don Mario Simula "Ci pensano i piccoli"
Ci pensano i piccoli
don Mario Simula
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (29/07/2018)
Visualizza Gv 6,1-15
Davanti a Dio siamo più propensi a fare obiezioni che a fidarci. Forse perché le proposte di Dio contengono una dose imprevista di irresponsabilità. Il Dio del rischio e della temerarietà amorosa, non ci va molto a genio. Ci piace un Dio “garantista”. Sotto questo profilo caratteriale Dio è incorreggibile.
Perché è così? Lo fa apposta? E' dispettoso? Penso proprio di no. Credo che il suo modo di essere, nasca dal suo cuore attento alla nostra durezza di cuore. Vuole strappare dal nostro cuore di pietra la sfiducia, e seminarvi la confidenza, semplice, rannicchiata tra le sue braccia.
Questo modo di essere si sperimenta, soprattutto, quando c'è di mezzo “il pane”.
Il pane si dona. Sempre. In misura abbondante. Senza avarizia e senza sprechi. Il pane è sacro. Se cade per terra, si bacia. Se qualcuno lo mendica, si dona. Se è fresco e profumato, si condivide mettendo in prima fila chi è abituato al pane “raffermo”.
Tra Dio e il profeta Eliseo è accesa una conversazione proprio sul pane.
“Eliseo dà il pane alla gente”. “Non basta, Signore”. “Dallo tu stesso. Basterà per tutti e ne avanzerà”.
E' una rivelazione: il pane che si moltiplica nelle mani generose e aperte. Più ne dai e più ce n'è.
Anche fra Gesù è Filippo si discute del pane.
Filippo è della stessa razza degli uomini diffidenti. Quelli che noi chiamiamo ”prudenti”. Per prudenza non amano, non si sporcano le mani, non vogliono mai correre il rischio di peccare.
Ma non è un peccato insano la loro “prudenza”?
“Dove potremo comprare il pane?”. E' sempre in agguato un problema organizzativo. “Cosa rappresentano duecento denari per tanta gente? Non è più “prudente” che vadano a comprarsene?”. Vogliamo proprio coinvolgere gli altri, semplici e umili, nella epidemia della “prudenza”.
Andrea scova, in mezzo alle migliaia, un ragazzo che ha pensato a farsi dare una povera provvista prima del viaggio, per attenuare la fame della fatica: cinque pani e due pesci.
Gesù sembra dire: “Meno male che ci pensano i piccoli! Cinque pani sono una enormità. Due pesci un lusso. Bastano. Fate sedere la gente sull'erba. Deve stare bene”.
Non si può tenere il povero sulla soglia della porta. A lui offriamo la poltrona rossa. Deve parlare con noi serenamente, stando a suo agio. Possibilmente senza orologi e senza nostri appuntamenti successivi.
L'abbondanza e la sazietà, che Gesù sta sognando, sono il segno di un'accoglienza affettuosa, calda. Al cui disagio il naso e le mani e il cuore si allenano, lentamente, finché non diventano gioia e conversione per il nostro cuore.
Un ragazzo senza nome offre la materia dell'accoglienza, permette il miracolo dell'offerta generosa e bella.
Un ragazzo senza nome rivela una sapienza che soltanto lo Spirito può avere seminato in lui.
Soltanto quel ragazzo senza nome, ma disponibile, sa ascoltare Dio che parla in lui. Lo fa senza obiezioni. Lo fa senza discussioni e calcoli. Lo fa senza sperimentare avarizia. Lo fa senza gelosia per nessuno.
Lo fa certamente con allegrezza. Sarà stato felice di poter correre da Gesù e mettergli in mano tutto quello che aveva: cinque pani e due pesci. Al resto avrebbe pensato il Signore.
Stiamo partecipando ad una commovente Eucaristia. Gli sguardi si sollevano al Padre di ogni misericordia e di ogni abbondanza. Al Dio dei chicchi di grano, innumerevoli, che diventeranno un solo Pane spezzato.
Il ragazzo è accanto a Gesù, contemplativo nella sua operosità senza parole e senza vanti.
Lui stesso avrà dato una mano alla distribuzione di quel ben di Dio che ogni giorno sazia la “nostra fame e sete del Signore”.
E' il caso di dire che i ragazzi non si ammutoliscono. Mai. Occorre ascoltarli in quello che dicono e in quello che fanno. A volte ci trasmettono la saggezza che manca “ai sapienti e agli intelligenti”.
Quanto ha ragione Paolo, il prigioniero a motivo del Signore. Chiede a ciascuno di noi e a tutta la comunità, di vivere lo spirito del pane distribuito per la fame di tutti. Perché uno è il corpo, uno lo spirito, unica la speranza, uno solo è il Signore. Uno è il Padre che ci invita a sederci per terra, alla stessa mensa, per gustare lo stesso amore, la medesima accoglienza, generosa e incommensurabile.
