CARLA SPRINZELES Commento III Domenica di Pasqua (Anno B)
Commento su Atti 3,13-15.17-19; Luca 24,35-48
Carla Sprinzeles
III Domenica di Pasqua (Anno B) (15/04/2018)
Visualizza Lc 24,35-48
Cerchiamo di mettere a fuoco cosa vuol dire per noi oggi che Gesù è risorto!
Noi stessi siamo la testimonianza vivente della sua risurrezione. Se ancora oggi, siamo capaci di gesti di benevolenza, di condivisione, di vittoria di ciò che è umano, rispetto a ciò che è disumano, vuol dire che è vero che Gesù è risorto. Testimoniamo la vittoria della luce sulla tenebra. Cos'è la tenebra? E' il nulla, l'inconsistente. Gesù è sempre con noi! Ogni vittoria dell'umano sul disumano è una venuta del Cristo. Quando questa umanità avrà raggiunto tutti, quello che è disumano si evapora. La tenebra non va combattuta, occorre accendere la luce!
Il Vangelo si dimostra con la vita! “Quello che abbiamo toccato, visto, esperimentato, noi ve lo comunichiamo” ( I Giovanni 1, seguenti.) Noi rispondiamo a un amore che abbiamo ricevuto. Il problema è che spesso non riusciamo a vederlo perché ci aspettiamo quello che pensiamo essere per noi amore e a volte non coincide col vero bene, e con le occasioni che la vita ci propone. Quindi è bene essere attenti e svegli per esperimentare l'amore di Dio che ci giunge attraverso le creature.
ATTI 3, 13-15. 17-19
Oggi ci viene proposto un brano degli Atti degli apostoli in cui Pietro dopo aver proclamato apertamente che gli ascoltatori del suo tempo avevano ucciso Gesù, l'autore della vita, ma il Dio che loro stessi veneravano, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio dei loro padri, che ha liberato il popolo ebreo dall'Egitto, l'ha risuscitato. “Voi avete agito per ignoranza, ora convertitevi e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati.”
Nei versetti precedenti a questo brano, si narra che Pietro e Giovanni salivano al tempio e veniva portato un uomo, storpio dal seno materno per chiedere l'elemosina. Pietro dice: “Non ho né oro, né argento, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù, cammina. Tutto il popolo quindi vede il segno e si meraviglia.
Un paralitico era un cadavere che respira, rappresenta la comunità pagana e peccatrice, esclusa dall'azione di Dio. Nella tradizione giudaica Dio odiava i pagani. Qui invece si accorgono che l'amore del Dio di Gesù è esteso pure ai pagani! Si supponeva che il paralitico per essere così doveva aver peccato ma non poteva eseguire le tre condizioni per ricevere il perdono: pregare, digiunare e fare penitenza. Gesù ha eliminato questi passaggi, inventati dagli uomini, per concedere il perdono da parte di Dio: per il solo fatto che tu ti avvicini a Dio, tutto il tuo passato ti è completamente perdonato.
L'ignoranza, con cui hanno agito i giudei è un'attenuante, ma non giustifica. Ora occorre convertirsi, ossia cambiare strada, pensarla diversamente (sappiamo quanto è difficile abbandonare le nostre convinzioni sbagliate!) e cambiare vita.
Dal momento che incontro Gesù, devo scegliere, non si può tenere il piede in due staffe contrapposte, se do a lui adesione, tutto il mio passato viene completamente cancellato. E' inutile rimuginare la mia storia e come il Signore fa con me, anch'io perdono gli altri. Se io perdono continuamente gli altri, i rapporti cambiano.
C'è poi la frase: “Dio ha compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire.”
Chiariamo subito che non è Dio che ha voluto che Gesù soffrisse!!!
E' una conseguenza della non accettazione da parte dei capi del messaggio di Gesù.
Era stato annunciato nelle scritture, per esempio da Isaia, quando parla del servo sofferente.
Ma non l'ha voluto Dio. Gesù, nonostante la grossa pena di incontrare tanta durezza di cuore, decide di salire a Gerusalemme, continua il cammino del suo messaggio d'amore, disposto a tutto.
LUCA 24, 35-48
Il brano del Vangelo secondo Luca che stiamo per leggere è fondamentale per noi! Cerchiamo di cogliere cosa ci vuole dire a noi, oggi.
