fr. Massimo Rossi, "Pentirsi!"
Commento su Giovanni 6,24-35
fr. Massimo Rossi
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/08/2018)
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Pentirsi!
Può essere una tentazione; anzi, è una tentazione, quasi irresistibile, ogni volta che affrontiamo un'impresa nuova e rischiosa... Quante volte gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne, durante quei quarant'anni trascorsi nel deserto! Al primo pericolo, alla prima caduta, ecco che si voltavano indietro, indecisi se andare avanti oppure tornare in Egitto.
Di fronte al bivio: schiavitù o libertà? nessuno di noi esiterebbe a scegliere la libertà!
Ma ogni libertà ha un prezzo: e per taluni, il prezzo è alto, troppo alto; meglio restare, o ritornare nella propria condizione di schiavitù. Non parlo solo delle schiavitù storiche, tanto per intenderci, quelle attinenti alla razza, alla povertà, all'appartenenza ad una certa categoria sociale,... tutte inique, tutte contrarie alla dignità della persona umana.
Parlo anche di tutte le condizioni di dipendenza funzionale, come può essere la posizione di un adolescente in seno alla famiglia, per citare un esempio. Questa dipendenza non è intrinsecamente iniqua, al contrario, è funzionale alla crescita e maturazione del giovane, in vista della piena autonomia e indipendenza dalla famiglia di origine. Ebbene, anche questa dipendenza affettiva, educativa, economica, può essere vissuta come una forma di limite grave alla propria autodeterminazione, una vera schiavitù. Non entro nel merito, perché non è il luogo, né il momento.
Senonché, non appena si raggiunge la tanto sognata libertà e vengono a mancare le certezze e, perché no? le comodità della precedente condizione, ecco che lo slancio e l'entusiasmo iniziali si smorzano; mentre comincia a manifestarsi il timore, la paura di sbagliare, di smarrirsi... di non essere capaci di gestire questa libertà. Potevo pensarci ancora un po' prima di uscire dal nido; forse sono stato avventato, forse ho fatto il passo più lungo della gamba... Meglio tornare a casa; è vero che tornare a casa significa ricadere in un mondo fatto di regole che devo rispettare senza discutere... ma almeno avrò un tetto, un letto, tre pasti al giorno...
Insomma, quello che dicevano gli Israeliti, protestando contro Mosè e Aronne.
Questa volta, gli andò bene: Dio ascoltò il loro lamento, mandò la manna e le quaglie.
Ma anche questo dono ricevuto dal cielo, altro non era che una nuova forma di dipendenza, stavolta da Dio, una vera e propria schiavitù; la conosciamo bene, anche questa, vorremmo liberarcene, ma abbiamo paura che liberandoci di Dio, prendendo le distanze da Lui, ci possa accadere qualcosa di peggio: ci sono ben altre schiavitù nelle quali si può cadere; queste sì che sono tremende! Più tremende di Dio!!
Credo fosse sant'Agostino, che diceva: essere schiavi di Dio è l'unica vera libertà possibile! Liberarsi da Dio significa diventare schiavi di tutto ciò che non è Dio.
E ora andiamo con la fantasia in quel vasto altipiano, ove Gesù sta predicando al popolo: la storia la conosciamo già, ne stiamo parlando da un po'...
Che cosa c'entra questa vicenda con quella raccontata nel Libro dell'Esodo? Fin troppo scontata è la risposta: sono racconti di due eventi prodigiosi: la manna piovuta dal cielo e il pane moltiplicato da Gesù; pane quello là e pane questo qua. Ma, attenzione: il problema non si risolve così facilmente. Il secondo pane, quello moltiplicato da Gesù, non è fine a se stesso, ma allude ad altro.
In questo, il Vangelo è molto, ma molto diverso dalla manna!
La manna è manna e basta, finché c'è sfama, e costituirà il cibo degli israeliti per i quarant'anni vissuti nel deserto. Una volta arrivati alle rive del Giordano, una volta entrati in Palestina, gli Israeliti non ebbero più manna; ma, sottolinea l'Esodo, quell'anno il popolo di Dio mangiò i frutti della terra.
Il pane moltiplicato da Gesù è l'occasione per presentare se stesso come pane disceso dal cielo; e questo pane non può mancare, non deve mancare mai; perché nessun cibo della terra può sostituirlo. Non c'è alcun cibo del corpo, dello spirito, non importa,... non c'è ricchezza materiale, o non materiale, che possa surrogare il pane del corpo di Cristo!
