Paolo Curtaz, "La condivisione"

Commento al Vangelo di domenica 29 Luglio 2018 - Paolo Curtaz
La condivisione


Lo conosciamo questo miracolo, fin troppo.

La gente ha fame, Gesù li vede, si commuove, sfrega le mani e… sim sala bim!, ed ecco che sono tutti sfamati.

Applauso.

Ecco vedi, ce ne vorrebbe uno così, quanti guai risolverebbe e non dovremmo spaccarci la schiena o combattere fra poveri per mettere il pane in tavola.

Ma ci deve essere qualcosa di più, evidentemente.



Perché questo miracolo, l’unico, nei vangeli è raccontato sei volte.

E perché gli evangelisti, Giovanni in particolare, lascia intendere che è stato un pessimo miracolo. Il peggiore, se vogliamo dirla tutta. L’inizio della fine.

Gesù pensa, tenero, che la gente sia in grado di capire l’ampiezza e la profondità del gesto.

Sono discepoli, persone che lo seguono da molto tempo.

Hanno visto i suoi prodigi. Udito le sue parole, sanno con chi hanno a che fare, in teoria.

Gesù ha parlato chiaro, ha riportato la Torah alla sua interpretazione originale e corretta.

Sanno cosa Gesù pensa della condivisione.

Ed è intorno alla condivisione che ruota il miracolo del Maestro.

Proviamo a leggere ancora una volta senza pregiudizi o parentesi mentali.



Come fare?

Gesù alza gli occhi e vede la folla.

Alza gli occhi, ma non al cielo. Li alza all’altezza giusta per guardare negli occhi di chi gli sta di fronte.

Li vede. È concreto Dio, non ha la testa fra le nuvole.

E vede la fame, il dolore, lo spaesamento. Vede quelle pecore senza pastore, ne prova compassione, non pena. Cerca delle soluzioni. E ce l’ha: chiedere aiuto, spingere alla solidarietà e alla condivisione.

Chiede a Filippo, uno dei Dodici, il cui nome manifesta un’ascendenza pagana, greca forse.

È un uomo di mondo Filippo, non un provincialotto come gli altri.

Ha occhio per gli affari e per il commercio.

Gesù gli offre una soluzione: andare a comprare il pane, ma dove?

Quale fornaio potrebbe avere tutto quel pane?

Tenero, Gesù. Manco si pone il problema di chi paga. Tipico degli idealisti sognatori come lui.

Filippo lo riporta con i piedi per terra: con duecento denari di pane non si riesce nemmeno a dare un boccone a tutti.

Duecento denari! Cioè duecento giornate di lavoro. Diecimila euro di pane!

Non è proprio possibile sfamare tutta quella folla.



Travolti

Mi sento Filippo, a volte.

Vedo la fame. Vedo la folla. Intuisco le soluzioni, non ne ho i mezzi.

Vedo il dolore della gente che ho intorno. Ma anche i limiti e le paure, che sono le mie.

Assisto, attonito, alla crescita della violenza, dell’odio, della cattiveria che come una pustola infetta sta contagiando tutti i cuori, togliendo umanità e ludicità. Vedo contrapposizioni inutili, giudizi taglienti e parole che piovono come pietre. E non so che fare.

Vedo i disperati che rischiano di morire illudendosi di trovare una vita migliore. E non so cosa fare.

Vedo persone perbene diventare cattive e intolleranti, dare sfogo alle loro ombre più scure. E non so cosa fare.

Vedo la Chiesa in Europa intimidirsi, chiudersi, arroccarsi, vedo persone buone e generose demotivate e stanche. E non so cosa fare.

Il buon senso direbbe: non c’è nulla da fare.

Ci vorrebbe il guizzo di un folle. O di un adolescente.



Merenda

Giovanni è l’unico che ci parla di questo dettaglio.

Per uscire dall’impasse ci è voluta l’iniziativa di un adolescente che ha condiviso la sua merenda.

L’apostolo Andrea è quasi in imbarazzo davanti a quell’ingenua proposta.

Gesù sorride. Ci voleva tanto?

Non bisogna fermarsi alla dimensione del problema o all’enormità della sfida. Il cuore non pianifica le sue azioni. La generosità non si può calcolare. Il ragazzo ha capito tutto.

Non è il problema al centro dell’attenzione, e nemmeno la soluzione.

Ciò che veramente importa è quanto tu voglia condividere.

Lui mette in gioco tutto quello che ha. Quel poco che ha.

Inutile? Insufficiente? Patetico?

Sì, forse. Ma lo fa. E se tutti lo imitano il cambiamento è assicurato.

No, non è il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ma della condivisione.



Avanzi

Mi colpisce l’insistenza, nel racconto, nel volere raccogliere gli avanzi.

Hanno mangiato in cinquemila, con la fame di persone che, non sempre, mangiavano una sola volta al giorno.

E ne avanza. Gesù vuole che nulla vada perduto.

Mi è venuta in mente una cosa: quante persone si sono accostate alle nostre comunità per avere delle soluzioni. Sacramenti, aiuti economici, ascolto, servizi educativi per i ragazzi… Persone abituate a prendere il necessario e poi sparire. A volte restiamo urtati da questo atteggiamento.

Sbagliato: va bene così. Tutto quello che doniamo rimane per sempre.



La folla visto il miracolo, vuole fare re Gesù.

Come biasimarla? Tutti voteremmo un governo che ci regalasse dei soldi!

Non ha capito niente. Nulla. Nada. Zero.

Il senso del miracolo è: davanti alla sofferenza metti in gioco tutto ciò che sei e che hai.

La gente ha capito: ecco uno che ci sfama gratis. L’esatto contrario.

Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/



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