Don Marco Ceccarelli, "Natività di san Giovanni Battista "

Natività di san Giovanni Battista – 24 Giugno 2018
I Lettura: Is 49,1-6
II Lettura: At 13,22-26
Vangelo: Lc 1,57-66.80
- Testi di riferimento: Gen 17,12; 39,2; Lv 12,3; Dt 28,9-10; Gdc 13,4-7.24-25; 1Sam 3,19-20; 1Re
18,46; Sal 30,8-13; 80,18; 126,2; Is 8,1-2; Ger 1,5; 15,16; Mt 11,11.18; Lc 1,13-15; 1,41; At 11,21;
Rm 14,7-9; 1Cor 6,11.19-20; 2Cor 5,15; Gal 1,15; Tt 2,14; 1Pt 2,9

1. Una festa per la nascita. In questa domenica, poiché cade nel giorno della natività di Giovanni
Battista, si celebra la solennità dedicata ad essa. La domanda che sorge subito spontanea riguarda il
motivo di tale solennità. Infatti, ai personaggi importanti degli albori del cristianesimo riserviamo
una celebrazione non per la loro nascita, ma per il loro martirio, come nel caso di Pietro e Paolo.
Anche per Giovanni Battista esiste tale celebrazione (29 Agosto). Ma alla sua nascita viene data addirittura
maggiore importanza. Questo ci fa intuire che la nascita di Giovanni presenta della caratteristiche
peculiari. Quali? Nella risposta a questa domanda troveremo il senso e il messaggio dell’odierna
celebrazione.
2. “Un profeta e più che un profeta”.
- La nascita di Giovanni va insieme al suo concepimento e all’annuncio del suo concepimento. Questo
è chiaro dal Vangelo odierno in cui il padre conferma che il bambino deve essere chiamato con
il nome che aveva sentito dall’angelo (Lc 1,13). In quell’annuncio l’angelo aveva indicato che Giovanni
avrebbe svolto una missione profetica nei confronti del popolo. E tuttavia egli non sarebbe
stato un profeta “normale”, perché sarebbe stato consacrato fin dal seno materno. Questo è il senso
di quanto si afferma in Lc 1,15: «Non berrà vino, né alcolici, ma sarà riempito di Spirito Santo fin
dal seno di sua madre».
- Nell’Antico Testamento possiamo individuare due tipologie di profeti o più in generale di personaggi
chiamati da Dio per una missione. Alcuni vengono chiamati in un certo momento della loro
vita, mentre stanno conducendo una vita normale, da uomini comuni (cfr. Am 7,14-15). Svolgono
per un tempo la loro missione e, probabilmente, una volta terminata, ritornano a condurre la vita di
prima. Questa sembra essere la tipologia più diffusa. Ce n’è però anche un’altra che comprende personaggi
i quali ricevono la chiamata fin dal momento della loro nascita, o meglio, del loro concepimento.
Questo tipo di chiamata si caratterizza per una totale dedizione alla missione ricevuta,
fin’anche alle estreme conseguenze.
- Consacrati dal seno materno. Nella prima lettura, per esempio, si presenta il caso di un personaggio
che afferma: «il Signore mi ha chiamato fin dal seno materno, dalle viscere di mia madre ha
pronunciato il mio nome» (Is 49,1). La seconda affermazione indica un’appartenenza a Dio, la quale
diventa fondamento della chiamata e del modo in cui il personaggio svolgerà tale chiamata. Colui
che si trova in questa situazione affronterà la missione fino alla fine, costi quel che costi, anche nel
momento in cui tutto apparirà come inutile. Così nel v. 4 in cui si esprime una crisi profonda, quel
tipo di crisi che sorge dal sperimentare l’inutilità della propria missione, egli manifesta ciononostante
anche la volontà di continuare nell’opera. E infatti sappiamo come questo personaggio – cosiddetto
“Servo di Jahvè” – non si volterà indietro (Is 50,5-6), non scapperà dalla missione, fino a dare
la vita per essa (Is 53,7-9). Ciò non è per nulla scontato. Infatti, perché uno dovrebbe continuare in
una missione che si presenta inutile, che non riscontra alcun successo e non trova alcuna risposta
positiva? Uno potrebbe dire: mi dedico a qualcos’altro. Di fatto però vediamo che questi personaggi
continuano fino in fondo, anche contro ogni logica umana, nella loro chiamata. Se un altro potrebbe
dire: cambio mestiere, faccio un’altra vita, in loro appare invece la consapevolezza che non esiste
un’altra vita al di fuori della chiamata e della missione che hanno ricevuto. La loro vita appartiene a
Dio e viene dedicata alla missione, fino all’ultimo.
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- Così sarà anche per Geremia che è stato consacrato e chiamato fin dal seno materno (Ger 1,5).
Sappiamo bene che, forse come nessun altro, egli ha sperimentato l’apparente inutilità della sua
missione profetica, fin’anche a subire persecuzioni e tribolazioni a causa di essa, e ha espresso a
Dio le sue rimostranze per gli esiti negativi della sua attività. E tuttavia, anche se si lamenta con toni
a volte molto amari, e senza nemmeno ricevere spiegazioni da Colui che lo aveva inviato, egli persevera
fino in fondo nella sua missione.
- In breve. Il “consacrato fin dal seno materno” è una persona che appartiene a Dio in modo speciale
e che è consacrata alla missione che Dio gli ha assegnato. Da questa missione egli non può fuggire.
Egli non ha altra vita che quella dedicata alla missione. La sua vita non ha altro senso che quello di
svolgere fino in fondo, costi quel che costi, l’incarico che Dio gli ha dato. E così sarà esattamente
per Giovanni Battista. La sua natività ci sta a ricordare che esistono persone che appartengono a Dio
in modo particolare e sono chiamate a dare totalmente la propria vita a Lui e alla missione a loro affidata.
3. Il cristiano consacrato a Dio.
- Anche se quanto detto sopra può sembrare qualcosa che riguarda pochi, in realtà riguarda ogni cristiano.
Il cristiano, colui che è stato redento, riscattato, da Cristo, non appartiene più a se stesso, ma
a lui (1Cor 6,19-20; 7,23; Tt 2,14; Ap 5,9). I cristiani sono un popolo di consacrati (1Cor 1,2), «la
stirpe eletta, il sacerdozio regale … il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose
di Lui» (1Pt 2,9). Perciò i cristiani «non vivono più per se stessi, ma per colui che è morto
e risuscitato per loro» (2Cor 5,15). Siamo stati consacrati e chiamati dal seno di nostra madreChiesa
(Gal 1,15), per mezzo del lavacro del battesimo (1Cor 6,11) e abbiamo ricevuto la missione
di essere «irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e
degenere, nella quale dobbiamo splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita» (Fil
2,15-16).
- Da questa missione non possiamo abdicare. Non c’è altra vita per un cristiano che quella vissuta
per Cristo (Gal 2,20). Non c’è altro senso nell’essere cristiani se non quello di dare testimonianza al
Cristo risorto vivente in loro, di essere sale della terra e luce del mondo. Cristiani che non perseverassero,
che perdessero la loro missione di essere sale, non servirebbero più a nulla (Mt 5,13). Essi
invece sono chiamati a rimanere fedeli e dedicati a questa missione fino alle estreme conseguenze,
dicendo con san Paolo «non do alcun valore alla mia vita, purché io termini la mia corsa e il ministero
che ho ricevuto dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (At
20,24; cfr. Rm 14,7-8). «Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare» (Lettera
a Diogneto, X,6).

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it

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