Gesù non è questo il vero miracolo dei pani? Non lo contempliamo ad ogni Pasqua della settimana, con stupore, a meno che i nostri occhi non siano ostinatamente oscurati? Non lo riceviamo, gratis, dal Tuo Amore, perché impariamo anche noi a donarlo, giorno dopo giorno lungo le strade, nella vita quotidiana, sorpresi dall'odore intenso del nostro sudore e dalla fragranza del Tuo Cibo di vita?
don Mario Simula
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (29/07/2018)
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Davanti a Dio siamo più propensi a fare obiezioni che a fidarci. Forse perché le proposte di Dio contengono una dose imprevista di irresponsabilità. Il Dio del rischio e della temerarietà amorosa, non ci va molto a genio. Ci piace un Dio “garantista”. Sotto questo profilo caratteriale Dio è incorreggibile.
Perché è così? Lo fa apposta? E' dispettoso? Penso proprio di no. Credo che il suo modo di essere, nasca dal suo cuore attento alla nostra durezza di cuore. Vuole strappare dal nostro cuore di pietra la sfiducia, e seminarvi la confidenza, semplice, rannicchiata tra le sue braccia.
Questo modo di essere si sperimenta, soprattutto, quando c'è di mezzo “il pane”.
Il pane si dona. Sempre. In misura abbondante. Senza avarizia e senza sprechi. Il pane è sacro. Se cade per terra, si bacia. Se qualcuno lo mendica, si dona. Se è fresco e profumato, si condivide mettendo in prima fila chi è abituato al pane “raffermo”.
Tra Dio e il profeta Eliseo è accesa una conversazione proprio sul pane.
“Eliseo dà il pane alla gente”. “Non basta, Signore”. “Dallo tu stesso. Basterà per tutti e ne avanzerà”.
E' una rivelazione: il pane che si moltiplica nelle mani generose e aperte. Più ne dai e più ce n'è.
Anche fra Gesù è Filippo si discute del pane.
Filippo è della stessa razza degli uomini diffidenti. Quelli che noi chiamiamo ”prudenti”. Per prudenza non amano, non si sporcano le mani, non vogliono mai correre il rischio di peccare.
Ma non è un peccato insano la loro “prudenza”?
“Dove potremo comprare il pane?”. E' sempre in agguato un problema organizzativo. “Cosa rappresentano duecento denari per tanta gente? Non è più “prudente” che vadano a comprarsene?”. Vogliamo proprio coinvolgere gli altri, semplici e umili, nella epidemia della “prudenza”.
Andrea scova, in mezzo alle migliaia, un ragazzo che ha pensato a farsi dare una povera provvista prima del viaggio, per attenuare la fame della fatica: cinque pani e due pesci.
Gesù sembra dire: “Meno male che ci pensano i piccoli! Cinque pani sono una enormità. Due pesci un lusso. Bastano. Fate sedere la gente sull'erba. Deve stare bene”.
Non si può tenere il povero sulla soglia della porta. A lui offriamo la poltrona rossa. Deve parlare con noi serenamente, stando a suo agio. Possibilmente senza orologi e senza nostri appuntamenti successivi.
L'abbondanza e la sazietà, che Gesù sta sognando, sono il segno di un'accoglienza affettuosa, calda. Al cui disagio il naso e le mani e il cuore si allenano, lentamente, finché non diventano gioia e conversione per il nostro cuore.
Un ragazzo senza nome offre la materia dell'accoglienza, permette il miracolo dell'offerta generosa e bella.
Un ragazzo senza nome rivela una sapienza che soltanto lo Spirito può avere seminato in lui.
Soltanto quel ragazzo senza nome, ma disponibile, sa ascoltare Dio che parla in lui. Lo fa senza obiezioni. Lo fa senza discussioni e calcoli. Lo fa senza sperimentare avarizia. Lo fa senza gelosia per nessuno.
Lo fa certamente con allegrezza. Sarà stato felice di poter correre da Gesù e mettergli in mano tutto quello che aveva: cinque pani e due pesci. Al resto avrebbe pensato il Signore.
Stiamo partecipando ad una commovente Eucaristia. Gli sguardi si sollevano al Padre di ogni misericordia e di ogni abbondanza. Al Dio dei chicchi di grano, innumerevoli, che diventeranno un solo Pane spezzato.
Il ragazzo è accanto a Gesù, contemplativo nella sua operosità senza parole e senza vanti.
Lui stesso avrà dato una mano alla distribuzione di quel ben di Dio che ogni giorno sazia la “nostra fame e sete del Signore”.
E' il caso di dire che i ragazzi non si ammutoliscono. Mai. Occorre ascoltarli in quello che dicono e in quello che fanno. A volte ci trasmettono la saggezza che manca “ai sapienti e agli intelligenti”.
Quanto ha ragione Paolo, il prigioniero a motivo del Signore. Chiede a ciascuno di noi e a tutta la comunità, di vivere lo spirito del pane distribuito per la fame di tutti. Perché uno è il corpo, uno lo spirito, unica la speranza, uno solo è il Signore. Uno è il Padre che ci invita a sederci per terra, alla stessa mensa, per gustare lo stesso amore, la medesima accoglienza, generosa e incommensurabile.
Gesù non è questo il vero miracolo dei pani? Non lo contempliamo ad ogni Pasqua della settimana, con stupore, a meno che i nostri occhi non siano ostinatamente oscurati? Non lo riceviamo, gratis, dal Tuo Amore, perché impariamo anche noi a donarlo, giorno dopo giorno lungo le strade, nella vita quotidiana, sorpresi dall'odore intenso del nostro sudore e dalla fragranza del Tuo Cibo di vita?