Innanzitutto parte dall'esperienza dei discepoli di Emmaus, che stavano tornando a casa desolati, schiacciati dagli eventi: “Speravano fosse lui a liberare Israele”. Avevano seguito Gesù con queste attese, che li liberasse dai romani, invece sono passati tre giorni e non è successo ancora niente! Uno straniero si affianca e spiega loro le Scritture poi si ferma con loro e spezza il pane: loro lo riconoscono: è Gesù. Allora “partirono senza indugio”. L'evangelizzatore Luca è uno che ha fretta. La premura è segno di libertà ritrovata, di scioltezza. Tornano a Gerusalemme, dagli undici, che erano riuniti. Il discepolo di Gesù non è un profeta isolato, un inviato in proprio, ma è espressione di una comunità. Il risorto era venuto per far conoscere il Padre agli uomini, per calare nella quotidianità quello che la Bibbia rivelava del rapporto tra Dio e l'umanità.
Tuttavia per i discepoli, la Legge e i Profeti rimanevano parola sacra, staccata dalla realtà di tutti i giorni. Non potevano cogliere l'attualità nella vita di Gesù, un uomo di carne nel quale avevano riposto una speranza di liberazione politica. “Non sia mai!” aveva detto Pietro quando Gesù preannuncia la sua passione. Invece il Maestro era stato sconfitto dai sommi sacerdoti e dai romani e il sogno era finito. Non riuscivano a credere a chi diceva di averlo visto in quello stesso giorno. Rimanevano nella loro delusione, incapaci di lasciarsi raggiungere tanto la loro mente era ottenebrata dalla tristezza!
Ed eccolo in mezzo a loro! Per loro, non può essere che un fantasma e si lasciano prendere dallo spavento. Come se il loro scoraggiamento fosse più reale della presenza della Vita stessa che irrompe là dove essi erano chiusi in pensieri di morte.
Secondo me, ancora noi oggi, crediamo più vera la sconfitta, la tristezza, che l'azione di Dio! L'importante è non rassegnarsi alla sconfitta e sapere che la sua Parola è molto più forte delle nostre incertezze, delle nostre debolezze. I momenti lunghi di angoscia ci sono, ma occorre avere una certezza di una Presenza che sta alla mia porta e bussa!
Gesù non fa nessun rimprovero, si mette in relazione con loro al loro stesso livello: non possono vedere la realtà che hanno sotto i loro occhi. Si fa toccare e chiede qualcosa da mangiare. Un gesto semplice, normale, quotidiano per riportare alla verità, fare uscire dai loro pensieri che riducono la realtà a un unico triste colore. E' come se un campo addormentato della coscienza si svegliasse! E gli apostoli si accorgono che l'uomo che stava mangiando di fronte a loro è lo stesso che tre giorni prima, è stato ucciso sulla croce. La loro mente riempita dal loro modo di vedere è come lavata da questa visione semplice del Maestro in carne e ossa che mangia. Sono ormai capaci di capire che Cristo doveva patire la fatica e il dolore d'ogni uomo per aprire le menti a un'altra dimensione.
Il cammino è iniziato, talvolta il messaggio portato nel nome di Gesù non è liberante, si porta un messaggio che opprime, non è il messaggio di Gesù.
“Così sta scritto: il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati alle genti la conversione e il perdono dei peccati...di questo voi siete testimoni”. Testimoni della resurrezione dunque? Certo, ma non solo anche e soprattutto del perdono dei peccati! Il risorto ri-crea l'uomo, facendolo capace di trasformare il male in Bene con il perdono. Perché allora continuiamo a vergognarci dei nostri peccati, a giudicare quelli degli altri e a temere il giudizio di Dio? Lo Spirito che anima Dio è perdono, noi siamo eredi e testimoni del suo perdono. Cristo ha cambiato il senso della storia: l'uomo può uscire dal meccanismo della vendetta e della paura, perché la morte, conseguenza del peccato, è vinta.
Ora tocca a noi vivere oggi, non chiusi nelle nostre tristezze, ma accendendo la luce, aprendo le finestre, ci accorgiamo che la vita può trionfare se si continua ad amare.
Carissimi, abbiamo molto da fare, con urgenza, con passione: essere attenti al nostro modo di pensare, essere solidali con chi soffre, imparare a soffrire, imparare a morire come il seme nella terra che non si accorge di morire perché germoglia una nuova vita. Per poter fare questo occorre amare senza riserve. Accorgiamoci oggi, cosa chiede a noi la vita? Buona continuazione di Pasqua, testimoniando a tutti l'amore di Dio, colmo di tenerezza.
