p. José María CASTILLO, "GIOVANNI È IL SUO NOME"

S. GIOVANNI BATTISTA – 24 giugno 2018 - Commento al Vangelo
GIOVANNI È IL SUO NOME

di p. José María CASTILLO

Lc 1, 57-66.80
Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. [..] Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Il giorno di san Giovanni Battista ricorda a tutti noi il momento in cui inizia uno dei cambiamenti decisivi nella storia dell’umanità. Giovanni Battista è l’unico santo del quale la Chiesa celebra la sua nascita. All’infuori delle ragioni che avevano coloro che hanno istituito questa festa per commemorare oggi non la sua morte ma la sua nascita, deve catturare l’attenzione del credente il fatto che con la venuta di Giovanni Battista in questo mondo si chiude una tappa nella storia delle tradizioni religiose e se ne apre un’altra: “La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il Regno di Dio” (Lc 16,16; Mt 11,13). Con Giovanni si chiude la tappa segnata dalla legge religiosa e si apre la tappa del Regno, che è vita per i poveri, per i malati e per i peccatori. Detto più chiaramente: la presenza di Giovanni Battista in questo mondo annuncia a tutti noi che il “fatto religioso” si sposta. Il centro di questo fatto non sta più nel tempio e passa nella strada, nel campo, nel deserto. L’aspetto centrale non sarà più “il sacro”, ma “il profano”.
Giovanni ha rappresentato un’innovazione importante nel suo tempo. Era figlio di un sacerdote (Zaccaria) e sua madre (Elisabetta) era della famiglia di Aronne (Lc 1,5). Ossia, Giovanni era di famiglia sacerdotale in senso pieno. La cosa più logica è che facesse ciò che gli spettava, integrarsi nel Tempio e vivere come sacerdote. Ma non fece questo. Giovanni è stato un uomo del deserto, luogo di pericolo e di emarginazione sociale, nel quale vivevano persone che non avevano una buona relazione con il Tempio, come era il caso dei monaci di Qumran.
Ma Giovanni è stato solo il primo passo di uno spostamento decisivo. Il passaggio dalla tappa della Legge e del Tempio alla tappa del Regno di Dio. Però ci sono differenze tra Giovanni e Gesù. Riconducendo queste differenze all’aspetto centrale, è sicuro che il centro delle preoccupazioni di Giovanni sia stato la conversione dei peccatori, mentre il centro delle preoccupazioni di Gesù sono stati la salute dei malati e l’alimentazione (come convivialità) di tutti, specialmente dei poveri e degli esclusi sociali. La base di tutto stava nel fatto che Giovanni credeva in un Dio giustiziere e castigatore (Mt 3,12; Lc 3,17), mentre Gesù ha creduto sempre in un Padre assolutamente buono con tutti (Lc 15,11-32).

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