DON PaoloScquizzato, “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”

OMELIA 5a Domenica di Quaresima. Anno B

«Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”.29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. 30Disse Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire». (Gv 12, 20-33)



Alcuni chiedono di ‘poter vedere Gesù’. Gesù risponderà non ‘come’ vederlo ma ‘dove’ incontrarlo. L’amore non si vede, se ne fa esperienza. Vuoi ‘vedere Gesù’? Comincia ad amare e lo incontrerai: «Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).

Cosa vuol dire amare? Uscire dall’inganno dell’ego, dall’auto-referenzialità e cominciare  a prendersi cura dell’altro. L’incentramento sull’io è un’implosione, un corto circuito, mentre l’essere presente all’altro, è edificazione del sé autentico. Se la cura dell’ego è uguale a morte: «chi ama la propria vita la perde» (v. 27), la morte dell’ego trasformerà  lentamente il nostro essere autentico. «Muori e diventa» (Goethe). Infatti un seme, l’unico modo che ha di poter sbocciare e sapere ciò che è in realtà, è di conoscere la morte, la disfatta nella nuda terra e quindi venire alla luce di sé.

Noi siamo la vita che doniamo agli altri. E in questo vivificare i fratelli, ‘glorifichiamo Dio’. Certo, perché l’unica gloria che Dio può conoscere è ‘l’uomo vivente’ (Ireneo). La sua felicità è il mio compimento. Gettando luce in faccia all’umanità che incontriamo, noi usciamo dall’ombra e Dio s’illumina.

È amando i fratelli che il nome di Dio verrà santificato. Ogni volta che nel Padre nostro recitiamo:“Sia santificato il tuo nome”, ci impegniamo a morire per i fratelli, perché il vero nome di Dio sono i suoi figli. Quando infanghiamo il nome degli uomini, quando non diamo loro dignità – o peggio ancora quando gliela togliamo – il nome di Dio viene offeso. Questa è l’unica bestemmia conosciuta nel cristianesimo: offendere l’uomo. Dire “Sia santificato il tuo nome” significa: “che i tuoi figli comincino a vivere di più”.

Non solo. Il brano di oggi ci ricorda che vivendo il principio dell’amore, nelle nostre comuni circostanze di vita, il “principe di questo mondo” sarà gettato fuori. E questo principe non è il diavolo, ma quel vivere imperniato sulla logica del potere, dell’arrivismo, della cattiveria, della prevaricazione, dell’egoismo. Laddove si vive l’amore, questa cappa mortale verrà dissolta. Più luce immettiamo nelle nostre relazioni, più il potere del male arretrerà e la tenebra conoscerà la sconfitta.

Aveva ragione Dostoevskij, sarà la bellezza a salvare il mondo, e la bellezza altro non è che l’amore manifestato. Infatti Gesù dice: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. La croce è l’evento più bello della storia, non in quanto strumento di tortura ma come espressione massima di amore, di bene e di luce. E la bellezza attira, affascina, trascina. Non saranno mai le prediche e il moralismo a trasformare il mondo, ma un amore coerente, capace di andare fino alla fine.

Affascinati da questo amore credibile, cominceremo ad essere seminatori di luce anche noi, e pian piano vedremo germogliare il deserto e costateremo il compiersi di un giardino che sottovoce oseremo chiamare paradiso.

Fonte:http://www.paoloscquizzato.it

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