don Marco Pedron, "Compi il tuo miracolo"
Compi il tuo miracolo
don Marco Pedron
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Visualizza Gv 6,1-15
Oggi il vangelo ci presenta il miracolo della moltiplicazione dei pani. Per tutto il mese di agosto il vangelo ci presenterà il capitolo 6 di Gv.
Dev'essere stato qualcosa di sconvolgente, di enorme, impresso nel cuore e nella mente della gente del tempo. Infatti tutti i vangeli lo raccontano (ed è raro) e Mc e Mt lo raccontano addirittura due volte.
Quando'ero piccolo dicevo: "Che forte Gesù! Con cinque pani e due pesci ha sfamato cinquemila persone: ci vorrebbe anche oggi uno così!". Con i miei occhi di bambino vedevo Gesù come tutti i bimbi vedono il loro papà: uno che può fare tutto (il loro papà è un idolo, il più grande, il più forte, il più potente). E pensavo che Gesù veramente avesse il potere di creare pane e pesci dal niente, moltiplicandoli. Anche se subito dopo mi facevo un'altra domanda: "Ma se Gesù aveva questo potere (e mi dicevo: "Se l'ha fatto vuol dire che ce l'aveva") perché non li ha sfamati tutti? E perché non lo ha fatto ogni giorno? Perché non ha fatto una panetteria gratis per tutti?". E quando mi chiedevo questo c'era qualcosa che non quadrava. Poi crescendo ho scoperto che le cose non sono proprio andate così come pensavo io.
Ma come sono andate? Cos'è successo? Per capire questo miracolo dobbiamo tener presente alcune cose.
1. La prima: nell'A.T. altre volte un profeta aveva nutrito un gran numero di persone. Molto simile a quest'episodio è la distribuzione di cibo di Eliseo (I lettura) che ricalca il miracolo di Gesù. Eliseo ordina al suo servo di dare da mangiare a cento persone con due pani d'orzo e di farro. Ma il servo obietta: "Ma com'è possibile sfamare tutta questa gente?". Eliseo gli comanda di darlo alla gente. Il servo lo fa', la gente è sfamata e anche ne avanza.
Cosa si vuol dire allora? Se Gesù con cinque pani e due pesci sfama cinquemila uomini (mentre Eliseo ne ha sfamati cento con due pani) allora Gesù è ben più che Eliseo (ed Eliseo era considerato uno dei più grandi profeti!). Nessuno opera ciò che Gesù opera. Gesù è davvero il più grande di tutti!
2. Le parole del vangelo sono parole evocative e simboliche. Dov'è che noi sentiamo queste parole? Ogni volta che veniamo a messa il sacerdote le ripete: "Gesù prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Prendete e mangiatene"".
Ma anche per i primi cristiani queste parole erano fondamentali perché ricordavano l'Ultima Cena di Gesù, il suo donarsi a noi fino in fondo. Le celebrazioni eucaristiche erano il ricordo vivo di Lui.
Cosa si vuol dire allora? Gesù viene a te oggi, domani, dopodomani e ogni giorno. Gesù è un pane che ti nutre ma che questo, a differenza del pane del mondo, della terra, non si esaurisce e non finisce mai. E' infatti il pane del cielo. Gesù sfama e nutre sempre; Gesù c'è sempre.
3. C'era una cosa sconvolgente che Gesù faceva per cui le persone rimanevano scandalizzate. Gesù, infatti, mangiava con i peccatori e con i pubblicani.
La famosa parabola del figlio prodigo viene detta da Gesù proprio per questo motivo: "Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". Allora per loro egli disse questa parabola".
Chi sono i peccatori? I peccatori sono coloro che hanno trasgredito l'Alleanza in maniera deliberata e che non si sono pentiti di ciò. Oggi noi diremo i "cattivi cristiani", quelli che "non sono in grazia".
E i pubblicani chi sono? I pubblicani sono persone che riscuotono le tasse: per questo loro lavoro erano considerati a priori ladri e impuri. Dire pubblicano era dire ad uno "ladro": l'identificazione era ovvia.
Ma non solo: Gesù ammetteva alla sua tavola anche le donne, le prostitute. Le prostitute del tempo lavoravano in piccoli bordelli (in genere tenuti da schiavi), erano anch'esse schiave, donne vendute dai genitori, donne ripudiate o vedove senza protettore. Si accostavano a feste e banchetti in cerca di clienti. Questa cosa era uno scandalo totale. "Ma come? Un uomo di Dio che mangia con questa gente? Che vergogna! Che schifo! E si proclama Figlio di Dio!?".
