Don Paolo Zamengo, "Guardare in alto e vedere oltre"

COMMENTO XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Guardare in alto e vedere oltre     Mc 13, 24-32

Nel cuore dell’autunno, quando le foglie ingialliscono e cadono, il vangelo ci presenta un’immagine di primavera. Il fico con le sue tenere foglie annuncia il risveglio della natura. I rami rigonfi di linfa fanno esplodere le gemme, preludio di una stagione ricca di frutti.

Noi cogliamo la straordinaria bellezza della natura e del mondo ma ne avvertiamo insieme le imperfezioni.  E sperimentiamo anche la fragilità dei sentimenti. Vorremmo vivere in eterno, amare per sempre, essere perennemente felici, ma verifichiamo costantemente il limite della nostra vita.

I sentimenti mutano, gli ideali si spengono, i sogni si diradano e ci lasciano tristi.  Ci ferisce l’esperienza del dolore, soprattutto il dolore dei piccoli, la violenza sugli innocenti, la sconfitta dell’amore, la scomparsa di un familiare. Tutto appare incerto e fragile.

Bisogna guardare in alto e cercare nella fede la luce che ridona vita e speranza. Ricominciamo a vivere quando riusciamo anche noi a intravvedere in tanti piccoli segni la speranza di un mondo nuovo. Come il contadino che pregusta la dolcezza dei frutti già nella prima gemma.

C’è chi affida l’incerto domani all’astrologia per ricavarne qualche brivido di dubbia speranza. Ma la parola di Gesù, anche se mette in conto qualche tribolazione, profuma di speranza. E anche se il cielo dovesse crollare e le stelle cadere come pioggia, il credente sa che oltre abita Dio e che Dio è padre.

Già sono presenti i segni del domani e per coglierli, in tutta la loro evidenza, basta scrutare e affinare lo sguardo per intuire che Dio “non turba mai la gioia dei suoi figli se non per darne loro una più certa e più grande”.

Bisogna guardare in alto, bisogna guardare oltre. Come? Sa vedere oltre chi riserva spazio al silenzio interiore e all’ascolto della parola che salva  allena il cuore a fiutare l’approssimarsi del nuovo giorno, quello di una nuova civiltà, della verità e dell’amore. Gesù ci aiuta a sentire il battito del cuore della storia e ci invita a vincere la tentazione di arrendersi o di abbandonare il cammino con lui.

Si spengono continuamente le stelle del firmamento e ricadono sbriciolate sulla terra, e sono cadute anche le vecchie ideologie. Ma uomini giusti compaiono sempre come nuovi astri e portano il nome di quanti conservano una inesauribile passione per la pace e operano con amore a favore della giustizia. E sono numerosi più delle stelle del cielo.

È Gesù la gemma che annuncia l’eterna primavera dello spirito, e Gesù annuncia che la morte non è la fine, non è e non ha l’ultima parola. “Non muoio, ma entro nella vita” dice Benedetta Bianchi Porro, morta a Sirmione nel 1964 e ora  è stata dichiarata venerabile: Non muoio, ma entro nella vita.

Ci siamo mai chiesti se il ramo soffre quando la linfa gonfia la corteccia? O se la gemma sente dolore quando deve sbocciare per cedere il posto ai fiori? No, non ci poniamo questa domanda perché il nostro sguardo è attratto dallo spettacolo della primavera. Qualcuno di noi compiange il ramo o la gemma? C’è tra noi chi commisera la giovane mamma sul punto di dare alla luce il suo bambino?

No, perché prevale la gioia. Così è per la chiesa perché essa ama e non ha nulla di più urgente da fare che attendere Colui che ama, guidata, tra le alterne vicende del mondo, proprio dall’amore: “Vieni, Signore Gesù”.



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