Dove cominciano i problemi?
I problemi cominciano quando il Signore dichiara che il pane che il Padre suo manderà non è, appunto, un pane materiale, non è neppure la manna del cielo, ma è una persona: la persona di Cristo; e per poterlo pienamente ricevere, per poterne essere pienamente sfamati e dissetati, dobbiamo rompere con il passato, dobbiamo abbandonare tutto ciò che non è Lui, che non conduce a Lui, che smentisce la sua esistenza e presenza tra noi, per noi e in noi!
A questo punto il discorso di Gesù comincia a farsi difficile; e suscita le prime resistenze da parte dei dottori della Legge, degli scribi, dei farisei... Quando infine, il figlio del falegname si permette di denigrare il prodigio della manna - non Mosè vi ha dato la manna... e coloro che la mangiarono son tutti morti... - apriti Cielo! “Come osi? questo è un insulto ai nostri padri! una bestemmia al Dio di Israele!”; di questo parleremo domenica prossima... perché il discorso continua.
Ma il problema resta: scegliere Cristo significa scegliere la libertà! scegliere la libertà significa scegliere la fede, quale unico bastone da viaggio... Via tutti i puntelli, le stampelle, via i coach che vanno tanto di moda, i mentori, i santoni indiani e compagnia bella... Resta solo Cristo e la fede in Lui; o, come dice il Signore: “Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che Egli ha mandato.”. Tutto ciò che favorisce l'incontro con il Signore, è il benvenuto. Tutti coloro che con parole e gesti suscitano o rafforzano la fede in Cristo, sono benedetti da Dio! Il resto, via!
Se la fede deve diventare l'unico aiuto veramente sostanziale e insostituibile, allora dev'essere una fede forte, una fede convinta, una fede coraggiosa, una fede che sa rischiare, una fede che vince la tentazione di tornare sui propri passi, una fede che fa camminare a testa alta senza deflettere.
Non si può credere in Cristo e in qualcun altro che non è Cristo. Bisogna scegliere. E, una volta scelto, non si cambia! L'unico cambiamento che valga la pena di fare, l'unica novità che valga la pena di accogliere si chiama Gesù di Nazareth, si chiama Vangelo!
fr. Massimo Rossi
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/08/2018)
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Pentirsi!
Può essere una tentazione; anzi, è una tentazione, quasi irresistibile, ogni volta che affrontiamo un'impresa nuova e rischiosa... Quante volte gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne, durante quei quarant'anni trascorsi nel deserto! Al primo pericolo, alla prima caduta, ecco che si voltavano indietro, indecisi se andare avanti oppure tornare in Egitto.
Di fronte al bivio: schiavitù o libertà? nessuno di noi esiterebbe a scegliere la libertà!
Ma ogni libertà ha un prezzo: e per taluni, il prezzo è alto, troppo alto; meglio restare, o ritornare nella propria condizione di schiavitù. Non parlo solo delle schiavitù storiche, tanto per intenderci, quelle attinenti alla razza, alla povertà, all'appartenenza ad una certa categoria sociale,... tutte inique, tutte contrarie alla dignità della persona umana.
Parlo anche di tutte le condizioni di dipendenza funzionale, come può essere la posizione di un adolescente in seno alla famiglia, per citare un esempio. Questa dipendenza non è intrinsecamente iniqua, al contrario, è funzionale alla crescita e maturazione del giovane, in vista della piena autonomia e indipendenza dalla famiglia di origine. Ebbene, anche questa dipendenza affettiva, educativa, economica, può essere vissuta come una forma di limite grave alla propria autodeterminazione, una vera schiavitù. Non entro nel merito, perché non è il luogo, né il momento.
Senonché, non appena si raggiunge la tanto sognata libertà e vengono a mancare le certezze e, perché no? le comodità della precedente condizione, ecco che lo slancio e l'entusiasmo iniziali si smorzano; mentre comincia a manifestarsi il timore, la paura di sbagliare, di smarrirsi... di non essere capaci di gestire questa libertà. Potevo pensarci ancora un po' prima di uscire dal nido; forse sono stato avventato, forse ho fatto il passo più lungo della gamba... Meglio tornare a casa; è vero che tornare a casa significa ricadere in un mondo fatto di regole che devo rispettare senza discutere... ma almeno avrò un tetto, un letto, tre pasti al giorno...