Se mi siedo a tavola con te vuol dire che nutro per te rispetto, fiducia e amicizia. Non si mangia con chiunque, non si va a tavola con i nemici e non si va in casa di chi non si sopporta. In tutte le società il pasto è un microcosmo, un osservatorio dove si capiscono le relazioni. I ricchi mangiano con i ricchi; i poveri con i poveri; quelli famosi in certi locali, gli altri in altri. Dimmi con chi mangi - potremmo dire - e ti dirò chi sei.
Che fa Gesù? Si siede e mangia a tavola con tutti. La sua tavola è aperta a tutti: nessuno si deve sentire escluso, non occorre essere puri e non è neppure necessario lavarsi le mani. Sei peccatore? Vieni a tavola! Sei impuro? Vieni a mangiare! Sei fuori dalla religione? Siediti con noi!
Gesù stabilisce nel gesto trasgressivo e provocatorio della tavola la sua legge: "Misericordia io voglio e non sacrificio, giudizio o esclusione".
Ora tutto questo risultava incredibile per la gente esclusa: "Dio vuole anche noi?". "Sì, anche voi!". "Ma noi siamo peccatori, siamo esclusi, siamo gentaglia, siamo impuri!". "Non importa vieni a mangiare anche tu! Dio ti ama lo stesso, anzi di più, perché ne hai più bisogno". Questo creava un'invidia e una rabbia incredibile nei "giusti", nei "perfetti", nei "buoni"!
Ma c'è di più. Gesù dice: "Guardate che Dio è così. Dio non vuole un banchetto di brava gente; Dio vuole un banchetto dove ci siano tutti.
E quando parlava del Regno di Dio usava spesso proprio l'immagine delle nozze, di una gran festa e di un gran pranzo dove tutti erano presenti, anche gli storpi, gli zoppi, i ciechi e gli ultimi. Per questo le persone che si sentivano marchiate a sangue, macchiate inesorabilmente, indegne di vivere, quando lasciavano penetrare quest'annuncio fino al loro cuore, cambiavano vita, ne erano contagiate, appassionate e non potevano che seguirlo.
Gesù su questo è stato chiaro: tutti sono invitati a tavola. E lo ha detto senza ombra di dubbio! Come chiesa dobbiamo riflettere su questo; se la chiesa esclude qualcuno fa qualcosa che Gesù non voleva si facesse.
La moltiplicazione dei pani vuol dire allora: Gesù si dà a tutti, indistintamente. Dio vuole essere Pane per tutti, al di là dei meriti delle persone. Perché il suo amore è incondizionato. La moltiplicazione dei pani e dei pesci è un racconto che sintetizza e riunifica un'infinità di intenzioni.
Ma che cosa sarà successo storicamente? Più o meno dev'essere andata così: Gesù aveva l'abitudine di banchettare. Uno di questi banchetti dev'essere rimasto nella mente e nel cuore per la situazione, l'intensità, la carica emotiva del momento, ed è stato anche l'Ultimo (Ultima Cena).
Ma ce ne deve essere stato un altro di particolarmente memorabile. Memorabile per la gran moltitudine di gente e per il luogo (lago di Galilea); di solito in città o nei villaggi. Ciascuno deve aversi portato via qualcosa da casa (ovvio!: nessuno va in gita per uno-due giorni senza cibo). Gesù poi deve aver invitato tutti a condividere quello che avevano, un miracolo: ne avanzarono perfino.
Dopo la morte di Gesù (sotto la luce della Pasqua) questo memorabile pasto (se si condivide ce n'è per tutti) è diventato un pasto miracoloso (Gesù ha sfamato tutti).
Cosa può voler dire per noi questo vangelo. Tante cose; ad esempio...
1. Tutto inizia da poco. Fidati di te e della Vita.
Frere Roger di Taizè iniziò il suo percorso seguendo un'intuizione semplice: vivere Cristo nella comunione e nella condivisione con altre persone; all'inizio con due-tre amici. Ospitava qualche fuggiasco ebreo e si nutrivano di minestre di ortiche. Chi l'avrebbe detto? Oggi Taizè è visitata da milioni di persone ogni anno.
Madre Teresa iniziò da sola seguendo la sua intuizione: era stanca di servire le nobili inglesi, lei voleva portare il suo amore a chi ne aveva realmente bisogno. Iniziò da sola. Chi l'avrebbe detto?
Lech Walesa seguì la sua intuizione per un lavoro più giusto per lui e per gli operai della sua fabbrica nei cantieri di Danzica. Chi l'avrebbe mai detto che da quell'episodio la Polonia si sarebbe affrancata dal comunismo?
