padre Gian Franco Scarpitta "I valori vera ricchezza"

I valori vera ricchezza
padre Gian Franco Scarpitta  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/10/2018)

  Visualizza Mc 10,17-30
Più volte ho citato in questi interventi la commedia Napoli Milionaria di Edoardo De Filippo, con la sua conclusione allusiva alla fondamentale vanità delle ricchezze e delle sicurezze materiali: ci sono parecchie cose che il denaro non può comprare, una di queste la solidarietà e l'aiuto degli altri nelle situazioni di emergenza. Nelle situazioni irrimediabili, tante volte non c'è denaro che possa garantirci la vicinanza degli amici, la loro comprensione, il loro aiuto e anche per questo Epicuro affermava che “fra le cose che la saggezza procura per ottenere felicità, la più grande è l'amicizia.” Essa è procurata dalla saggezza, la virtù da sempre esaltata e raccomandata affinché noi non si cada nelle false presunzioni di potere dateci appunto dalla ricchezza materiale, dall'opulenza e dal guadagno. Anche a proposito della preghiera e della spiritualità tante volte siamo indotti a prediligere la sapienza all'oro, all'argento e a tutte le attrattive di questo mondo, come esortava nella sua stessa vita Salomone, uomo saggio che reputava il giudizio e la rettitudine nel suo governo cosa molto migliore dell'oro e dell'argento. San Giacomo esorta ad esporre al Signore, nella preghiera, una sola risorsa: la Sapienza. Essa va chiesa con fede, senza esitare e senza equipararsi a un'onda sballottata dal vento (Gc 1, 5 - 6) poiché in definitiva è questo il più prezioso di tutti i doni, tante volte identificato anche nello Spirito Santo. La saggezza, meglio ancora la sapienza, costituiscono la condizione per superare le difficoltà, per essere forti nella persecuzione e nella prova, favoriscono il discernimento, l'attenzione e la valutazione attenta prima di ogni azione. Diceva Confucio: “Il saggio non parla mai di ciò che non può tramutare in azione.” La Sapienza ci aiuta anche ad adottare l'atteggiamento più adeguato anche nella vita secondo Dio, che è sempre finalizzata al bene di noi stessi e degli altri. Secondo la Sapienza per esempio l'uomo è infelice finché non supera se stesso valicando i propri confini e andando oltre all'ordinarietà. Tutti vantaggi che il possesso materiale e la sicurezza economica non sono in grado di garantire.

Sapienza e discernimento favoriscono soprattutto che si abbandonino mediocrità e retorica nella testimonianza e nella coerenza di vita e questo è l'obiettivo principale del cristiano: superare se stesso diventando all'occorrenza eroe integerrimo e disinvolto. Il cristiano non si accontenta di seguire prescrizioni e ricette, non si limita alla semplice esecuzione del proprio dovere o all'adempimento di moniti che gli vengono imposti dall'alto. Né tantomeno si limita a non infastidire nessuno e a vivere sereno facendo il proprio senza recare mai danno al prossimo. Seguace di Cristo non è colui che non ruba, non uccide, paga le tasse, evita di inquinare il suolo e va a Messa la Domenica, ma piuttosto colui che si preoccupa di come rendersi riflesso dell'amore di Dio in Cristo, adoperandosi costantemente nel fare il bene nella trasparenza della fede, andando oltre ai limiti e alle prescrizioni. Per essere più concreti, il seguace di Cristo è colui che fa ogni cosa con amore e abnegazione, che è pronto a superare se stesso quando si tratti di fare il bene nella forma straordinaria e che è in prima linea nella lotta contro il male e contro tutto ciò che avversa le proprie convinzioni. Il cristiano è insomma, in un certo qual modo, un eroe che marcia controcorrente e che affronta sfide, umiliazioni, vessazioni, perfino la morte pur di testimoniare Cristo e di conseguenza il dono più adeguato che lo Spirito Santo possa concedergli non può che consistere nella sapienza e nella rettitudine.

Non può vivere pienamente l'appartenenza a Cristo chi invece ripone la propria fiducia nei beni materiali, calcolando di non perdere le proprie ricchezze quando debba decidersi per Cristo.

Questo è di fatto lo stato del giovane che in un primo momento guadagna il sorriso di Gesù per poi perdere questo guadagno ed essere avvinto dalla morsa della delusione. Gesù certamente approva ogni sua puntualità nell'osservanza dei comandamenti prescritti e delle comuni leggi a cui tutti si era obbligati. La proposta di Gesù, quella di abbandonare ogni suo avere senza rimpianti donando tutto ai poveri per riporre nel solo Signore la propria sicurezza, vuole provocarlo invitandolo ad uscire dall'ordinarietà e a vivere un particolare spirito di rinuncia al fine di guadagnare ben altro che le ricchezze materiali. Ma questo giovane è incapace di valicare i limiti della mediocrità e le consuetudini; rifiuta di doversi immettere in un rinnovato sentiero per il quale i beni materiali lasciano il tempo che trovano e occorrerà misurare le proprie risorse con la confidenza unica nel Signore sempre propensi a fare la sua volontà. Si tratta di un giovane “ricco”, non tanto perché abbia accumulato tesori dai quali non riesce a disaffezionarsi, ma perché ha fatto di questi tesori la propria trincea, il proprio rifugio e questi stessi gli hanno impedito di uscire da se stesso e di mettersi in gioco come si dovrebbe. Il possesso e la ricchezza ci precludono la vera pace e la vera realizzazione, imponendoci schiavitù di cui non siamo consapevoli. Offuscano anche il senso stesso della carità e dell'amore, visto che tante volte il ricco sa essere generoso e altruista quando è sicuro di poter disporre comunque di un cospicuo capitale su cui contare; visto che anche nell'elemosina si da' quasi sempre il superfluo o ciò che non compromette in alcun modo il nostro vantaggio economico, quando invece il vero amore al prossimo dovrebbe incuterci di donare innanzitutto noi stessi per intero, prima ancora dei nostri averi. E come potrà guadagnare il regno di Dio chi agli averi ha attaccato il cuore?

Da parte nostra non si considererà mai abbastanza che la vera ricchezza è nei cieli, che vanno cercate le cose di lassù e che il nostro tesoro è laddove tignola e ruggine non lo consumeranno mai e dove i ladri non scassinano e non rubano (Mt 6, 20). E non si prenderanno mai sul serio gli esempi edificanti di uomini davvero eroici come San Francesco d'Assisi e altri che hanno deliberatamente abbandonato proprietà e beni sontuosi per vivere in radicale semplicità evangelica.

Sperimentando che sapienza e saggezza hanno sempre una marcia in più.

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