Padre Paolo Berti, “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”

IV Domenica del T. O.           
Mc 1,21-28 
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”
Omelia 

La prima lettura presenta il popolo di Israele ai piedi del Sinai atterrito da una teofania dove Dio si
presenta con la sua Maestà, evidenziando la distanza infinità che c'è tra lui e l'uomo, il cui cuore è sconsacrato dal peccato.
Sul Sinai si scatena come un uragano, con nubi dense, fulmini laceranti l'aria, mentre il monte sussulta scosso da un terremoto, e in tutto ciò il suono di una tromba che segnala il sovrano di ogni cosa e quindi il giudice supremo. Questa teofania di Dio presente nell'uragano sarà più volte presente nei salmi a significare Dio invincibile di fronte ai nemici di Israele.
Il popolo, preso da timore e spavento, chiede che Dio non si manifesti più in modo così sconvolgente. A tale richiesta del popolo corrisponde una grande promessa del Signore: “II Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto”. Dunque un profeta che come Mosè sarà a capo del popolo, gli darà leggi e procederà a stabilire norme per il culto. Il parallelo con Mosè sta in questo, ma il futuro profeta sarà ben più di Mosè, poiché egli sarà la manifestazione di Dio, la teofania di Dio. Quel profeta che verrà dovrà essere ascoltato: “Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto”.
Ma sappiamo che Israele non ascoltò il profeta annunciato, non ascoltò il Messia, Colui che è l'automanifestazione di Dio, Colui che è il Figlio di Dio. Israele ascoltò invece altre voci. L'episodio di Gesù che entra nella sinagoga di Cafarnao presenta lo scontro tra la parola che viene da Dio e la parola che viene dal Demonio. Gesù entrato nella sinagoga cominciò a parlare. I presenti ne stavano ricevendo il fascino, sentivano la forza di Gesù, la diversità di Gesù dagli scribi, che parlavano senza autorità perché non si assumevano l'onere di vivere quanto stavano dicendo, ma piuttosto seminavano incertezze difficoltà, inciampi, prospettive terrene. La gente avvertiva la forza della parola di Gesù, si stavano creando le condizioni per un'adesione alla sua identità di Figlio di Dio, ma ecco un gridare orribile, una contestazione perfida e radicale. Era un uomo presente nella sinagoga che manifestava la sua orribile condizione di posseduto. Quel posseduto non era come gli energumeni che Gesù incontrò altre volte, era un uomo che non veniva legato con catene destinate ad essere spezzate, non era uno che abitava tra i sepolcri ed era l'incubo degli abitanti della zona, era uno che andava nella sinagoga, nei momenti di calma. Quello che gli scribi vi dicevano non lo doveva solitamente turbare, ma di fronte a Gesù che stava attirando a sé i convenuti nella sinagoga si infuriò. Il Demonio con forza cercò di distruggere il frutto che stava maturando nell'assemblea. “Sei venuto a rovinarci?”. Gesù viene presentato come nocivo, come un estraneo: “Che vuoi da noi?”. Satana odia l'amore, cerca di sopprimere l'amore, di impaurire l'amore. “Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Queste parole sono rivolte a creare la confusione nell'assemblea. Gesù per gradi stava presentando la sua identità, e Satana vuole inquinare tutto e mettere nello smarrimento Gesù. Ma ecco che Gesù lo scaccia: “Taci! Esci da lui!”. Gesù lo scaccia e in tal modo abbraccia quella croce che un giorno lo serrerà a sé. Non lo scaccia con la sua sovranità di Dio, come Dio del Sinai, ma come l'Uomo-Dio che morirà per amore sulla croce. L'Amore vincerà l'Odio, e l'Odio ha già le sue prime clamorose sconfitte. Sul colle del Calvario ci sarà la piena teofania dell'amore e la sconfitta totale dell'Odio. Una nuvolaglia coprirà Gerusalemme insieme ad un terremoto: Gerusalemme che ha scelto il Dio del Sinai, che l'ha fatto diventare suo modello per giustificare la sua violenza, che si è dimenticata del tremore dei padri di fronte al Sinai fumante e infuocato, riceve un incalzare di nubi tempestose, buio, insieme ad un terremoto. Di fronte a Gesù, alla manifestazione del cuore amoroso di Dio, Gerusalemme si era arroccata al Dio del Sinai, svisato, piegato a giustificare la propria durezza, fino a rifiutare l'Amore, a condannare l'Amore, e così Dio addensò su di essa, contro di essa, i segni della teofania del Sinai, per farle ricordare, per richiamarla ad accogliere l'Amore, che un giorno nel deserto, in un momento drammatico eppur felice, aveva desiderato.
