padre Gian Franco Scarpitta, "Contro lo Spirito e contro noi stessi"
Contro lo Spirito e contro noi stessi
padre Gian Franco Scarpitta
X Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/06/2018)
Visualizza Mc 3,20-35
Il rimedio definitivo al peccato di Adamo di cui noi tutti siamo interessanti in quanto uomini, descritto nella Prima Lettura dal libro della Genesi, ci viene dato da Gesù. Paolo infatti spiega: “Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita.
Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,17-19). E nel cap. 15 della Prima Lettera ai Corinzi, l'apostolo propone il raffronto fra “l'uomo di terra” che è il vecchio Adamo e l'uomo spirituale Gesù Cristo, che con Adamo si pone in antitesi. In definitiva Cristo, con la sua sottomissione al Padre dimessa e indiscussa, si rende obbediente fino al culmine rappresentato dalla morte di croce che reca a tutti salvezza, nella misura in cui le aberrazioni di Adamo avevano condotto tutti alla condanna e alla rovina. E' lui che sconfigge definitivamente il peccato di cui l'uomo è sempre stato vittima, risollevandoci e rigenerandoci a vita nuova nello Spirito Santo. Questo lo si riscontra soprattutto nel Sacramento del Battesimo, nel cui lavacro Cristo stesso liberandoci dal peccato originale ci innesta nel suo Corpo e ci rende Figli di Dio. Il battesimo si lega al predetto sacrificio della croce di Gesù, poiché dal corpo trafitto sul legno scaturì “acqua e sangue”, simboli per l'appunto del Battesimo e dell'Eucarestia. Dalla sottomissione della croce Cristo Nuovo Adamo ci ha giustificati e redenti. Sempre in forza dello Spirito Santo, Gesù Cristo nel Sacramento della Riconciliazione ci libera dal “peccato attuale”, quello comunemente commesso nella vita di tutti i giorni recuperandoci allo stato della grazia. “Non abbiate paura” esclama Gesù, “Io ho vinto il mondo”(Gv 16, 33) e per ciò stesso anche tutto ciò che al mondo appartiene, cioè il peccato e le funeste conseguenze che esso comporta.
Che Gesù ci abbia riscattati pagando il nostro prezzo con il suo sangue è quindi fuori discussione, ma il brano evangelico odierno descrive questi concetti con un truismo assolutamente evidente: Gesù esercita il dominio e la preponderanza sul vero fautore del peccato e del male nel mondo. Caccia i demoni con un'autorità inoppugnabile che non ammette smentite da parte di nessuno. Tutti coloro che gli stanno attorno hanno davanti l'evidenza dei fatti e la puntualità con cui questi vengono posti in essere. Gesù non ha neppure il tempo di provvedere alla proprio sostentamento neurovegetativo, tanta è la gente che in quella casa sta assistendo volentieri e tante sono le persone che probabilmente vengono da lui esorcizzate. Come poter allora avanzare insinuazioni ridicole quali “E' posseduto da Belzebù e caccia i demoni in suo nome?” Certamente è vero che “diavolo” etimologicamente significa “divido, separo” (dia - ballo) e che il principe delle tenebre è fautore di discordia e di divisione, tuttavia nessun demonio caccerebbe mai se stesso quando si tratti di entrare in possesso di un essere umano e in ogni caso non può mai Satana scacciare Satana. Il diavolo tiene troppo al suo nefasto regno e non è così ingenuo da rinunciarvi operando divisioni in se stesso. Piuttosto, le allusioni di chi vuole attribuire al maligno ciò che appartiene a Dio, quelle si, sono demoniache. Che confonde l'opera di Dio con quella del diavolo, a dispetto dell'evidenza che ha di fronte, vuole negarsi alla volontà salvifica divina, rifiutare la misericordia con cui Dio in Cristo raggiunge l'uomo debellando il suo peccato e liberandolo fino in fondo. In altre parole, rifiuta categoricamente e senza riserve la salvezza che lo Spirito Santo ha infuso. Ecco perché il peccato contro lo Spirito Santo non potrà mai ottenere il perdono: non perché Dio prenda le distanze dall'uomo peccatore, ma perché questi recalcitra di fronte alla misericordia stessa, si mostra refrattario, freddo e distaccato nonostante le prove lapalissiane della gratuità divina. La catechesi ci insegna che esistono sei peccati “contro lo Spirito Santo”: Disperare della salvezza, presumere di salvarsi senza merito, impugnare la verità conosciuta, invidiare la grazia altrui, ostinarsi nel peccato, impenitenza finale. Ciascuno di essi comporta il rifiuto dalla grazia e degli aiuti divini di cui lo stesso Spirito è latore. Potremmo dire che i Giudei astanti di Gesù cadano nel terzo di questi abominevoli peccati poiché si oppongono alla verità del Figlio di Dio Gesù Cristo che ha potere sul male e sulla morte, pur avendone la dimostrazione chiara e lampante. Come si può evitare di cadere in un baratro se nonostante tutti i divieti e i segnali di pericolo il baratro lo si cerca apposta? Come ci si può salvare se nonostante l'evidenza dell'amore di Dio si rifiuta la salvezza? Soprattutto poi quando l'opera del Signore viene ascritta fra le azioni demoniache.