Tutto inizia da poco. Tutto ciò che è grande un giorno fu piccolo.
2. Più si condivide e più le cose si moltiplicano. Più si mette insieme e più i miracoli s'avverano. Se ognuno fa la sua parte l'impossibile diventa possibile.
Mentre la società tende a dividerci sempre più, a privatizzarci, a singolarizzarci, noi abbiamo bisogno di metterci insieme, di aiutarci, di condividere, di offrire ciascuno ciò che può offrire.
C'è una storia africana che dice che un vecchio morente chiama la famiglia al suo capezzale. Da un bastone corto e robusto ai numerosi figli, mogli e parenti. "Rompete il bastone", dice loro. E con un po' di fatica tutti riescono a spezzarlo a metà. "Ecco come vanno le cose quando un'anima è sola, senza nessuno. E' facile spezzarla", dice il vecchio. Poi il vecchio dà un altro bastone a tutti i famigliari: "Ecco come vorrei che viveste dopo la mia dipartita. Riunite insieme tutti i bastoni e ora spezzate a metà il fascio". Tutti ci provano e nessuno riesce a spezzare il fascio di bastoni. Siamo forti quando siamo uniti. Quando siamo uniti possiamo compiere l'impossibile.
Se condividiamo le nostre risorse, se le mettiamo in circolo, possiamo compiere miracoli. La condivisione di idee genera moltiplicazione di soluzioni. La condivisione delle nostre capacità genera la moltiplicazione delle iniziative. La condivisione dei sentimenti genera la moltiplicazione dell'unione.
Quante volte si sente dire: "Se non lo fanno gli altri, io non lo faccio". Bravo! Dove vuoi che andiamo se tutti ragionano così? Quante volte si sente dire: "Chi fa da sé fa per tre". Oppure: "Tutti pensano a sé". Oppure: "Che lo facciano gli altri!". Oppure: "Io non rischio per gli altri!".
Non è meraviglioso il gesto di quel ragazzo: "Io ho questo: può servire?". "Io so fare questo, come posso essere utile?". Metti a disposizione ciò che sei.
3. Accetta ciò che sei. Le parole centrali di questo vangelo "prese i pani, rese grazie e li distribuì", le sentiamo ogni volta che andiamo all'eucarestia.
Sono poco, cinque pani e due pesci? Non importa; lo prendo e ringrazio per ciò che sono. Se amo il poco che sono accadrà il miracolo: sarà utile in maniera incredibile.
Sono poco se guardo a me o se accampo scuse. Sono moltissimo se guardo a Lui e credo in Lui e in me.
I discepoli non credevano nelle loro possibilità: di fronte a quella situazione e alla proposta di Gesù si saranno messi a ridere oppure avranno detto: "Ma dai, Gesù, non scherziamo!".
Quante volte ti capita di non accettarti, di vederti con cinque pani e due pesci di fronte a cinquemila uomini. Allora inizi a dire: "Io non ho il suo talento; io non ho la sua forza; io non ho la sua volontà; io non ho la sua simpatia; io non ho la sua cultura; io non ho la sua esperienza; io non ho la sua fantasia; io non ho il suo dinamismo; io non ho le sue qualità". E così invece di guardare a ciò che abbiamo passiamo tutto il tempo a vedere cos'hanno gli altri e a confrontarci. Ma il vero vincente non è colui che supera gli altri ma colui che supera se stesso.
Prendo ciò che sono e non dico: "E' tanto, è poco, è niente, non sono capace" ma dico: "Io ho questo: accetto e amo questo". E questo che sono lo metto a disposizione. Accadrà il miracolo.
Og Mandino, un grande scrittore americano, aveva un grande sogno: diventare scrittore. Ma, con pochi soldi e soprattutto con poca fiducia, abbandonò il suo sogno. D'altronde: "Io non sono nessuno", si diceva spesso. Un giorno andò a comprarsi una pistola per uccidersi. Per fortuna che una voce dentro di sé, prima di farlo, gli sussurrò: "Perché non ti dai un'altra possibilità?".
Lisa Bourbeau aveva il medesimo sogno. Quando ne parlò con gli insegnanti questi gli dissero: "Tu? Ma figuriamoci! Una scrittrice, tu? Con tutti gli errori di ortografia che fai? Ma dove vivi?". E così, infatti, rinunciò al suo sogno. E quando arrivò il momento di scegliere una carriera, non osò nemmeno pensarci. Era convinta di non avere le doti necessarie.
