Don Paolo Zamengo La festa dei Santi e dei Defunti,"Con le lampade accese"
La festa dei Santi e dei Defunti,Con
le lampade accese
La
morte non è niente?
No, la morte è tutto. Cambia le carte in tavola, frantuma sogni e
progetti, lacera gli animi. La morte spalanca le porte a quella
nostalgia che stritola e toglie il fiato, che scava il volto di
lacrime. L’assenza si fa vuoto vivido e palpabile.
Tutto
cambia.
Nulla è più come prima. Mani che non toccheremo più, voci che non
potremo più ascoltare, frasi non finite che restano sospese. Tutto
si ferma e tutto cambia.
Ma
c’è una continuità che non si spezza.
Il
ricordo.
La memoria. Quel sentire dello spirito che riporta
al cuore ciò
che è stato e lo fa diventare parte viva di noi. Chi non è più
vive nei nostri gesti e nei nostri pensieri, vive attraverso le
nostre azioni, si intreccia alle nostre emozioni.
E’
il ricordo di chi abbiamo amato e che spesso ha plasmato il nostro
cuore e il nostro cammino. Come il vento che gonfia le vele, come la
freccia sull’arco pronta a scoccare, come una molla che spinge
verso il domani.
L’amicizia,
l’amore, la riconoscenza per coloro che sono già passati
dall’altra parte non sono cose perdute, sono il sentimento vivo che
ci dona forza, sono il ponte sull’eternità che chiede solo
d’essere attraversato.
La
festa dei Santi e dei Defunti, è il nostro inno alla vita. Sono i
legami che uniscono cielo e terra, simili a corde di uno strumento
pronte a intonare la melodia che racconta e tramanda la storia di un
Amore che, per amore, ha sconfitto la morte. (1 Cor 15,20-26)
Fammi uguale,
Signore, a quelle foglie
moribonde che vedo
oggi nel sole
tremar dell’olmo
sul più alto ramo.
Tremano sì, ma non
di pena: è tanto
limpido il sole e
dolce il distaccarsi
dal ramo, per
congiungersi sulla terra.
S’accendono alla
luce ultima, cuori
pronti all’offerta;
e l’angoscia, per esse,
ha la clemenza d’una
mite aurora.
Fa’ ch’io mi
stacchi dal più alto ramo
di vita mia, così,
senza lamento,
penetrato di Te come
del sole.