MONASTERO MARANGO, "Il miracolo della condivisione"

Il miracolo della condivisione
Briciole dalla mensa - 17° Domenica Tempo Ordinario (anno B) - 29 luglio 2018
LETTURE 2Re 4,42-44   Sal 144   Ef 4,1-6   Gv 6,1-15

COMMENTO


Domenica scorsa il Vangelo ci raccontava come Gesù accoglieva le folle insegnando loro - anche se il suo progetto era di rimanere in disparte con gli apostoli - perché esse erano «come pecore che non hanno pastore». Il racconto di Marco prosegue narrando poi la moltiplicazione dei pani: il bellissimo segno della piena attenzione e dell’accoglienza della gente da parte di Gesù. Ma la liturgia ha scelto la narrazione che di questo episodio ne fa il Vangelo di Giovanni, perché a tale segno fa seguito il lungo discorso sul Pane di vita; discorso che ci verrà proposto nelle domeniche successive: Gesù sfama realmente la gente perché dona loro la sua Sapienza e la sua Vita.

Giovanni presenta subito le coordinate simboliche dell'episodio: «Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei». L'opera di salvezza del Signore, che ha liberato dalla schiavitù dell’Egitto, torna ad essere vissuta, ogni anno, nella celebrazione di tale festa. Dio interviene sempre per liberare l'uomo e rompere così le catene dell'oppressione. Dio non può sopportare la condizione di schiavitù, qualsiasi essa sia. Perciò chi crede in Lui deve a sua volta aveva un rifiuto netto di ogni asservimento dell'uomo e operare, nel concreto, per la liberazione. Anche oggi esistono tante forme di schiavitù, la più grave è la povertà. Se la Pasqua è il cuore della fede, il nostro cuore non può rimanere insensibile al bisogno di tanti fratelli!

Gesù interroga Filippo su come poter sfamare tutta la gente che li segue, ma dice questo per «metterlo alla prova; Egli infatti sapeva quello che stava per compiere». Questo discepolo doveva essere un uomo pratico, perché immediatamente fa il calcolo di quanto denaro sarebbe servito: Gesù guarda i volti affaticati di tante persone, Filippo vede invece tanti soldi necessari (la paga di un anno!). Nel racconto degli altri evangelisti, i discepoli suggeriscono a Gesù di licenziare la gente: non abbiamo neppure per noi, che se ne vadano via o tornino a casa. L'uomo rischia sempre di essere un freddo calcolatore di risorse, invece di aprire alla speranza diventando un contemplatore del volto del fratello.
Più positivamente, un altro discepolo, Andrea, non guarda a quanto servirebbe, ma a quanto hanno: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma cos'è questo per tanta gente?». Ci sono tanti adulti, ma solo un ragazzo ha avuto uno sguardo sapiente, pensando non solo all'immediato e preoccupandosi per il bisogno. Però cinque pani e due pesci sono niente: c'erano cinquemila uomini! Ma Gesù, come il profeta Eliseo nella prima Lettura, vuole compiere un segno a partire da un ragazzo che mette i pochi pani del suo pranzo per tutti: la piccola condivisione può far miracoli. Siamo chiamati anche noi a rendere disponibile il poco della nostra umanità. Ma se non basta neppure per me, perché devo offrirlo agli altri!? Siamo troppo materialisti, contabili delle risorse necessarie, come paravento e scusa per la nostra mancanza di generosità, virtù che è vera solo se è senza calcolo.
Tutto ciò non significa non considerare la complessità delle situazioni e i problemi da affrontare nel rendersi disponibili agli altri. In questo ci deve essere molto di aiuto la fede: si tratta di condividere i nostri cinque pani attraverso il Signore. «Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano». È il Signore che fa abbondare per cinquemila questo nulla: è Lui che trasforma la nostra piccola generosità in un miracolo, in una sovrabbondanza di bene. Avere fede, per me, non vuol dire vedere l'invisibile: vuol dire credere alla forza inarrestabile del bene, anche del più piccolo bene. Da un ragazzo che apre il suo piccolo sacco ne viene la sazietà di una moltitudine e l'avanzo di dodici canestri. La presenza del Signore Gesù nella nostra vita sta nel dare fecondità ad ogni più piccolo gesto che sappia un po' di amore.

Il racconto termina con una presa di posizione netta e radicale da parte di Gesù: si ritira sul monte, Lui solo. Sembra strano e incoerente: proprio Lui che, fino a quel momento, si era mostrato favorevole e disponibile nei confronti della gente. In realtà, Gesù si ritira come reazione al fatto che «venivano a prenderlo per farlo re». Lui rifiuta in modo categorico di far sottostare i segni che compie a una logica di conquista di consenso e quindi di potere. Il Figlio di Dio non è venuto sulla terra a cercare onori o mostrarsi come colui che mette a posto tutto e soddisfa tutti. Gesù non pratica una politica a basso prezzo, come spesso si fa nel nostro tempo. Gesù è venuto a responsabilizzare l'uomo: a mostrargli la necessità di mettere a disposizione i suoi cinque pani, perché il mondo cresca attraverso la condivisione e non venga invece depresso da una facile elargizione dall'alto. Questa è la via che libera l'umanità, che si fa quindi vera Pasqua. Il segno dei pani è il segno dell'attenzione nei confronti dei fratelli, perché essi sono il segno che il Signore ci offre: riconoscerli come tali e condividere con loro la nostra umanità per quanto sia povera di mezzi.

Alberto Vianello

Fonte:www.monasteromarango.it/

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