Paolo Curtaz, "Pescatori di uomini"
Commento al Vangelo di domenica 21 gennaio 2018 - Paolo Curtaz
Pescatori di uomini
È qui, il Regno, si è fatto vicino.
Visto che non siamo in grado di cercare Dio senza stravolgerne il volto, o manipolarlo o costruirlo a
nostra immagine e somiglianza è lui, Dio, a colmare la distanza che ci separa. Il Natale che abbiamo appena celebrato ci ricorda esattamente questa straordinaria verità: Dio si fa vicino, si fa incontro.
Allora svegliati, muoviti, scuotiti.
Convertiti e credi.
Convertiti: cioè guarda se la strada che stai percorrendo ti sta conducendo verso la pienezza della felicità o se, invece, ti stai allontanando dalla tua anima.
E se ti accorgi che la strada che percorri non ti porta da nessuna parte inchioda e torna indietro.
E credi: fidati di quello che Gesù è venuto a raccontare, a dire, a testimoniare.
Questo è il messaggio con cui Gesù inizia la predicazione. Questa è la sintesi del Vangelo in cui crediamo.
Questo è ciò che potremmo dire, senza tanti fronzoli, ai tanti smarriti di oggi: il Dio di Gesù ti vuole incontrare, accorgitene! Fidati! Lasciati amare!
Così il potente vangelo di Marco descrive l’opera di Gesù subito dopo lo stringato racconto del battesimo.
Gesù inizia la sua missione, annota Marco, quando avrebbe dovuto rinunciarvi: Giovanni è stato appena arrestato, imitarne l’opera è semplicemente folle.
Invece di passare il tempo a lamentarsi, a fuggire, a rintanarsi in sacrestia, come facciamo noi, osa.
Esce e va a chiamare dei collaboratori.
Sui confini
Li va a prendere ai bordi del lago, nella Galilea delle genti, guardata con disprezzo dai puritani di Gerusalemme, cerca dei lavoratori, gente comune, non dei sacerdoti, non degli esperti.
Li chiama senza merito, li chiama anche se non sono ancora discepoli, anche se non hanno fatto nessun corso di formazione, anche se non hanno preso nessun diploma da annunciatori.
Li chiama perché vuole loro e li va a prendere dove sono, non li aspetta dietro una scrivania.
Gesù si muove. Gesù agisce.
È lui il protagonista, è lui che ci viene a cercare.
Così come Dio chiama Giona, il più imperfetto e fragile fra i profeti, pavido e capriccioso, affatto devoto, affatto virtuoso, per invitare gli abitanti di Ninive a cambiare atteggiamento, e i niniviti cambiano, forse perché vedono quell’invito rivoltogli da un uomo fragile come loro…
Dio ha bisogno di me per annunciare al mondo la salvezza.
Non per salvare il mondo ma per vivere da salvato. Perché il mondo non lo sa di essere salvo.
Nel piccolo, fragile mondo in cui vivo Dio mi chiama a diventare suo collaboratore.
Nella quotidianità talvolta insipida e meschina si manifesta, se abbiamo affinato lo sguardo interiore, se abbiamo dato spazio all’anima. Nelle periferie esistenziali in cui abito mi viene a stanare. Non a Gerusalemme, non nel tempio, non nelle scuole rabbiniche.
Ai confini, fuori.
Reti
Per seguirlo, però, bisogna osare.
Bisogna lasciare le reti che, addirittura, riassettiamo, cuciamo, ripariamo.
Le reti: tutto ciò che ci lega. Il giudizio degli altri, i sensi di colpa, il nostro narcisismo, l’immagine di noi stessi, le ansie da prestazione, i soldi, le relazioni famigliari possessive, l’apparire… serve continuare?
Siamo pieni di reti da abbandonare. A volte, ribadisco, le riassettiamo e magari lo facciamo pensando di far piacere a Dio. Dei geni.
Giacomo e Giovanni lasciano il loro padre Zebedeo. La più stretta delle reti.
Lui e i suoi garzoni, lui e i suoi figli. Possiede, Zebedeo. Lega a sé.
Devono lasciare anche lui.
Pescatori di umanità
Per diventare pescatori di umanità.
Per tirare fuori tutta l’umanità che ci abita. E che abita gli altri attorno a noi.
Per immaginare il mondo come lo vede Dio, con un’umanità redenta, pacificata, dialogante, parte di un progetto. Così come sarebbe bello diventasse la Chiesa.
Questo possiamo fare: diventare uomini e donne fino in fondo, abitati dal Vangelo e innamorati della vita. Sarebbe una splendida pubblicità per il Regno.
Pensi proprio che abbia ragione san Paolo quando scrive ai Corinti: passa la scena di questo mondo. Meglio investire su ciò che rimane.
Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/
Pescatori di uomini
È qui, il Regno, si è fatto vicino.
Visto che non siamo in grado di cercare Dio senza stravolgerne il volto, o manipolarlo o costruirlo a
nostra immagine e somiglianza è lui, Dio, a colmare la distanza che ci separa. Il Natale che abbiamo appena celebrato ci ricorda esattamente questa straordinaria verità: Dio si fa vicino, si fa incontro.
Allora svegliati, muoviti, scuotiti.
Convertiti e credi.
Convertiti: cioè guarda se la strada che stai percorrendo ti sta conducendo verso la pienezza della felicità o se, invece, ti stai allontanando dalla tua anima.
E se ti accorgi che la strada che percorri non ti porta da nessuna parte inchioda e torna indietro.
E credi: fidati di quello che Gesù è venuto a raccontare, a dire, a testimoniare.
Questo è il messaggio con cui Gesù inizia la predicazione. Questa è la sintesi del Vangelo in cui crediamo.
Questo è ciò che potremmo dire, senza tanti fronzoli, ai tanti smarriti di oggi: il Dio di Gesù ti vuole incontrare, accorgitene! Fidati! Lasciati amare!
Così il potente vangelo di Marco descrive l’opera di Gesù subito dopo lo stringato racconto del battesimo.
Gesù inizia la sua missione, annota Marco, quando avrebbe dovuto rinunciarvi: Giovanni è stato appena arrestato, imitarne l’opera è semplicemente folle.
Invece di passare il tempo a lamentarsi, a fuggire, a rintanarsi in sacrestia, come facciamo noi, osa.
Esce e va a chiamare dei collaboratori.
Sui confini
Li va a prendere ai bordi del lago, nella Galilea delle genti, guardata con disprezzo dai puritani di Gerusalemme, cerca dei lavoratori, gente comune, non dei sacerdoti, non degli esperti.
Li chiama senza merito, li chiama anche se non sono ancora discepoli, anche se non hanno fatto nessun corso di formazione, anche se non hanno preso nessun diploma da annunciatori.
Li chiama perché vuole loro e li va a prendere dove sono, non li aspetta dietro una scrivania.
Gesù si muove. Gesù agisce.
È lui il protagonista, è lui che ci viene a cercare.
Così come Dio chiama Giona, il più imperfetto e fragile fra i profeti, pavido e capriccioso, affatto devoto, affatto virtuoso, per invitare gli abitanti di Ninive a cambiare atteggiamento, e i niniviti cambiano, forse perché vedono quell’invito rivoltogli da un uomo fragile come loro…
Dio ha bisogno di me per annunciare al mondo la salvezza.
Non per salvare il mondo ma per vivere da salvato. Perché il mondo non lo sa di essere salvo.
Nel piccolo, fragile mondo in cui vivo Dio mi chiama a diventare suo collaboratore.
Nella quotidianità talvolta insipida e meschina si manifesta, se abbiamo affinato lo sguardo interiore, se abbiamo dato spazio all’anima. Nelle periferie esistenziali in cui abito mi viene a stanare. Non a Gerusalemme, non nel tempio, non nelle scuole rabbiniche.
Ai confini, fuori.
Reti
Per seguirlo, però, bisogna osare.
Bisogna lasciare le reti che, addirittura, riassettiamo, cuciamo, ripariamo.
Le reti: tutto ciò che ci lega. Il giudizio degli altri, i sensi di colpa, il nostro narcisismo, l’immagine di noi stessi, le ansie da prestazione, i soldi, le relazioni famigliari possessive, l’apparire… serve continuare?
Siamo pieni di reti da abbandonare. A volte, ribadisco, le riassettiamo e magari lo facciamo pensando di far piacere a Dio. Dei geni.
Giacomo e Giovanni lasciano il loro padre Zebedeo. La più stretta delle reti.
Lui e i suoi garzoni, lui e i suoi figli. Possiede, Zebedeo. Lega a sé.
Devono lasciare anche lui.
Pescatori di umanità
Per diventare pescatori di umanità.
Per tirare fuori tutta l’umanità che ci abita. E che abita gli altri attorno a noi.
Per immaginare il mondo come lo vede Dio, con un’umanità redenta, pacificata, dialogante, parte di un progetto. Così come sarebbe bello diventasse la Chiesa.
Questo possiamo fare: diventare uomini e donne fino in fondo, abitati dal Vangelo e innamorati della vita. Sarebbe una splendida pubblicità per il Regno.
Pensi proprio che abbia ragione san Paolo quando scrive ai Corinti: passa la scena di questo mondo. Meglio investire su ciò che rimane.
Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/
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