Insomma, quello che dicevano gli Israeliti, protestando contro Mosè e Aronne.
Questa volta, gli andò bene: Dio ascoltò il loro lamento, mandò la manna e le quaglie.
Ma anche questo dono ricevuto dal cielo, altro non era che una nuova forma di dipendenza, stavolta da Dio, una vera e propria schiavitù; la conosciamo bene, anche questa, vorremmo liberarcene, ma abbiamo paura che liberandoci di Dio, prendendo le distanze da Lui, ci possa accadere qualcosa di peggio: ci sono ben altre schiavitù nelle quali si può cadere; queste sì che sono tremende! Più tremende di Dio!!
Credo fosse sant'Agostino, che diceva: essere schiavi di Dio è l'unica vera libertà possibile! Liberarsi da Dio significa diventare schiavi di tutto ciò che non è Dio.
E ora andiamo con la fantasia in quel vasto altipiano, ove Gesù sta predicando al popolo: la storia la conosciamo già, ne stiamo parlando da un po'...
Che cosa c'entra questa vicenda con quella raccontata nel Libro dell'Esodo? Fin troppo scontata è la risposta: sono racconti di due eventi prodigiosi: la manna piovuta dal cielo e il pane moltiplicato da Gesù; pane quello là e pane questo qua. Ma, attenzione: il problema non si risolve così facilmente. Il secondo pane, quello moltiplicato da Gesù, non è fine a se stesso, ma allude ad altro.
In questo, il Vangelo è molto, ma molto diverso dalla manna!
La manna è manna e basta, finché c'è sfama, e costituirà il cibo degli israeliti per i quarant'anni vissuti nel deserto. Una volta arrivati alle rive del Giordano, una volta entrati in Palestina, gli Israeliti non ebbero più manna; ma, sottolinea l'Esodo, quell'anno il popolo di Dio mangiò i frutti della terra.
Il pane moltiplicato da Gesù è l'occasione per presentare se stesso come pane disceso dal cielo; e questo pane non può mancare, non deve mancare mai; perché nessun cibo della terra può sostituirlo. Non c'è alcun cibo del corpo, dello spirito, non importa,... non c'è ricchezza materiale, o non materiale, che possa surrogare il pane del corpo di Cristo!
Dove cominciano i problemi?
I problemi cominciano quando il Signore dichiara che il pane che il Padre suo manderà non è, appunto, un pane materiale, non è neppure la manna del cielo, ma è una persona: la persona di Cristo; e per poterlo pienamente ricevere, per poterne essere pienamente sfamati e dissetati, dobbiamo rompere con il passato, dobbiamo abbandonare tutto ciò che non è Lui, che non conduce a Lui, che smentisce la sua esistenza e presenza tra noi, per noi e in noi!
A questo punto il discorso di Gesù comincia a farsi difficile; e suscita le prime resistenze da parte dei dottori della Legge, degli scribi, dei farisei... Quando infine, il figlio del falegname si permette di denigrare il prodigio della manna - non Mosè vi ha dato la manna... e coloro che la mangiarono son tutti morti... - apriti Cielo! “Come osi? questo è un insulto ai nostri padri! una bestemmia al Dio di Israele!”; di questo parleremo domenica prossima... perché il discorso continua.
Ma il problema resta: scegliere Cristo significa scegliere la libertà! scegliere la libertà significa scegliere la fede, quale unico bastone da viaggio... Via tutti i puntelli, le stampelle, via i coach che vanno tanto di moda, i mentori, i santoni indiani e compagnia bella... Resta solo Cristo e la fede in Lui; o, come dice il Signore: “Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che Egli ha mandato.”. Tutto ciò che favorisce l'incontro con il Signore, è il benvenuto. Tutti coloro che con parole e gesti suscitano o rafforzano la fede in Cristo, sono benedetti da Dio! Il resto, via!
Se la fede deve diventare l'unico aiuto veramente sostanziale e insostituibile, allora dev'essere una fede forte, una fede convinta, una fede coraggiosa, una fede che sa rischiare, una fede che vince la tentazione di tornare sui propri passi, una fede che fa camminare a testa alta senza deflettere.
Non si può credere in Cristo e in qualcun altro che non è Cristo. Bisogna scegliere. E, una volta scelto, non si cambia! L'unico cambiamento che valga la pena di fare, l'unica novità che valga la pena di accogliere si chiama Gesù di Nazareth, si chiama Vangelo!