Padre Paolo Berti, “Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò”

Risurrezione del Signore (Liturgia della Messa del giorno)             
Gv 20,1-9 
“Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò”
Omelia 

Fratelli e sorelle, noi non seguiamo un perdente, ma un vincente. Gesù ha vinto, ed è capace di far vincere noi che siamo in lui.

Oggi è giorno di vittoria per tutti noi. La carità ha vinto l'odio; la vita ha vinto la morte. La carità tutto spera, tutto sopporta, ci dice san Paolo, e questo lo abbiamo visto in Cristo: tutto ha sperato di fronte alla macchina di disperazione che gli aveva preparato il mondo e il Demonio; tutto ha sopportato in mezzo al mulinare di insulti e di torture che ha subito. La carità tutto spera, fratelli e sorelle. Quante persone oggi hanno cessato di sperare. Non parlo delle disperazioni di fronte al dolore, di fronte ai fallimenti, parlo della disperazione di vedere un futuro nuovo, un mondo migliore. Molti, troppi, disperano, e per questo hanno estinto in loro la carità. Vero, a forza di sentire orrori, a forza di vedere dissoluzioni familiari, e altro, in molti è cessata la speranza, e quindi la carità (Cf. Mt 24,12). Molti, molti, sperano, ma sperano in modo debole, con speranza fondata sull'umano. Sperano, ma il raggio della loro speranza è debole, corto, incerto; sperano per loro, per i loro cari, per il loro lavoro, per i loro affetti, magari per la loro patria, magari anche per il mondo. Ma sperano basandosi su quale soluzione? Certo, sperano in un riordino della politica, e questo è buono; sperano in un accordo tra i popoli, e questo è più che buono; sperano in una giustizia più giusta, e questo è buono, molto buono; sperano in nuove scoperte farmaceutiche, e questo è buono; in nuove iniziative che liberino l'uomo dalla fame e dalla sete dal freddo, e questo è molto buono.
Ma nuova politica, accordo tra i popoli, disarmo, giustizia, diffusione della sanità, vittoria sulla fame, sul freddo, da dove procedono? Procedono solo da uomini nuovi, nuovi nel cuore, nuovi in Cristo. Una speranza senza Cristo è una speranza debole, inconsistente, aperta sempre più a cedere alla disperazione, a quella estrema che giunge a dire: “Il male è; il bene non è”. Ma noi, fratelli e sorelle, abbiamo riposto la speranza in Cristo: Cristo è la nostra speranza. Chi non ama, non ha speranza; è pessimista, pensa male dell'uomo. Sì, pensa male dell'uomo, perché sempre più le creature di Satana gli si presentano davanti e le osserva sentendosene attratto, e pensa che l'uomo sia così, sia fatto così; che tutto il male nasca dalla stessa natura dell'uomo e non dalla perversione che un uomo sceglie. Terribile quando non si guarda più a Cristo e alle creature di Cristo, ai santi, agli uomini e donne trasformati in carità dall'azione dello Spirito Santo, e si finisce per combatterli.
Oggi, fratelli e sorelle, è giorno di vittoria e di speranza di vittoria. La carità ha vinto prima di fronte alle seduzioni nei quaranta giorni passati da Gesù nel deserto, poi la carità ha vinto il dolore, l'angoscia. Poi la carità, l'amore del Padre, ha fatto vincere il Figlio vincitore, anche contro la morte risorgendolo. La tomba ha dovuto mollare la sua presa, la terra che accoglie le nostre spoglie mortali di fronte all'onnipotenza di Dio si è arresa di colpo, ed è diventata capace di accogliere il soffio ricreatore dello Spirito, che ricrea in Cristo l'uomo, e per mezzo di uomini ricreati in Cristo plasma la terra secondo Dio e non più secondo il peccato.
Sperare negli uomini, negli uomini che idolatrano se stessi, e chiedono di essere idolatrati, è maledizione che l'uomo pronuncia su se stesso.
Noi speriamo in Cristo, e i veri portatori di speranza sono quelli che sono in Cristo. Noi crediamo pensiamo bene dell'uomo, non ci lasciamo sgomentare di fronte alle creature plasmate dall'egoismo, dalla lussuria, dall'odio, dalla superbia. Noi, fratelli e sorelle, non ci sentiamo attratti da loro, ma vogliamo Cristo, e diciamo con la sposa del Cantico dei Cantici (1,4): “Trascinami con te, corriamo!”, e sempre con lei affermiamo davanti a tutti (5,10): “L’amato mio è bianco e vermiglio, riconoscibile fra una miriade”.
“Il primo giorno della settimana”, quando ancora era buio, la pietra venne sbalzata lontano. E' mattino, ancora è buio, il sole non è ancora sorto sull'orizzonte, ma ecco, il Sole divino - Cristo - esce dal buio della tomba per creare un giorno nuovo. La risurrezione è un nuovo comando di Dio (Cf. Gn 1,3): “Sia la luce!”. Gesù, vero Dio e vero uomo, nel tempo era stato l'Uomo-Dio, nella risurrezione divenne piuttosto il Dio-uomo, perché la sua umanità fu innalzata alla gloria. Quel primo giorno della settimana è l'inizio di un continuo di giorni nuovi, segnati dall'azione dello Spirito Santo nella Chiesa e nella storia. Le tenebre del peccato sono dissolte, ma potranno oscurare la Luce. Le tenebre potranno tentare di addensarsi, di distruggere la Chiesa, la lampada che irraggia la Luce, ma lampada reggerà sempre, illuminerà sempre. Anzi, il suo cristallo diventerà sempre più terso, sempre più libero da parti oscure, sempre più capace di illuminare.
Maria di Magdala, corse da Simon Pietro. Giovanni e Pietro corsero alla tomba. Si corre quando qualcosa urge. La Chiesa corre spinta dalla carità. La Chiesa è veloce; noi dobbiamo essere veloci; veloci non nel produrre il male, ma nel produrre il bene. “Cercate le cose di lassù, non quelle della terra”, ci dice Paolo. Non è un invito ad astrarsi dalla storia, ma un invito a vivere nella storia, sulla terra, nella Luce dei nuovi giorni creati dalla risurrezione e aperti al giorno eterno del cielo. Le cose della terra appartengono al giorno del peccato, “le cose di lassù” appartengono al nuovo giorno, a quello illuminato dal Sole divino.
Il mondo che ama il giorno del peccato vuole produrre luci, ma sono luci buie, gelide, ombre, che presentano il peccato come luce, mentre invece è tenebre.
Corriamo dunque, fratelli e sorelle, certi di non inciampare, certi di vincere in virtù del Vincitore al quale vogliamo essere fedeli sino alla morte.
La carità rende veloci, ma la carità non produce corse disordinate. Giovanni corse veloce, più di Pietro, ma si fermò per lasciare che Pietro entrasse per primo nella tomba. Non corse Giovanni per esplorare per primo, ma perché spinto dall'amore. “Vide”, ma non entrò; lasciò la precedenza a Pietro. Giovanni credette perché disposto ad ascoltare Pietro, che forse non disse in quel momento: “E' risorto”, ma certo non fu affatto scettico.
L'accoglienza dell'autorità di Pietro portò Giovanni a vedere e credere. Non c'è accoglienza della verità senza Pietro, non c'è pensiero teologico senza Pietro. Senza Pietro, senza i successori di Pietro, saremmo ben presto smarriti.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore; giorno nel quale si vive nella Luce; giorno che ci fa vedere l'uomo, la sua vocazione all'amore, la sua chiamata a Dio in Cristo nell'appartenenza alla Chiesa. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.



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