Fonte:www.qumran2.net/
Carla Sprinzeles
III Domenica di Pasqua (Anno B) (15/04/2018)
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Cerchiamo di mettere a fuoco cosa vuol dire per noi oggi che Gesù è risorto!
Noi stessi siamo la testimonianza vivente della sua risurrezione. Se ancora oggi, siamo capaci di gesti di benevolenza, di condivisione, di vittoria di ciò che è umano, rispetto a ciò che è disumano, vuol dire che è vero che Gesù è risorto. Testimoniamo la vittoria della luce sulla tenebra. Cos'è la tenebra? E' il nulla, l'inconsistente. Gesù è sempre con noi! Ogni vittoria dell'umano sul disumano è una venuta del Cristo. Quando questa umanità avrà raggiunto tutti, quello che è disumano si evapora. La tenebra non va combattuta, occorre accendere la luce!
Il Vangelo si dimostra con la vita! “Quello che abbiamo toccato, visto, esperimentato, noi ve lo comunichiamo” ( I Giovanni 1, seguenti.) Noi rispondiamo a un amore che abbiamo ricevuto. Il problema è che spesso non riusciamo a vederlo perché ci aspettiamo quello che pensiamo essere per noi amore e a volte non coincide col vero bene, e con le occasioni che la vita ci propone. Quindi è bene essere attenti e svegli per esperimentare l'amore di Dio che ci giunge attraverso le creature.
ATTI 3, 13-15. 17-19
Oggi ci viene proposto un brano degli Atti degli apostoli in cui Pietro dopo aver proclamato apertamente che gli ascoltatori del suo tempo avevano ucciso Gesù, l'autore della vita, ma il Dio che loro stessi veneravano, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio dei loro padri, che ha liberato il popolo ebreo dall'Egitto, l'ha risuscitato. “Voi avete agito per ignoranza, ora convertitevi e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati.”
Nei versetti precedenti a questo brano, si narra che Pietro e Giovanni salivano al tempio e veniva portato un uomo, storpio dal seno materno per chiedere l'elemosina. Pietro dice: “Non ho né oro, né argento, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù, cammina. Tutto il popolo quindi vede il segno e si meraviglia.
Un paralitico era un cadavere che respira, rappresenta la comunità pagana e peccatrice, esclusa dall'azione di Dio. Nella tradizione giudaica Dio odiava i pagani. Qui invece si accorgono che l'amore del Dio di Gesù è esteso pure ai pagani! Si supponeva che il paralitico per essere così doveva aver peccato ma non poteva eseguire le tre condizioni per ricevere il perdono: pregare, digiunare e fare penitenza. Gesù ha eliminato questi passaggi, inventati dagli uomini, per concedere il perdono da parte di Dio: per il solo fatto che tu ti avvicini a Dio, tutto il tuo passato ti è completamente perdonato.
L'ignoranza, con cui hanno agito i giudei è un'attenuante, ma non giustifica. Ora occorre convertirsi, ossia cambiare strada, pensarla diversamente (sappiamo quanto è difficile abbandonare le nostre convinzioni sbagliate!) e cambiare vita.
Dal momento che incontro Gesù, devo scegliere, non si può tenere il piede in due staffe contrapposte, se do a lui adesione, tutto il mio passato viene completamente cancellato. E' inutile rimuginare la mia storia e come il Signore fa con me, anch'io perdono gli altri. Se io perdono continuamente gli altri, i rapporti cambiano.
C'è poi la frase: “Dio ha compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire.”
Chiariamo subito che non è Dio che ha voluto che Gesù soffrisse!!!
E' una conseguenza della non accettazione da parte dei capi del messaggio di Gesù.
Era stato annunciato nelle scritture, per esempio da Isaia, quando parla del servo sofferente.
Ma non l'ha voluto Dio. Gesù, nonostante la grossa pena di incontrare tanta durezza di cuore, decide di salire a Gerusalemme, continua il cammino del suo messaggio d'amore, disposto a tutto.
LUCA 24, 35-48
Il brano del Vangelo secondo Luca che stiamo per leggere è fondamentale per noi! Cerchiamo di cogliere cosa ci vuole dire a noi, oggi.