Io ho bisogno di prendere quello che sono e di non pesarlo se è tanto o poco ("Quanto sono bravo? Sono più degli altri? Sono meno? Cosa sono rispetto agli altri?") ma di fidarmi di ciò che sono.
Non giudico ciò che sono ma lo accetto, lo amo. Se inizio a chiedermi "quanto" allora come gli apostoli non potrò che dire: "Non è sufficiente".
4. Accetta ciò che sei, anche se ti sembra poco, e si moltiplicherà.
Un ragazzo amava la danza. In una cultura maschile "pallonara" come la nostra veniva sempre preso in giro e chiamato "femminuccia". Era sempre diviso tra seguire ciò che lui amava e il giudizio dei suoi amici. Adesso è un ballerino e la sua gioia fu enorme il giorno in cui alcuni compagni lo andarono a vedere in un'esibizione.
C'era un ragazzo un po' bruttino e che tutte le ragazze evitavano. Non poteva accettare la cosa. Ma così facendo diventava scontroso e inavvicinabile. Trovò una compagna solo quando accettò che forse non era Tom Cruise ma che aveva tante altre qualità: sapeva amare, profondo, sensibile e creativo.
E' difficile accettarsi, credere nel proprio valore, di essere una benedizione dopo certi fatti della vita. E' difficile prendersi, amarsi, credere nel proprio valore dopo certe situazioni. E se non ci si ama non ci si "moltiplica"; non ci può essere allora felicità, pienezza, intensità.
Per non sentirci rifiutati, rifiutiamo gli altri o ci allontaniamo prima ancora di essere abbandonati. C'è una donna che dopo un po' lascia tutti i suoi compagni adducendo pretesti banali. Siccome teme che siano loro a lasciarla (anche sua madre la lasciò al padre per andarsene con un altro uomo) per evitarsi questo dolore li lascia prima lei.
Per non evitare di essere criticati, non facciamo mai nulla oppure facciamo più del dovuto. C'è una persona che quando si parla non dice mai il suo pensiero ed è accomodante sempre e con tutti. A lei va sempre bene tutto: ha una paura folle che qualcuno le possa dire qualcosa. Siccome è stata molto giudicata da piccola adesso tenta di preservarsi in tutte le maniere. Un'altra che quando si va a mangiare a casa sua ti prepara ogni volta un pranzo di nozze. Teme che qualcuno non possa essere contento, che qualcuno la possa criticare.
Per non incontrare la nostra vulnerabilità ci occupiamo delle debolezze degli altri. Oppure per non incontrare il nostro senso di impotenza che ci portiamo dentro, vestiamo i panni del salvatore. C'è un uomo che si "disfa" per gli altri, che è sempre disponibile, che è vicino a chiunque soffre ma non sa riconoscere le paure che ha dentro, i suoi pianti e i disagi della sua famiglia.
Per non permettere a nessuno di avere potere su di noi, esercitiamo il controllo sugli altri e sulle situazioni. C'è una giovane moglie che controlla il marito in tutto: lo richiama su come mette i vestiti nel mobile, su come lascia la doccia, su come piega le lenzuola, su come prepara la tavola. Gli fa sentire chiaramente "chi comanda", chi ha il potere in casa. E' un modo con cui si difende. Da piccola, infatti, i suoi genitori esercitavano un controllo spietato su di lei e lei non vuole più soffrire così tanto ed essere gestita. Così, per sicurezza, per paura che riaccada, gestisce lei.
Allora come nel vangelo io vorrei prendere in mano i miei cinque pani, vorrei sentire il mio valore. Voglio avere il coraggio di dirmi: "Quello che sei va bene. Non importa cosa sei: quello che sei oggi va bene. Puoi dare e iniziare a distribuire, offrire, ciò che sei". Se posso percepire quello che sono, se posso benedire ciò che sono, anche se all'inizio mi sembra poco e vorrei non vedermi così, scoprirò la grandezza di ciò che sono: è il miracolo della moltiplicazione.
Il finale del vangelo è stupendo: "Raccolsero e riempirono due canestri con i pezzi avanzati dei cinque pani". Se ho il coraggio di accettarmi per quello che sono allora la mia vita sarà sovrabbondante, ricca, piena. Anche i discepoli non credettero a Gesù: "Con quello che c'è qui come può essere come tu dici?". Eppure!
Se mi fido di ciò che sono scoprirò l'infinita ricchezza della mia vita. E' un miracolo perché bisogna osare crederci. Chi vuole moltiplicare la vita (più soldi, più fama, più cose, più riconoscimenti) la dimezza. Chi accetta la vita la moltiplica.
Pensiero della Settimana
Tutto è possibile se tu lo credi;
nulla è possibile se tu non lo credi.
