Paolo Curtaz,"Nel tempio

Commento al Vangelo di domenica 4 Marzo 2018 - Paolo Curtaz
Nel tempio


Volete davvero vedere la bellezza di Dio?

Volete davvero lasciare la banalità della pianura per salire in alto, per innalzare l’anima? E crescere
nel discernimento fino a riconciliarvi con le bestie feroci e scoprire che gli angeli vi servono perché possiate conoscere Dio?

Sì, certo. Forse.

Perché è complesso. Perché, al di là dell’entusiasmo, innalzarsi significa faticare, camminare, penare. In montagna, sul Tabor, ci si arriva solo muovendo dei passi.

E, anzitutto, spogliandosi di tutto ciò che non ha nulla a che fare con Dio.

Così san Giovanni, birichino, pone l’episodio della purificazione del Tempio all’inizio del suo Vangelo, cosa del tutto improbabile. Un perfetto sconosciuto che fa il pazzo non sarebbe stato possibile a questo punto della vicenda.

Il messaggio che vuole lanciare il quarto evangelista è chiaro: prima di ogni altra cosa bisogna purificare il nostro cuore dall’idea che abbiamo di Dio.

Un po’ come l’evangelista Marco che inizia la vita pubblica di Gesù con la guarigione dell’indemoniato nella sinagoga.



Nel tempio

Il tempio di Gerusalemme era diventato, da quando erano iniziati i lavori di ricostruzione da parte di Erode il grande, cinquant’anni prima dai fatti narrati, il nuovo punto di convergenza di tutta la fede di Israele. Decine di migliaia di pellegrini, tre volte all’anno, salivano sulle brulle colline di Galilea per offrire sacrifici al Dio si Israele.

Sacrifici cruenti, olocausti di animali di diversa taglia, come previsto dalla Torà.

Impensabile che la gente affrontasse un lungo viaggio portandosi dietro una pecora!

Ed era del tutto normale che ci fossero dei cambiavalute essendoci pellegrini che provenivano anche da altri paesi e per il fatto che nel tempio non potevano circolare le monete romane con l’effige dell’imperatore.



Perché, allora, Gesù si arrabbia così tanto?

Perché si accende in lui uno zelo che arriva a ribaltare i tavoli? (e quanto mi piace questo gesto così sanguigno, così poco devoto e bigotto!)

Gesù, che conosce il vero volto del Padre non può tollerare che la religiosità si trasformi in baratto, non può concepire l’idea di un Dio trattato come un padrone da blandire, come un avaro satrapo da convincere! Non può tollerare di trasformare il Padre in un idolo, e la preghiera in una forma di scambio, di mercato.

Gesù ci chiede di uscir fuori dalla logica tutta spontanea del contrattare con Dio.

Ma non va bene quello che fa. È maleducato e sconveniente.

Arriva il preside.



Quale segno?

Come si permette Gesù di fare quel parapiglia? Chi si crede di essere? Che saranno mai quattro banchetti con i ricordini religiosi? E quelle piccole tradizioni che non bisogna spegnere sennò la gente se ne va? E ci vuole pazienza con queste manifestazioni di religiosità popolare che sono ancora quelle che radunano la folla? Che sarà mai? Si è sempre fatto così!

E poi, con quale autorità, con quale mandato o titolo di studio Gesù compie quel gesto? Quale segno mostra Gesù per osare sfidare le consuetudini?



Gesù risponde, parla di tempio da distruggere.

Ahia.



Associa la parola tempio a distruzione (Bella intuizione di don Marco Pozza, rubo).

Il tempio è fatto esattamente per durare in eterno, per rendere gloria a Dio, per enfatizzare e glorificare chi l’ha fatto costruire (magari col nome scolpito sul timpano della facciata…).

Il tempio rischia di diventare il luogo della glorificazione degli uomini, non una casa di preghiera.

Errore madornale, Nazareno. Mai offendere la gente devota. Troppo seria.



Tre giorni

Distruggete questo tempio e lo farò risorgere in tre giorni.

Giovanni spiega: parlava del tempio del suo corpo.

Forse Gesù lo ha detto. Certamente lo proclama la comunità dopo la resurrezione.

Resurrezione che getta un poderoso fascio di luce sulla vita e sulle parole di Gesù.

Ma chi ha davanti non capisce, si offende. Quell’accusa ridicola sarà una delle prove per condannarlo alla croce.

Ridicola. Ma anche un po’ vera.

No, non vuole fare l’iconoclasta, Gesù, non l’anarchico, non il ribelle.

Ma ciò che per lui è assoluto e per cui è disposto a morire è la sua visione di Dio. Che, evidentemente, non prevede la presenza di giganteschi templi che custodiscono con reverenza la sua gloria.

Fra i discepoli non esisteranno più templi se non persone abitate dallo Spirito Santo.

E le chiese, anche solenni, anche possenti, avranno senso solo quando ospiteranno una Chiesa.



Il cuore

Questo cammino di purificazione ci è necessario.

Passare da una fede che è contrattazione ad una che è incontro ed elemosina, apertura del cuore ed umiltà, per entrare nella nostra anima e farla fiorire, è l’unica cosa che ci viene chiesta.

Così questo nostro percorso di quaresima può permetterci di riscoprire, ad esempio, le parole che Dio dona al suo popolo come indizio per trovare la felicità.

Le parole degli uomini liberi che noi, geni del marketing, abbiamo ribattezzato comandamenti, con tutta la connaturale simpatia che ci suscita questo termine.



Gesù non ha bisogno di belle mascherine. Sa bene cosa c’è in ogni uomo.

Sa bene quale contraddizione ci abita.

Ma la redime.

Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/




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