DON Tonino Lasconi, "Troppo lungo per noi il cammino"
XIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018
Il pane del cielo che Gesù promette alla folla è l'Eucaristia che noi celebriamo, che ci dà la forza per introdurre nella vita gli antidoti a ciò che la rende triste e cattiva.
"Io sono il pane della vita", proclama Gesù alla folla che non "vuole" capire ma che, siamo sinceri, non "può" nemmeno capire, e che diventa sempre meno numerosa, perché le aspettative di un'altra moltiplicazione di pani e di pesci si sta allontanando.
Noi invece conosciamo il senso delle parole di Gesù, che acquistano il loro pieno significato con un'altra affermazione: "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Con questa precisazione evitiamo di pensare, come i suoi ascoltatori, che egli si riferisse alla vita terrena. Sappiamo benissimo, purtroppo, che mangiare il "pane della vita" non allontana la morte, e nemmeno prolunga la durata dei giorni rispetto a coloro che non fanno la comunione. Se fosse questo l'effetto, le chiese sarebbero prese d'assalto. Il fatto che "il pane della vita" non porti benefici concreti alla nostra vita terrena, può far nascere in noi il dubbio che tra la Messa e la vita di ogni giorno non ci sia nessun collegamento: c'è la vita concreta con i suoi problemi, le sue gioie e le sue lacrime, e poi ce la Messa alla domenica. Sono come i binari del treno, ognuno per conto suo. L'incontro semmai avverrà in paradiso.
Questo dubbio può indebolire la nostra fiducia nelle parole di Gesù. Perciò, per quanto è possibile, dobbiamo cercare di chiarirlo. Possiamo farlo soltanto a partire dal senso che diamo alla vita. Se la intendiamo come qualcosa che ci è capitata, chissà come, tra le mani, senza dover ringraziare o rendere conto a nessuno, con l'unica preoccupazione di prendere tutto quello che possiamo prendere, il "pane del cielo" non serve, non ce n'è bisogno. Tant'è vero che quelli che non sanno nemmeno cosa sia campano come – e forse meglio – di chi se ne nutre. Se, invece, la vita è un dono di Dio, da vivere come un cammino verso di lui, per vivere sempre con lui, allora il "pane del cielo" è molto più importante della focaccia e dell'orcio d'acqua di Elia, e vale anche per noi l'esortazione dell'angelo: "Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino". Senza "il pane della vita" mancano le energie per arrivare alla fine.
Ma in che modo il "pane del cielo" nutre la vita terrena? Possiamo provare a dirlo in tanti modi. La liturgia ci propone la sintesi straordinaria di san Paolo: "Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo". Meditiamo bene questo testo, confrontandolo con quello che succede attorno a noi e anche dentro di noi. Asprezza, sdegno, ira, grida, maldicenze, malignità, odio e rancore... sono sentimenti e conseguenti comportamenti che ammorbano la vita dei singoli e della società. La cosa strana è che tutti, constatandoli, ce ne lamentiamo. Basta fare una verifica con i mezzi che oggi abbiamo a disposizione: i vari social network, Facebook, Twitter... Ne straripano, tanto che molti decidono di uscirne. Forse fanno bene, ma purtroppo non risolve niente, perché nei social compare ciò che succede nella vita. E non ci si può togliere dalla vita, come voleva fare Elia, stanco della violenza ingiusta che lo circondava: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Non si può. Bisogna, invece, trovare energie per introdurre antidoti efficaci come la benevolenza, la misericordia, il perdono, la carità di Cristo. Questa è l'energia che ci dona "il pane del cielo" per non arrendersi, per arrivare all'Oreb, al monte di Dio, a Dio. Senza di esso è troppo lungo e duro per noi il cammino.
Nella Messa riceviamo questo pane. Questa è la Messa. Non un'abitudine. Non un precetto. Ma una scelta consapevole e positiva. San Paolo ce la motiva in modo straordinario: "Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione". "Per non rattristare lo Spirito Santo Dio!", per non togliere a Dio la gioia di accompagnare le sue creature verso la vita per sempre con lui. Incredibile! Consolante! Bellissimo". E allora: Signore, dacci sempre questo pane, perché è troppo lungo per noi il #Cammino.
