Wilma Chasseur "Il soffio che ci toglie il respiro"

Il soffio che ci toglie il respiro
Wilma Chasseur  
VI Domenica di Pasqua (Anno B) (06/05/2018)

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Se domenica scorsa eravamo in campagna, nella vigna, oggi armiamoci di piccozza, corda e coraggio perché siamo invitati a salire un'altissima montagna che è addirittura l'Everest del cristianesimo: “Amatevi come io vi ho amati”. Di che toglierci il respiro. Che dobbiamo amare l'abbiamo sempre saputo, ma amare come Lui è una novità che ci fa traballare.

Mi aveva colpito quell' espressione di Marie Noel, scrittrice francese, che diceva:” Quando Dio mi ha creata e ha insufflato in me il suo spirito, ha soffiato troppo forte, io non mi sono ancora ripresa da quel soffio e vacillo di qua e di là come il lume di una candela” Questa poi! Non l'avevo ancora sentita ma si adatta perfettamente al Vangelo di oggi: quell' amatevi come io vi ho amati ci toglie il respiro e ci fa vacillare. Lo diceva già Papa Paolo VI che a causa di quel “ come” non potremo mai sentirci a posto.

Che fare?

Allora che fare? Desistere? Ma neanche per sogno, c'è un modo per aggirare l'ostacolo: se eguagliare quel “come” è impossibile, dobbiamo e possiamo tendere a quella vetta rimanendo su quella strada impervia. Dobbiamo cioè accettare di donarci nella debolezza, accettare di zoppicare, rimanendo però sempre su quella strada. Rimanere! Il verbo che ritornava ben sette volte nel vangelo di domenica scorsa, ritorna anche oggi.

Rimanere! Dove? Uniti alla vite, ci veniva detto domenica scorsa. Uniti alla vita, ci viene detto oggi. Solo se rimaniamo in Lui che è amore, cioè pienezza di vita, capiremo che siamo amati e possiamo amare a nostra volta. Se non rimaniamo, come facciamo a capirlo? Se girovaghiamo ad anni luce di distanza come lo capiremo? Rimaniamo e, a forza di rimanere, qualcosa finiremo per capire. Un po' per volta certo, non tutto alla volta, ma nella misura in cui cominceremo a capire, avremo sempre più voglia di rimanere. E nella misura in cui continueremo a fare piccoli passi, di colpo ci ritroveremo sulla vetta. Come diceva Santa Teresina del Bambino Gesù. Diceva appunto che si sforzava ogni giorno di salire la scala che porta a Dio, ma riusciva a malapena a fare un gradino. Però non desisteva e così il Signore vedendo la sua buona volontà, decise di scendere con l'ascensore e portarla su in un sol colpo. Sarà così anche per noi se rimarremo su quella strada e alzeremo ogni giorno il piede per fare anche un solo gradino, ma vedendo così la nostra buona volontà, il Signore verrà con l'ascensore.

Tutti laureati!

Certo, questa è una meta molto alta, da vertigini, ma visto che la nostra natura tende già a tirarci sempre verso il basso, dobbiamo perlomeno puntare molto in alto per restare poi appena un po' più su del suolo! Diceva Papa Francesco ai miei amici dei Cursillo di cristianità, che abbiamo tutti una laurea; quale? Quella di peccatori! Quindi abbiamo da una parte, la grazia che ci tira verso l'alto e dall'altra, la “laurea” che ci tira verso il basso, l'importante è che rimaniamo su quella strada in attesa dell'ascensore...

E siamo anche come le antenne paraboliche che riflettono una luce che viene da altrove. Non abbiamo nessuna luce propria, ma possiamo -anzi, dobbiamo- diventare puri ricettacoli della luce e dell'amore divino; pure scintille del suo fuoco che possono veramente illuminare ed accendere tante altre fiammelle ancora spente nella notte della disperazione, tanti cuori ancora assiderati nel gelo dell'assenza di amor Dio. E così tanti nostri fratelli ancora “pellegrini nella notte” troveranno quella luce e quel fuoco che Gesù è venuto a portare. “Sono venuto a portare un fuoco sulla Terra e come vorrei che fosse già acceso”. Aiutiamo il Signore ad accendere il fuoco .

Fonte:www.qumran2.net

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