Fonte:www.qumran2.net
don Marco Pedron
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
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Oggi il vangelo ci presenta il miracolo della moltiplicazione dei pani. Per tutto il mese di agosto il vangelo ci presenterà il capitolo 6 di Gv.
Dev'essere stato qualcosa di sconvolgente, di enorme, impresso nel cuore e nella mente della gente del tempo. Infatti tutti i vangeli lo raccontano (ed è raro) e Mc e Mt lo raccontano addirittura due volte.
Quando'ero piccolo dicevo: "Che forte Gesù! Con cinque pani e due pesci ha sfamato cinquemila persone: ci vorrebbe anche oggi uno così!". Con i miei occhi di bambino vedevo Gesù come tutti i bimbi vedono il loro papà: uno che può fare tutto (il loro papà è un idolo, il più grande, il più forte, il più potente). E pensavo che Gesù veramente avesse il potere di creare pane e pesci dal niente, moltiplicandoli. Anche se subito dopo mi facevo un'altra domanda: "Ma se Gesù aveva questo potere (e mi dicevo: "Se l'ha fatto vuol dire che ce l'aveva") perché non li ha sfamati tutti? E perché non lo ha fatto ogni giorno? Perché non ha fatto una panetteria gratis per tutti?". E quando mi chiedevo questo c'era qualcosa che non quadrava. Poi crescendo ho scoperto che le cose non sono proprio andate così come pensavo io.
Ma come sono andate? Cos'è successo? Per capire questo miracolo dobbiamo tener presente alcune cose.
1. La prima: nell'A.T. altre volte un profeta aveva nutrito un gran numero di persone. Molto simile a quest'episodio è la distribuzione di cibo di Eliseo (I lettura) che ricalca il miracolo di Gesù. Eliseo ordina al suo servo di dare da mangiare a cento persone con due pani d'orzo e di farro. Ma il servo obietta: "Ma com'è possibile sfamare tutta questa gente?". Eliseo gli comanda di darlo alla gente. Il servo lo fa', la gente è sfamata e anche ne avanza.
Cosa si vuol dire allora? Se Gesù con cinque pani e due pesci sfama cinquemila uomini (mentre Eliseo ne ha sfamati cento con due pani) allora Gesù è ben più che Eliseo (ed Eliseo era considerato uno dei più grandi profeti!). Nessuno opera ciò che Gesù opera. Gesù è davvero il più grande di tutti!
2. Le parole del vangelo sono parole evocative e simboliche. Dov'è che noi sentiamo queste parole? Ogni volta che veniamo a messa il sacerdote le ripete: "Gesù prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Prendete e mangiatene"".
Ma anche per i primi cristiani queste parole erano fondamentali perché ricordavano l'Ultima Cena di Gesù, il suo donarsi a noi fino in fondo. Le celebrazioni eucaristiche erano il ricordo vivo di Lui.
Cosa si vuol dire allora? Gesù viene a te oggi, domani, dopodomani e ogni giorno. Gesù è un pane che ti nutre ma che questo, a differenza del pane del mondo, della terra, non si esaurisce e non finisce mai. E' infatti il pane del cielo. Gesù sfama e nutre sempre; Gesù c'è sempre.
3. C'era una cosa sconvolgente che Gesù faceva per cui le persone rimanevano scandalizzate. Gesù, infatti, mangiava con i peccatori e con i pubblicani.
La famosa parabola del figlio prodigo viene detta da Gesù proprio per questo motivo: "Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". Allora per loro egli disse questa parabola".
Chi sono i peccatori? I peccatori sono coloro che hanno trasgredito l'Alleanza in maniera deliberata e che non si sono pentiti di ciò. Oggi noi diremo i "cattivi cristiani", quelli che "non sono in grazia".
E i pubblicani chi sono? I pubblicani sono persone che riscuotono le tasse: per questo loro lavoro erano considerati a priori ladri e impuri. Dire pubblicano era dire ad uno "ladro": l'identificazione era ovvia.
Ma non solo: Gesù ammetteva alla sua tavola anche le donne, le prostitute. Le prostitute del tempo lavoravano in piccoli bordelli (in genere tenuti da schiavi), erano anch'esse schiave, donne vendute dai genitori, donne ripudiate o vedove senza protettore. Si accostavano a feste e banchetti in cerca di clienti. Questa cosa era uno scandalo totale. "Ma come? Un uomo di Dio che mangia con questa gente? Che vergogna! Che schifo! E si proclama Figlio di Dio!?".