Anche al giorno d'oggi c'è chi si oppone categoricamente a Gesù, anche combattendo con tutti i mezzi la fede e qualsiasi riferimento al sacro, a volte trovando tutti i pretesti per biasimare ciò che ad ogni costo si vuole biasimare e negandosi ad ogni smentita evidente. Nonostante prove tangibili e incontrovertibili dell'amore di Dio, palesate attraverso eventi e persone, c'è chi cerca con tutti i pretesti di propagandare anticlericalismo, avversione, riluttanza ai valori e alla religione, contrapponendo l'edonismo e il relativismo alla sana dottrina etica e religiosa e per ciò stesso respingendo volutamente lo stesso amore divino. C'è chi volutamente si ostina a non credere nonostante prove tangibili e ad esecrare nonostante la verità dei fatti, avanzando ogni pretesto per restare fermo nelle proprie preclusioni. Come pure c'è chi si vanta della propria perseveranza nel peccato coltivando questo quale atto di sfida o di sberleffo nei confronti della Chiesa e della classe clericale. Chi non vuole avere resipiscenze nonostante conosca la propria colpevolezza. Peccare contro lo Spirito è proprio della nostra società secolarizzata e impertinente, ma anche prescindendo dalle nostre convinzioni, chi tende a misconoscere amore e verità inevitabilmente cadrà prima o poi vittima del proprio errore e resterà ferito dalla stessa spada con la quale ha voluto colpire. Presunzione e orgoglio non possono averla vinta sulla verità. Non è fuori luogo l'invito finale di Gesù a consolidarci nella comunione e nella solidarietà qualche risposta a tutti i programmi di ostilità, poiché qualsiasi comunione cristiana è innanzitutto intimità con lo stesso Cristo che si irradia tutt'intorno e non può non passare inosservata.
Fonte:www.qumran2.net
padre Gian Franco Scarpitta
X Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/06/2018)
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Il rimedio definitivo al peccato di Adamo di cui noi tutti siamo interessanti in quanto uomini, descritto nella Prima Lettura dal libro della Genesi, ci viene dato da Gesù. Paolo infatti spiega: “Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita.
Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,17-19). E nel cap. 15 della Prima Lettera ai Corinzi, l'apostolo propone il raffronto fra “l'uomo di terra” che è il vecchio Adamo e l'uomo spirituale Gesù Cristo, che con Adamo si pone in antitesi. In definitiva Cristo, con la sua sottomissione al Padre dimessa e indiscussa, si rende obbediente fino al culmine rappresentato dalla morte di croce che reca a tutti salvezza, nella misura in cui le aberrazioni di Adamo avevano condotto tutti alla condanna e alla rovina. E' lui che sconfigge definitivamente il peccato di cui l'uomo è sempre stato vittima, risollevandoci e rigenerandoci a vita nuova nello Spirito Santo. Questo lo si riscontra soprattutto nel Sacramento del Battesimo, nel cui lavacro Cristo stesso liberandoci dal peccato originale ci innesta nel suo Corpo e ci rende Figli di Dio. Il battesimo si lega al predetto sacrificio della croce di Gesù, poiché dal corpo trafitto sul legno scaturì “acqua e sangue”, simboli per l'appunto del Battesimo e dell'Eucarestia. Dalla sottomissione della croce Cristo Nuovo Adamo ci ha giustificati e redenti. Sempre in forza dello Spirito Santo, Gesù Cristo nel Sacramento della Riconciliazione ci libera dal “peccato attuale”, quello comunemente commesso nella vita di tutti i giorni recuperandoci allo stato della grazia. “Non abbiate paura” esclama Gesù, “Io ho vinto il mondo”(Gv 16, 33) e per ciò stesso anche tutto ciò che al mondo appartiene, cioè il peccato e le funeste conseguenze che esso comporta.
