaria. Di conseguenza in Gesù risiede la liberazione da tutto ciò che rovina la nostra esistenza e che offusca l'identità stessa dell'uomo, cioè dalla lussuria, dall'arrivismo, dalla nefandezza e dal potere gratuito che conduce alla dissipazione morale.

Riconoscere in Cristo la Parola di verità, accettarlo secondo i canoni della sua vera rivelazione, ossia come Figlio di Dio fatto uomo apportatore di pace e di salvezza e disporsi alla sua sequela convinta e disinteressata è la prospettiva più esaltante che può ancora riscattare l'uomo. Siamo però ancora avvinti dal fascino delle tenebre e dalle seduzioni allettanti del maligno, nonostante Cristo si sia incarnato, sia morto e risorto oltre duemila anni or sono, ma se la Parola non ha sortito gli effetti sperati, ciò si deve soprattutto alla nostra ostinazione per l'appunto alla preferenza dell'impero delle tenebre, alla scelta radicale del male confuso identificato tante volte nella falsa identità di bene e di realizzazione. Attendiamo comunque il compimento definitivo della vittoria sul male nell'avvento ultimo di Cristo, quando finalmente il male sarà definitivamente sconfitto dalla Parola e le uve marce saranno portate al macero.

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