Se mi siedo a tavola con te vuol dire che nutro per te rispetto, fiducia e amicizia. Non si mangia con chiunque, non si va a tavola con i nemici e non si va in casa di chi non si sopporta. In tutte le società il pasto è un microcosmo, un osservatorio dove si capiscono le relazioni. I ricchi mangiano con i ricchi; i poveri con i poveri; quelli famosi in certi locali, gli altri in altri. Dimmi con chi mangi - potremmo dire - e ti dirò chi sei.
Che fa Gesù? Si siede e mangia a tavola con tutti. La sua tavola è aperta a tutti: nessuno si deve sentire escluso, non occorre essere puri e non è neppure necessario lavarsi le mani. Sei peccatore? Vieni a tavola! Sei impuro? Vieni a mangiare! Sei fuori dalla religione? Siediti con noi!
Gesù stabilisce nel gesto trasgressivo e provocatorio della tavola la sua legge: "Misericordia io voglio e non sacrificio, giudizio o esclusione".
Ora tutto questo risultava incredibile per la gente esclusa: "Dio vuole anche noi?". "Sì, anche voi!". "Ma noi siamo peccatori, siamo esclusi, siamo gentaglia, siamo impuri!". "Non importa vieni a mangiare anche tu! Dio ti ama lo stesso, anzi di più, perché ne hai più bisogno". Questo creava un'invidia e una rabbia incredibile nei "giusti", nei "perfetti", nei "buoni"!
Ma c'è di più. Gesù dice: "Guardate che Dio è così. Dio non vuole un banchetto di brava gente; Dio vuole un banchetto dove ci siano tutti.
E quando parlava del Regno di Dio usava spesso proprio l'immagine delle nozze, di una gran festa e di un gran pranzo dove tutti erano presenti, anche gli storpi, gli zoppi, i ciechi e gli ultimi. Per questo le persone che si sentivano marchiate a sangue, macchiate inesorabilmente, indegne di vivere, quando lasciavano penetrare quest'annuncio fino al loro cuore, cambiavano vita, ne erano contagiate, appassionate e non potevano che seguirlo.
Gesù su questo è stato chiaro: tutti sono invitati a tavola. E lo ha detto senza ombra di dubbio! Come chiesa dobbiamo riflettere su questo; se la chiesa esclude qualcuno fa qualcosa che Gesù non voleva si facesse.
La moltiplicazione dei pani vuol dire allora: Gesù si dà a tutti, indistintamente. Dio vuole essere Pane per tutti, al di là dei meriti delle persone. Perché il suo amore è incondizionato. La moltiplicazione dei pani e dei pesci è un racconto che sintetizza e riunifica un'infinità di intenzioni.
Ma che cosa sarà successo storicamente? Più o meno dev'essere andata così: Gesù aveva l'abitudine di banchettare. Uno di questi banchetti dev'essere rimasto nella mente e nel cuore per la situazione, l'intensità, la carica emotiva del momento, ed è stato anche l'Ultimo (Ultima Cena).
Ma ce ne deve essere stato un altro di particolarmente memorabile. Memorabile per la gran moltitudine di gente e per il luogo (lago di Galilea); di solito in città o nei villaggi. Ciascuno deve aversi portato via qualcosa da casa (ovvio!: nessuno va in gita per uno-due giorni senza cibo). Gesù poi deve aver invitato tutti a condividere quello che avevano, un miracolo: ne avanzarono perfino.
Dopo la morte di Gesù (sotto la luce della Pasqua) questo memorabile pasto (se si condivide ce n'è per tutti) è diventato un pasto miracoloso (Gesù ha sfamato tutti).
Cosa può voler dire per noi questo vangelo. Tante cose; ad esempio...
1. Tutto inizia da poco. Fidati di te e della Vita.
Frere Roger di Taizè iniziò il suo percorso seguendo un'intuizione semplice: vivere Cristo nella comunione e nella condivisione con altre persone; all'inizio con due-tre amici. Ospitava qualche fuggiasco ebreo e si nutrivano di minestre di ortiche. Chi l'avrebbe detto? Oggi Taizè è visitata da milioni di persone ogni anno.
Madre Teresa iniziò da sola seguendo la sua intuizione: era stanca di servire le nobili inglesi, lei voleva portare il suo amore a chi ne aveva realmente bisogno. Iniziò da sola. Chi l'avrebbe detto?
Lech Walesa seguì la sua intuizione per un lavoro più giusto per lui e per gli operai della sua fabbrica nei cantieri di Danzica. Chi l'avrebbe mai detto che da quell'episodio la Polonia si sarebbe affrancata dal comunismo?
