Davide Varasi monaco di Bose, Commento V Domenica di Pasqua

V Domenica di Pasqua
Davide Varasi
At 9,26-31; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Per il Vangelo non si è, ma si diventa discepoli. Da qui la cura per rimanere in Cristo. Il credente si concentra in sé per interiorizzare la parola di Gesù. Rimanendo in Gesù, la Parola in cui tutto fu fatto, questo movimento si volge in apertura non solo verso i fratelli e le sorelle nella fede ma al mondo. Quel mondo che il Padre ama tanto da inviargli il Figlio. Il Figlio è divenuto carne. Per Giovanni la Parola è la luce che illumina ogni essere umano che viene al mondo. C’è una luce in ogni essere umano: la Parola divenuta carne, Gesù di Nazaret. Ogni essere umano ha questo mistero in sé, il mistero dell’amore di Dio per il mondo.

Rimanendo in Cristo, il centro, in cui passano tutti i raggi del cerchio, ci si scopre in questa grande solidarietà che il mistero pasquale ha reso senza confini. Il Crocifisso risorto che ritorna dagli inferi non è ostacolato da alcuna barriera nell’incontrare gli esseri umani. Perciò nessuno è lontano da lui. Crescere nella comunione con Gesù fa di noi dei cristiani adulti, solidi, che hanno imparato a resistere agli urti della vita e allo scandalo nella comunità cristiana, che non si scandalizzano del peccato degli esseri umani. Più crescerà la nostra comunione con Cristo, più aumenterà la nostra capacità di comunione con ogni creatura.

Diveniamo così quei discepoli in cui il Padre è glorificato. Si pota ciò che impedisce questo dinamismo. A farlo sono le parole di Gesù, il Vangelo, memoria della vita di Gesù. La prima potatura è riconoscere il primato del Vangelo rispetto ad altre parole. È il Vangelo a ricordarci lo sguardo del Padre sulla creazione in Gesù, uno sguardo di amore e fiducia incondizionati, di amicizia e di magnanimità. Non credere all’amore di Dio per ciascun essere umano è il peccato fondamentale. Il portare molto frutto si radica nel perseverare nella fiducia nell’amore di Dio in noi, in quell’amore che dimora nella nostra povertà. In una fede che si configura come relazione di amore: siamo dei poveri esseri umani, eppure Gesù dimora in noi, vuole bene a noi. Quando ciò diviene principio di azione, di conoscenza e di osservazione della realtà, viviamo da discepoli.

Per Giovanni chi fa la verità viene verso la luce. Fare la verità si riferisce all’agire. L’amore fraterno è il tratto distintivo del discepolo; farsi prossimo dell’uomo in stato di bisogno coinvolgendosi di persona fa ereditare la vita eterna; accogliere l’appello costituito da chi è in carcere, malato, povero, migrante fa incontrare il Figlio dell’uomo, semplicemente perché toccati dalla sofferenza e dal bisogno dell’altro abbiamo agito. Tutti aspetti della verità! La potatura elimina non solo ciò che impedisce questo movimento ma anche ciò che nel credente non fa riconoscere la presenza dell’amore nei cammini degli esseri umani, chiunque essi siano, quale che sia la loro condizione di vita, la loro appartenenza religiosa o culturale. Rimanere in Cristo abilita lo sguardo a riconoscere in chiunque si apra all’altro nell’amore e nella giustizia il mistero di questo camminare verso l’unica luce, e ad apprendere a camminare con lui.

Fonte:www.agensir.it

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