Don Paolo Zamengo,"Fame e sete di eternità "

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B) 

Fame e sete di eternità     Mc 14, 12-16.22-26

L’eucarestia è il segno più grande della creatività di Dio, l’ultimo atto di un amore senza misura. Nell’Eucarestia Dio dichiara la sua volontà di legarsi per sempre all’umanità. Questa alleanza trova  la sua splendida epifania. Nella fragilità dei segni del pane e del vino Gesù si regala a quanti non si accontentano di briciole di felicità ma hanno fame e sete di eternità.

L’eucarestia manifesta due movimenti costantemente presenti, quello della Chiesa in cammino verso il Signore e quello ancora più sorprendente di Dio che cerca casa dentro il cuore dell’uomo. Da quando è iniziato questo viaggio, l’eucarestia ha continuato a scandire le nostre giornate e a riempirle di fiduciosa e serena speranza.

L’Eucarestia è prima di tutto l’iniziativa di Dio che decide di piantare la sua tenda accanto a quella degli uomini. È la decisione di Dio di non allontanarsi. È presente nei tabernacoli del mondo: “Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Ma 28, 20).

La processione che ogni domenica formiamo  per accostarci all’Eucarestia è solo un pallido simbolo dell’eterno venirci incontro di Dio, verso il mistero di ogni uomo. Ed è un bisogno. L’Eucarestia è la  nostra “necessità” di Dio.

Ognuno di noi, con la propria storia accidentata, di progetti e di speranze, di lentezze e fallimenti, di deserti e di giardini, diventa casa di Dio, sua dimora. Dio accoglie il groviglio di paure e di desideri racchiusi nel segreto dei nostri cuori.

A lui interessano di più “le mani basse”, le mani basse dei credenti che non confidano in se stessi e sulla loro capacità per salvarsi. Dio preferisce il silenzio. Il silenzio davanti all’Eucarestia dice molto di più della vanità di tante parole finte, parole magari fiorite ma sterili e vuote. Non incantiamo Dio con la verbosità di tanti discorsi.

L’eucarestia rende presente il mistero pasquale e crea una misteriosa “contemporaneità” tra il sacrificio della croce e lo scorrere dei secoli. Questo prodigio è reso possibile dallo Spirito Santo che, nelle parole del celebrante, trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue del Signore. Pane e vino diventano il corpo di Cristo che offre se stesso.  Si nutrono di questo cibo i viandanti dell’eterno, i cercatori dell’infinito. Questi pellegrini sentono una straordinaria attrazione per Gesù. Sanno che lui non delude.

Dall’Eucarestia nasce la missione che Gesù ci affida. “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26). L’Eucarestia sfocia nell’annuncio. Per questo l’ultima parola della messa è “andate”. Andare voce del verbo testimoniare, voce del verbo annunciare, voce del verbo vivere.

La Pasqua del Signore non termina né il giovedì santo né il venerdì santo. La Pasqua del Signore nell’eucarestia non terminerà mai più. Quando celebriamo la Messa tutto l’itinerario biblico è presente, è riassunto e tende all’eternità. Lo proclamiamo nel “Mistero della fede!”.  Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell'attesa della tua venuta!”.

Alimentiamo il cuore per custodire l’amore. Prepariamo la mensa con la speranza e la gioia. Posiamo fiori che scaldino il cuore. Così il pane diventa sapore di vita.

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