Tutto inizia da poco. Tutto ciò che è grande un giorno fu piccolo.
2. Più si condivide e più le cose si moltiplicano. Più si mette insieme e più i miracoli s'avverano. Se ognuno fa la sua parte l'impossibile diventa possibile.
Mentre la società tende a dividerci sempre più, a privatizzarci, a singolarizzarci, noi abbiamo bisogno di metterci insieme, di aiutarci, di condividere, di offrire ciascuno ciò che può offrire.
C'è una storia africana che dice che un vecchio morente chiama la famiglia al suo capezzale. Da un bastone corto e robusto ai numerosi figli, mogli e parenti. "Rompete il bastone", dice loro. E con un po' di fatica tutti riescono a spezzarlo a metà. "Ecco come vanno le cose quando un'anima è sola, senza nessuno. E' facile spezzarla", dice il vecchio. Poi il vecchio dà un altro bastone a tutti i famigliari: "Ecco come vorrei che viveste dopo la mia dipartita. Riunite insieme tutti i bastoni e ora spezzate a metà il fascio". Tutti ci provano e nessuno riesce a spezzare il fascio di bastoni. Siamo forti quando siamo uniti. Quando siamo uniti possiamo compiere l'impossibile.
Se condividiamo le nostre risorse, se le mettiamo in circolo, possiamo compiere miracoli. La condivisione di idee genera moltiplicazione di soluzioni. La condivisione delle nostre capacità genera la moltiplicazione delle iniziative. La condivisione dei sentimenti genera la moltiplicazione dell'unione.
Quante volte si sente dire: "Se non lo fanno gli altri, io non lo faccio". Bravo! Dove vuoi che andiamo se tutti ragionano così? Quante volte si sente dire: "Chi fa da sé fa per tre". Oppure: "Tutti pensano a sé". Oppure: "Che lo facciano gli altri!". Oppure: "Io non rischio per gli altri!".
Non è meraviglioso il gesto di quel ragazzo: "Io ho questo: può servire?". "Io so fare questo, come posso essere utile?". Metti a disposizione ciò che sei.
3. Accetta ciò che sei. Le parole centrali di questo vangelo "prese i pani, rese grazie e li distribuì", le sentiamo ogni volta che andiamo all'eucarestia.
Sono poco, cinque pani e due pesci? Non importa; lo prendo e ringrazio per ciò che sono. Se amo il poco che sono accadrà il miracolo: sarà utile in maniera incredibile.
Sono poco se guardo a me o se accampo scuse. Sono moltissimo se guardo a Lui e credo in Lui e in me.
I discepoli non credevano nelle loro possibilità: di fronte a quella situazione e alla proposta di Gesù si saranno messi a ridere oppure avranno detto: "Ma dai, Gesù, non scherziamo!".
Quante volte ti capita di non accettarti, di vederti con cinque pani e due pesci di fronte a cinquemila uomini. Allora inizi a dire: "Io non ho il suo talento; io non ho la sua forza; io non ho la sua volontà; io non ho la sua simpatia; io non ho la sua cultura; io non ho la sua esperienza; io non ho la sua fantasia; io non ho il suo dinamismo; io non ho le sue qualità". E così invece di guardare a ciò che abbiamo passiamo tutto il tempo a vedere cos'hanno gli altri e a confrontarci. Ma il vero vincente non è colui che supera gli altri ma colui che supera se stesso.
Prendo ciò che sono e non dico: "E' tanto, è poco, è niente, non sono capace" ma dico: "Io ho questo: accetto e amo questo". E questo che sono lo metto a disposizione. Accadrà il miracolo.
Og Mandino, un grande scrittore americano, aveva un grande sogno: diventare scrittore. Ma, con pochi soldi e soprattutto con poca fiducia, abbandonò il suo sogno. D'altronde: "Io non sono nessuno", si diceva spesso. Un giorno andò a comprarsi una pistola per uccidersi. Per fortuna che una voce dentro di sé, prima di farlo, gli sussurrò: "Perché non ti dai un'altra possibilità?".
Lisa Bourbeau aveva il medesimo sogno. Quando ne parlò con gli insegnanti questi gli dissero: "Tu? Ma figuriamoci! Una scrittrice, tu? Con tutti gli errori di ortografia che fai? Ma dove vivi?". E così, infatti, rinunciò al suo sogno. E quando arrivò il momento di scegliere una carriera, non osò nemmeno pensarci. Era convinta di non avere le doti necessarie.
Io ho bisogno di prendere quello che sono e di non pesarlo se è tanto o poco ("Quanto sono bravo? Sono più degli altri? Sono meno? Cosa sono rispetto agli altri?") ma di fidarmi di ciò che sono.