La parola di Gesù veniva dal Padre; quella di quell'infelice uomo della sinagoga veniva dal Maligno. Il mondo ha un principe: Satana. E di questo principe nero ne segue le istruzioni, ne assorbe l'essenza, che è l'odio. Non c'è da meravigliarsi se esso si scaglia contro la Chiesa. Ma quell'uomo era un posseduto; un posseduto in maniera astuta, in maniera che potesse entrare nella sinagoga e contestare la verità. Ma tanti e tanti sono i posseduti senza possessione, quanti di loro con libera volontà si lasciano possedere, credendo di essere liberi, credendo di essere salvi di fronte al Cristo. Le parole di quell'indemoniato come sono state spesso, e come sono spesso, sul labbro degli uomini: “Che vuoi da noi? Sei venuto a rovinarci?”. Ci verrebbe da dire che gli uomini non sanno e che bisogna applicare loro le parole di Gesù: “Non sanno quello che fanno”. In moltissimi casi è così, cioè combattono Cristo, misconoscendone l'esistenza, ma tanti sanno quello che fanno, pensiamo solo ai satanisti, ai profanatori dell'Eucaristia. Ma lasciamo questo buio, e rimaniamo nella luce, nella vita, nell'amore, nella pace, nella gioia, nella salvezza, che è Cristo. Amiamo l'Amore, e amiamo anche il trono fulgido dell'Amore: la croce.
Facciamoci conquistare dall'Amore; conquistiamo l'Amore, che si fa conquistare mediante il Cristo, l'imitazione di Cristo. Seguiamo l'Amore. Tutti sono chiamati a seguirlo. Consacrati e sposati, uomini d'orazione e donne d'orazione, hanno il loro avvio, il loro sostegno, la loro identità nel seguire Cristo.
Certamente san Paolo, fratelli e sorelle, ci sorprende con le sue parole a favore dello stato celibatario, ma indubbiamente senza alcuna svalorizzazione dello stato coniugale. Ci sorprende e per questo ci rassicura dicendoci che non ci vuole gettare un laccio, come invece fa il Male. Paolo parla di preoccupazioni, distrazioni, connesse allo stato coniugale, e ce lo spiega: “Chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso”. L'amore coniugale, ha la caratteristica che i due sono una sola cosa, una sola carne, e quindi incessantemente cercano di piacersi con attenzioni, condivisioni. I due non sono uniti solo quanto allo spirito, ma anche quanto alla carne, il che, sia chiaro, non vuol affatto dire legittimazione della lussuria. Ciò, ci dice Paolo, determina una diminuzione di concentrazione nel Signore. Voglio precisare che il consacrato non è che non ami gli altri, tutt'altro, ma egli ama solo spiritualmente, con pienezza soprannaturale, in un'adesione totale a Cristo. Ma, fratelli e sorelle, guardiamoci dal pensare che tra i consacrati e i coniugati ci sia un'incomunicabilità di valori. Tutt'altro! Il consacrato è testimone dei beni eterni, di una tensione totale verso il cielo nella fedeltà al suo presente sulla terra. La testimonianza dei consacrati nutre i coniugati aiutandoli contro il pericolo di un appiattimento alla terra. Mentre i coniugati, la famiglia, aiutano i consacrati a non evadere dalla storia, a servire la Chiesa, a seguire i laici nelle loro attività. Il matrimonio fornisce un'immagine cardine delle mistiche nozze tra Cristo e la Chiesa Il consacrato coglie la sponsalità di Cristo sulla base dell'immagine fornita dagli sposi. Ave Maria, causa della nostra letizia. Amen. Vieni, Signore Gesù.

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