Innanzitutto parte dall'esperienza dei discepoli di Emmaus, che stavano tornando a casa desolati, schiacciati dagli eventi: “Speravano fosse lui a liberare Israele”. Avevano seguito Gesù con queste attese, che li liberasse dai romani, invece sono passati tre giorni e non è successo ancora niente! Uno straniero si affianca e spiega loro le Scritture poi si ferma con loro e spezza il pane: loro lo riconoscono: è Gesù. Allora “partirono senza indugio”. L'evangelizzatore Luca è uno che ha fretta. La premura è segno di libertà ritrovata, di scioltezza. Tornano a Gerusalemme, dagli undici, che erano riuniti. Il discepolo di Gesù non è un profeta isolato, un inviato in proprio, ma è espressione di una comunità. Il risorto era venuto per far conoscere il Padre agli uomini, per calare nella quotidianità quello che la Bibbia rivelava del rapporto tra Dio e l'umanità.
Tuttavia per i discepoli, la Legge e i Profeti rimanevano parola sacra, staccata dalla realtà di tutti i giorni. Non potevano cogliere l'attualità nella vita di Gesù, un uomo di carne nel quale avevano riposto una speranza di liberazione politica. “Non sia mai!” aveva detto Pietro quando Gesù preannuncia la sua passione. Invece il Maestro era stato sconfitto dai sommi sacerdoti e dai romani e il sogno era finito. Non riuscivano a credere a chi diceva di averlo visto in quello stesso giorno. Rimanevano nella loro delusione, incapaci di lasciarsi raggiungere tanto la loro mente era ottenebrata dalla tristezza!
Ed eccolo in mezzo a loro! Per loro, non può essere che un fantasma e si lasciano prendere dallo spavento. Come se il loro scoraggiamento fosse più reale della presenza della Vita stessa che irrompe là dove essi erano chiusi in pensieri di morte.
Secondo me, ancora noi oggi, crediamo più vera la sconfitta, la tristezza, che l'azione di Dio! L'importante è non rassegnarsi alla sconfitta e sapere che la sua Parola è molto più forte delle nostre incertezze, delle nostre debolezze. I momenti lunghi di angoscia ci sono, ma occorre avere una certezza di una Presenza che sta alla mia porta e bussa!
Gesù non fa nessun rimprovero, si mette in relazione con loro al loro stesso livello: non possono vedere la realtà che hanno sotto i loro occhi. Si fa toccare e chiede qualcosa da mangiare. Un gesto semplice, normale, quotidiano per riportare alla verità, fare uscire dai loro pensieri che riducono la realtà a un unico triste colore. E' come se un campo addormentato della coscienza si svegliasse! E gli apostoli si accorgono che l'uomo che stava mangiando di fronte a loro è lo stesso che tre giorni prima, è stato ucciso sulla croce. La loro mente riempita dal loro modo di vedere è come lavata da questa visione semplice del Maestro in carne e ossa che mangia. Sono ormai capaci di capire che Cristo doveva patire la fatica e il dolore d'ogni uomo per aprire le menti a un'altra dimensione.
Il cammino è iniziato, talvolta il messaggio portato nel nome di Gesù non è liberante, si porta un messaggio che opprime, non è il messaggio di Gesù.
“Così sta scritto: il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati alle genti la conversione e il perdono dei peccati...di questo voi siete testimoni”. Testimoni della resurrezione dunque? Certo, ma non solo anche e soprattutto del perdono dei peccati! Il risorto ri-crea l'uomo, facendolo capace di trasformare il male in Bene con il perdono. Perché allora continuiamo a vergognarci dei nostri peccati, a giudicare quelli degli altri e a temere il giudizio di Dio? Lo Spirito che anima Dio è perdono, noi siamo eredi e testimoni del suo perdono. Cristo ha cambiato il senso della storia: l'uomo può uscire dal meccanismo della vendetta e della paura, perché la morte, conseguenza del peccato, è vinta.
Ora tocca a noi vivere oggi, non chiusi nelle nostre tristezze, ma accendendo la luce, aprendo le finestre, ci accorgiamo che la vita può trionfare se si continua ad amare.
Carissimi, abbiamo molto da fare, con urgenza, con passione: essere attenti al nostro modo di pensare, essere solidali con chi soffre, imparare a soffrire, imparare a morire come il seme nella terra che non si accorge di morire perché germoglia una nuova vita. Per poter fare questo occorre amare senza riserve. Accorgiamoci oggi, cosa chiede a noi la vita? Buona continuazione di Pasqua, testimoniando a tutti l'amore di Dio, colmo di tenerezza.
Fonte:www.qumran2.net/
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