Non giudico ciò che sono ma lo accetto, lo amo. Se inizio a chiedermi "quanto" allora come gli apostoli non potrò che dire: "Non è sufficiente".
4. Accetta ciò che sei, anche se ti sembra poco, e si moltiplicherà.
Un ragazzo amava la danza. In una cultura maschile "pallonara" come la nostra veniva sempre preso in giro e chiamato "femminuccia". Era sempre diviso tra seguire ciò che lui amava e il giudizio dei suoi amici. Adesso è un ballerino e la sua gioia fu enorme il giorno in cui alcuni compagni lo andarono a vedere in un'esibizione.
C'era un ragazzo un po' bruttino e che tutte le ragazze evitavano. Non poteva accettare la cosa. Ma così facendo diventava scontroso e inavvicinabile. Trovò una compagna solo quando accettò che forse non era Tom Cruise ma che aveva tante altre qualità: sapeva amare, profondo, sensibile e creativo.
E' difficile accettarsi, credere nel proprio valore, di essere una benedizione dopo certi fatti della vita. E' difficile prendersi, amarsi, credere nel proprio valore dopo certe situazioni. E se non ci si ama non ci si "moltiplica"; non ci può essere allora felicità, pienezza, intensità.
Per non sentirci rifiutati, rifiutiamo gli altri o ci allontaniamo prima ancora di essere abbandonati. C'è una donna che dopo un po' lascia tutti i suoi compagni adducendo pretesti banali. Siccome teme che siano loro a lasciarla (anche sua madre la lasciò al padre per andarsene con un altro uomo) per evitarsi questo dolore li lascia prima lei.
Per non evitare di essere criticati, non facciamo mai nulla oppure facciamo più del dovuto. C'è una persona che quando si parla non dice mai il suo pensiero ed è accomodante sempre e con tutti. A lei va sempre bene tutto: ha una paura folle che qualcuno le possa dire qualcosa. Siccome è stata molto giudicata da piccola adesso tenta di preservarsi in tutte le maniere. Un'altra che quando si va a mangiare a casa sua ti prepara ogni volta un pranzo di nozze. Teme che qualcuno non possa essere contento, che qualcuno la possa criticare.
Per non incontrare la nostra vulnerabilità ci occupiamo delle debolezze degli altri. Oppure per non incontrare il nostro senso di impotenza che ci portiamo dentro, vestiamo i panni del salvatore. C'è un uomo che si "disfa" per gli altri, che è sempre disponibile, che è vicino a chiunque soffre ma non sa riconoscere le paure che ha dentro, i suoi pianti e i disagi della sua famiglia.
Per non permettere a nessuno di avere potere su di noi, esercitiamo il controllo sugli altri e sulle situazioni. C'è una giovane moglie che controlla il marito in tutto: lo richiama su come mette i vestiti nel mobile, su come lascia la doccia, su come piega le lenzuola, su come prepara la tavola. Gli fa sentire chiaramente "chi comanda", chi ha il potere in casa. E' un modo con cui si difende. Da piccola, infatti, i suoi genitori esercitavano un controllo spietato su di lei e lei non vuole più soffrire così tanto ed essere gestita. Così, per sicurezza, per paura che riaccada, gestisce lei.
Allora come nel vangelo io vorrei prendere in mano i miei cinque pani, vorrei sentire il mio valore. Voglio avere il coraggio di dirmi: "Quello che sei va bene. Non importa cosa sei: quello che sei oggi va bene. Puoi dare e iniziare a distribuire, offrire, ciò che sei". Se posso percepire quello che sono, se posso benedire ciò che sono, anche se all'inizio mi sembra poco e vorrei non vedermi così, scoprirò la grandezza di ciò che sono: è il miracolo della moltiplicazione.
Il finale del vangelo è stupendo: "Raccolsero e riempirono due canestri con i pezzi avanzati dei cinque pani". Se ho il coraggio di accettarmi per quello che sono allora la mia vita sarà sovrabbondante, ricca, piena. Anche i discepoli non credettero a Gesù: "Con quello che c'è qui come può essere come tu dici?". Eppure!
Se mi fido di ciò che sono scoprirò l'infinita ricchezza della mia vita. E' un miracolo perché bisogna osare crederci. Chi vuole moltiplicare la vita (più soldi, più fama, più cose, più riconoscimenti) la dimezza. Chi accetta la vita la moltiplica.
Pensiero della Settimana
Tutto è possibile se tu lo credi;
nulla è possibile se tu non lo credi.
Fonte:www.qumran2.net