Congregatio pro Clericis Commento I Domenica di Avvento - Anno C

I Domenica di Avvento - Anno C

Lc 21, 25-38.34-36
Congregatio pro Clericis
Nel desiderio di poter garantire nel tempo una diversità di approccio e una varietà di contenuti, da questa I Domenica d’Avvento (C) le Omelie qui pubblicate saranno curate da alcuni Sacerdoti della Compagnia di Gesù, che ringraziamo anticipatamente.


Con questa domenica la Chiesa ci offre di poter ricominciare ancora una volta il cammino dell’anno liturgico invitandoci a vivere il Tempo dell’Avvento.

La parola ‘avvento’ dice la venuta verso di noi del Signore Gesù. Innanzi tutto la sua venuta 2000 e più anni fa, che celebreremo in particolare nel giorno di Natale. Ma anche la venuta futura, quella definitiva, alla fine dei tempi, alla quale fa riferimento il Vangelo di oggi. Ricordare e celebrare queste due venute ci aiuta in particolare a vivere l’altra venuta di Gesù, quella quotidiana, negli eventi che riempiono ciascuno dei nostri giorni. Il Signore viene e viene sempre! Il cristiano non è l’uomo o la donna che si arrampica fino al cielo per trovare Dio al termine dei propri sforzi di vivere in maniera pia e moralmente corretta, ma colui che accoglie l’amore di un Dio che prende l’iniziativa di venire, che gli viene incontro nella carne di un uomo, Gesù di Nazaret.

L’avvento del Signore è risposta al nostro attendere, al nostro desiderare.

Desiderare. Sembra che i desiderantes (termine latino in cui compare la parola sidera) fossero i soldati che, al termine di un giorno di battaglia, stavano sotto le stelle (sidera) e attendevano il ritorno di quanti non erano ancora rientrati all’accampamento. Desiderare, nel senso più profondo, può essere inteso così come l’attesa di un ricongiungimento, la realizzazione di una relazione.

La venuta di Dio in Gesù di Nazaret ci offre esattamente una relazione interpersonale con qualcuno che è nato da una donna, è cresciuto negli anni, ha camminato sulle nostre strade, ha cercato come fare la volontà del Padre sulla sua esistenza, ha amato fino all’estremo di dare la vita…. Il Dio che desideriamo. Il cristianesimo non è soltanto una serie di affermazioni teologiche (cioè su chi sia Dio), unite ad una serie di comandamenti morali e ad un complesso di celebrazioni liturgiche, ma un incontro con questo Dio-uomo e un sì al suo amore che muove il nostro. “Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti” ci dice Paolo nella II lettura. Non solo “fra noi” (i famigliari, gli amici, gli italiani, i cristiani), ma, “per distinguerci” come dice ancora Paolo, “verso tutti”, di qualunque razza o religione, nessuno escluso, come universale è stato l’amore di Gesù.

Amore che, se da una parte è ricchezza profondissima dei sentimenti del cuore di Gesù, dall’altra è intervento concretissimo nella nostra storia, cioè è giustizia. Il termine torna tre volte in due versetti nella prima lettura tratta dal profeta Geremia, nella quale si afferma anche che è in essa che consiste la realizzazione delle promesse di bene fatte dal Signore. La giustizia biblica dice la realizzazione piena dell’uomo e l’umanizzazione piena delle relazioni sociali. Quanto bisogno ne abbiamo in un tempo in cui ci guardiamo intorno, quando non siamo costretti a viverlo sulla nostra pelle, e sembra che sempre più sia l’ingiustizia a regnare nel mondo. Invece “Signore-nostra-giustizia”, ci ha detto il profeta Geremia, sarà il nome di Gerusalemme, il nome della città degli uomini. Appello ad essere, ciascuno di noi, un operatore di giustizia.

Allora dobbiamo accogliere l’invito pressante del Vangelo: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso”. Quanto invece sono appesantiti i nostri cuori! Forse non a causa di ubriachezze da vino, ma perché incapaci di una vita sobria, misurata, non travolta dalle cose da fare, da affetti senza ordine, da paure ingigantite dai mass media, dagli affanni del lavoro che non c’è o se c’è raramente è umanizzante…   “Vegliate e pregate in ogni momento” conclude il Vangelo di oggi. Tradotto potrebbe significare: abbiate cura di conservare viva nel cuore la presenza amante di Gesù di Nazaret. E i suoi sentimenti, il suo modo di rapportarsi al Padre, di fare le scelte nella vita, di vivere le relazioni con uomini e donne, di amare…questo sia il vostro stile di vita.  Allora quel giorno non ci piomberà addosso all’improvviso.

 Fonte:http://www.clerus.va


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