MONASTERO DI RUVIANO VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

(Iniziale “I” (In principio) con “La creazione del Sole e della Luna” e “La creazione di Eva”, miniatura tratta da Bibbia (Francia del nord, secondo quarto del XVI secolo), Bibliothèque municipale, Valenciennes).
VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Gen 2, 18-24; Sal 127; Eb 2, 9-11; Mc 10, 2-16

Marco mostra come seguire Gesù nelle vie di ogni giorno: come seguirlo nella via nuziale, nel rapporto con le cose, nel rapporto con il potere. In fondo la sequela di Gesù ci può cambiare e dirigere rispetto alle tre libido (“amandi”, “possidendi” e “dominandi”, come dirà Freud) che sono le grandi spinte che esistono nell’uomo, spinte che lo costruiscono, ma spinte che lo possono anche perdere … l’amore, il possedere e l’usare il potere sono nell’uomo e devono essere indirizzati e usati per edificare l’uomo nella sua pienezza.

Questa domenica si fissa l’attenzione sul primo punto; domenica prossima l’episodio del giovane ricco ci porrà dinanzi al problema del possedere; l’altra domenica, con la domanda dei primi posti da parte di Giacomo e Giovanni, dinanzi al problema del potere.

Gesù libera!

Rende possibili una grande fedeltà nell’amore, una grande libertà dalle cose, una nuova capacità di servire e non di servirsi degli altri dominandoli.

La domanda che oggi è posta a Gesù è capziosa e Marco lo dichiara semplicemente: Avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: “E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Domanda capziosa che vorrebbe gettare Gesù nel ginepraio delle polemiche, molto vive a quel tempo tra scuole rabbiniche, circa i limiti e i casi di divorzio … ma forse la domanda è ancora più maligna perché pretende che Gesù si pronunzi su una questione che al Battista era costata la testa; Giovanni, infatti, su questa questione aveva provocato Erode Antipa con quel “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”…

Gesù però non cade nel tranello, e riporta la questione ad un livello “altro” che i suoi interlocutori neanche immaginavano. Il problema è il cuore: la Thorà, infatti, rendeva possibile il divorzio per un solo motivo, la “sclerocardia”, la durezza del cuore. Un cuore duro ed impenetrabile dalle esigenze d’amore del progetto di Dio. Un cuore così non è in grado di cogliere il senso dell’“in-principio”; quell’“in-principio” in cui non fu così … un “in-principio” a cui più che mai è necessario ritornare per proclamare ciò che il matrimonio significa. Gesù dice con chiarezza che l’uomo non separi ciò che Dio ha unito, e – per dire di questa unità creata da Dio – Marco usa il verbo “syzeugnumi” che, alla lettera, significa “mettere sotto uno stesso giogo” (d’altro canto la parola “coniuge” deriva da questa stessa idea!).

L’amore dei due è indissolubile perchè narra le nozze, l’alleanza tra Dio ed il suo popolo: spezzare il matrimonio è smentire Dio, è rompere l’alleanza con Lui. Lui è fedele e nel matrimonio il credente è chiamato a mostrare la gloria della sua fedeltà …

Gesù si mette, senza mezze misure, sulla scia del profetismo come quello di Malachia: “Il Signore non gradisce le vostre offerte … e voi ci chiedete il perché? Perché il Signore è testimone tra te e la donna della tua giovinezza che tu tratti perfidamente mentre essa è la tua consorte, la donna legata a te da alleanza. Non fece Egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? … Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Io odio il ripudio, dice il Signore Dio di Israele … (cfr Ml 2, 13-16).

Gesù cita in tal senso e senza possibili vie di fuga il testo del Libro della Genesi che costituisce la prima lettura di oggi: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. Per Gesù il matrimonio tende a fare dei due un solo essere, e questo per volontà di Dio. Dio nei due crea un’unità che non può più essere spezzata perché a quell’unità Egli affida una profezia: la sua fedeltà ed il suo amore.

Appartenere al Regno perché si è accolto il Cristo significa portare su di sé la bellezza e lo splendore della fedeltà di Dio. Il Dio dell’Evangelo è il Dio d’Israele fedele ed

amante, fedele fino a perdonare tutti gli “adultèri” del popolo, fedele all’uomo che si aliena agli idoli fino a dare il proprio Figlio Unigenito (cfr Gv 3,16).

La sequela, ci dice oggi la Scrittura, è questione di fedeltà, di perseveranza, di costanza! La sequela non è via passeggera, non è una stagione della vita … è vita! E questo va mantenuto e proclamato con fedeltà alla vita. Nel matrimonio questa fedeltà è fedeltà a quell’unità indissolubile che Dio ha voluto per i due. Una fedeltà che, ove venisse rotta, infangata, alienata può essere ricostruita dalla fedeltà di Dio e dalla sua grazia. Una fedeltà che va custodita anche quando uno dei due la rigetta e la disprezza. E’ via di croce sì, è via esigente … è via seria! E’ via che non svilisce le scelte dell’uomo, è via che non aliena la sua carne … è via che il mondo irride. E’ via che il mondo deplora parlando di “rifarsi una vita”… ma la vita è già stata fatta da un sì alla donna, all’uomo della propria giovinezza. Quel sì rimane. E se l’altro fosse infedele, chi resta deve rimanere fedele … se non vuole anche lui sconfessare Dio e la sua fedeltà, se non vuole sconfessare la propria stessa vita facendola diventare soggetta a passeggere emozioni e a passeggeri desideri o bisogni …

E’ questo il messaggio duro di Gesù … tanto che i discepoli arrivano a dire, nella redazione di Matteo, che “se questa è la condizione dell’uomo non conviene sposarsi” (cfr Mt 19,10).

La venuta di Gesù non tollera più rimandi o addolcimenti (come le norme date da Mosè per la durezza dei cuori!), vuole invece urgenza, radicalità!

Come è possibile? Marco lo dice nella seconda parte dell’Evangelo di oggi: se si accoglie il Regno come un bambino … entra nel Regno chi accoglie il Regno. Accogliere significa dargli accesso alla propria vita senza “se” e senza “ma”, in un ascolto obbediente e semplice. In un ascolto che si fida.

L’Evangelo è netto, forse appare duro (certamente al giorno d’oggi impopolare!) ma è umano perché prende sul serio l’uomo ed i suoi “sì”, e perché chiede all’uomo una vera presa di posizione, libera ed autentica, dinanzi alle esigenze del Regno.



Padre Fabrizio Cristarella Orestano

Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/

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