Fonte:http://www.paoline.it
Il pane del cielo che Gesù promette alla folla è l'Eucaristia che noi celebriamo, che ci dà la forza per introdurre nella vita gli antidoti a ciò che la rende triste e cattiva.
"Io sono il pane della vita", proclama Gesù alla folla che non "vuole" capire ma che, siamo sinceri, non "può" nemmeno capire, e che diventa sempre meno numerosa, perché le aspettative di un'altra moltiplicazione di pani e di pesci si sta allontanando.
Noi invece conosciamo il senso delle parole di Gesù, che acquistano il loro pieno significato con un'altra affermazione: "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Con questa precisazione evitiamo di pensare, come i suoi ascoltatori, che egli si riferisse alla vita terrena. Sappiamo benissimo, purtroppo, che mangiare il "pane della vita" non allontana la morte, e nemmeno prolunga la durata dei giorni rispetto a coloro che non fanno la comunione. Se fosse questo l'effetto, le chiese sarebbero prese d'assalto. Il fatto che "il pane della vita" non porti benefici concreti alla nostra vita terrena, può far nascere in noi il dubbio che tra la Messa e la vita di ogni giorno non ci sia nessun collegamento: c'è la vita concreta con i suoi problemi, le sue gioie e le sue lacrime, e poi ce la Messa alla domenica. Sono come i binari del treno, ognuno per conto suo. L'incontro semmai avverrà in paradiso.
Questo dubbio può indebolire la nostra fiducia nelle parole di Gesù. Perciò, per quanto è possibile, dobbiamo cercare di chiarirlo. Possiamo farlo soltanto a partire dal senso che diamo alla vita. Se la intendiamo come qualcosa che ci è capitata, chissà come, tra le mani, senza dover ringraziare o rendere conto a nessuno, con l'unica preoccupazione di prendere tutto quello che possiamo prendere, il "pane del cielo" non serve, non ce n'è bisogno. Tant'è vero che quelli che non sanno nemmeno cosa sia campano come – e forse meglio – di chi se ne nutre. Se, invece, la vita è un dono di Dio, da vivere come un cammino verso di lui, per vivere sempre con lui, allora il "pane del cielo" è molto più importante della focaccia e dell'orcio d'acqua di Elia, e vale anche per noi l'esortazione dell'angelo: "Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino". Senza "il pane della vita" mancano le energie per arrivare alla fine.
Ma in che modo il "pane del cielo" nutre la vita terrena? Possiamo provare a dirlo in tanti modi. La liturgia ci propone la sintesi straordinaria di san Paolo: "Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo". Meditiamo bene questo testo, confrontandolo con quello che succede attorno a noi e anche dentro di noi. Asprezza, sdegno, ira, grida, maldicenze, malignità, odio e rancore... sono sentimenti e conseguenti comportamenti che ammorbano la vita dei singoli e della società. La cosa strana è che tutti, constatandoli, ce ne lamentiamo. Basta fare una verifica con i mezzi che oggi abbiamo a disposizione: i vari social network, Facebook, Twitter... Ne straripano, tanto che molti decidono di uscirne. Forse fanno bene, ma purtroppo non risolve niente, perché nei social compare ciò che succede nella vita. E non ci si può togliere dalla vita, come voleva fare Elia, stanco della violenza ingiusta che lo circondava: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Non si può. Bisogna, invece, trovare energie per introdurre antidoti efficaci come la benevolenza, la misericordia, il perdono, la carità di Cristo. Questa è l'energia che ci dona "il pane del cielo" per non arrendersi, per arrivare all'Oreb, al monte di Dio, a Dio. Senza di esso è troppo lungo e duro per noi il cammino.
Nella Messa riceviamo questo pane. Questa è la Messa. Non un'abitudine. Non un precetto. Ma una scelta consapevole e positiva. San Paolo ce la motiva in modo straordinario: "Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione". "Per non rattristare lo Spirito Santo Dio!", per non togliere a Dio la gioia di accompagnare le sue creature verso la vita per sempre con lui. Incredibile! Consolante! Bellissimo". E allora: Signore, dacci sempre questo pane, perché è troppo lungo per noi il #Cammino.
Fonte:http://www.paoline.it