Che Gesù ci abbia riscattati pagando il nostro prezzo con il suo sangue è quindi fuori discussione, ma il brano evangelico odierno descrive questi concetti con un truismo assolutamente evidente: Gesù esercita il dominio e la preponderanza sul vero fautore del peccato e del male nel mondo. Caccia i demoni con un'autorità inoppugnabile che non ammette smentite da parte di nessuno. Tutti coloro che gli stanno attorno hanno davanti l'evidenza dei fatti e la puntualità con cui questi vengono posti in essere. Gesù non ha neppure il tempo di provvedere alla proprio sostentamento neurovegetativo, tanta è la gente che in quella casa sta assistendo volentieri e tante sono le persone che probabilmente vengono da lui esorcizzate. Come poter allora avanzare insinuazioni ridicole quali “E' posseduto da Belzebù e caccia i demoni in suo nome?” Certamente è vero che “diavolo” etimologicamente significa “divido, separo” (dia - ballo) e che il principe delle tenebre è fautore di discordia e di divisione, tuttavia nessun demonio caccerebbe mai se stesso quando si tratti di entrare in possesso di un essere umano e in ogni caso non può mai Satana scacciare Satana. Il diavolo tiene troppo al suo nefasto regno e non è così ingenuo da rinunciarvi operando divisioni in se stesso. Piuttosto, le allusioni di chi vuole attribuire al maligno ciò che appartiene a Dio, quelle si, sono demoniache. Che confonde l'opera di Dio con quella del diavolo, a dispetto dell'evidenza che ha di fronte, vuole negarsi alla volontà salvifica divina, rifiutare la misericordia con cui Dio in Cristo raggiunge l'uomo debellando il suo peccato e liberandolo fino in fondo. In altre parole, rifiuta categoricamente e senza riserve la salvezza che lo Spirito Santo ha infuso. Ecco perché il peccato contro lo Spirito Santo non potrà mai ottenere il perdono: non perché Dio prenda le distanze dall'uomo peccatore, ma perché questi recalcitra di fronte alla misericordia stessa, si mostra refrattario, freddo e distaccato nonostante le prove lapalissiane della gratuità divina. La catechesi ci insegna che esistono sei peccati “contro lo Spirito Santo”: Disperare della salvezza, presumere di salvarsi senza merito, impugnare la verità conosciuta, invidiare la grazia altrui, ostinarsi nel peccato, impenitenza finale. Ciascuno di essi comporta il rifiuto dalla grazia e degli aiuti divini di cui lo stesso Spirito è latore. Potremmo dire che i Giudei astanti di Gesù cadano nel terzo di questi abominevoli peccati poiché si oppongono alla verità del Figlio di Dio Gesù Cristo che ha potere sul male e sulla morte, pur avendone la dimostrazione chiara e lampante. Come si può evitare di cadere in un baratro se nonostante tutti i divieti e i segnali di pericolo il baratro lo si cerca apposta? Come ci si può salvare se nonostante l'evidenza dell'amore di Dio si rifiuta la salvezza? Soprattutto poi quando l'opera del Signore viene ascritta fra le azioni demoniache.
Anche al giorno d'oggi c'è chi si oppone categoricamente a Gesù, anche combattendo con tutti i mezzi la fede e qualsiasi riferimento al sacro, a volte trovando tutti i pretesti per biasimare ciò che ad ogni costo si vuole biasimare e negandosi ad ogni smentita evidente. Nonostante prove tangibili e incontrovertibili dell'amore di Dio, palesate attraverso eventi e persone, c'è chi cerca con tutti i pretesti di propagandare anticlericalismo, avversione, riluttanza ai valori e alla religione, contrapponendo l'edonismo e il relativismo alla sana dottrina etica e religiosa e per ciò stesso respingendo volutamente lo stesso amore divino. C'è chi volutamente si ostina a non credere nonostante prove tangibili e ad esecrare nonostante la verità dei fatti, avanzando ogni pretesto per restare fermo nelle proprie preclusioni. Come pure c'è chi si vanta della propria perseveranza nel peccato coltivando questo quale atto di sfida o di sberleffo nei confronti della Chiesa e della classe clericale. Chi non vuole avere resipiscenze nonostante conosca la propria colpevolezza. Peccare contro lo Spirito è proprio della nostra società secolarizzata e impertinente, ma anche prescindendo dalle nostre convinzioni, chi tende a misconoscere amore e verità inevitabilmente cadrà prima o poi vittima del proprio errore e resterà ferito dalla stessa spada con la quale ha voluto colpire. Presunzione e orgoglio non possono averla vinta sulla verità. Non è fuori luogo l'invito finale di Gesù a consolidarci nella comunione e nella solidarietà qualche risposta a tutti i programmi di ostilità, poiché qualsiasi comunione cristiana è innanzitutto intimità con lo stesso Cristo che si irradia tutt'intorno e non può non passare inosservata.
Fonte:www.qumran2.net
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