don Roberto Seregni "Una Croce per trono"

Cristo pensante,Passo Rolle, Pale di San Martino
Una Croce per trono
don Roberto Seregni  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re 


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Scrivo da Salamanca, in Spagna. Sono qui per studiare il Castigliano prima della mia partenza per il Perù dove inizierò un nuovo capitolo della mia vita come missionario fidei-donum nella periferia nord di Lima, nella Diocesi di Carabayllo. Studio all'Università di Salamanca, nel corso per stranieri. Nella mia classe ci sono studenti cinesi, giapponesi, brasiliani, francesi, svizzeri e americani. E' un' esperienza molto interessante, apre la testa e il cuore. Il mio spagnolo è ancora pessimo, ma cerco di parlare un po' con tutti e, soprattutto, di ascoltare molto.

La scorsa settimana, in una pausa delle lezioni, sono uscito a prendere un caffè con uno studente inglese. Sa che sono un prete cattolico e ho intuito che non ha la più pallida idea di cosa fa un prete e, ancora meno, di chi sia un missionario. Mentre sorseggiamo un (orrendo) caffè spagnolo indica la bellissima cattedrale di Salamanca e, nel suo divertentissimo "inglegnolo", mi dice: "Ecco il tuo ufficio!". Al momento mi sono fatto una bella risata, ma tornato nella mia stanzetta ho meditato molto su questa affermazione... Mi sono detto: "Speriamo proprio di no!".
L'ufficio di ogni prete dovrebbe essere la strada.

Ogni luogo che un prete frequenta durante la sua giornata è il suo "ufficio", è un' occasione feconda per l'annuncio della logica travolgente del Regno, è una possibilità offerta per testimoniare la bellezza di uno stile diverso di mettersi davanti al mondo, agli altri e a se stessi. Senza parole, senza predicozzi, senza circostanze formali di evangelizzazione ogni prete - e ogni battezzato! - è inviato dal Risorto per annunciare la meraviglia inedita del Regno.

Ci ripenso in questi giorni in preparazione all'ultima domenica dell'anno liturgico: Cristo Re. L' "ufficio" del Rabbì non è stato il tempio di Gerusalemme. Gesù non si è mai rinchiuso in quattro mura inondate di incenso per annunciare la Parola di salvezza. Il Rabbì ha scelto la strada, gli incontri, la ferialità. Gesù ha scelto la casa, il pozzo, il monte. Gesù, come luogo emblematico della sua regalità, non ha scelto una cattedra o un trono. Gesù, il Verbo eterno di Dio, la Parola palpitante del Padre, ha scelto la Croce.

Lì, più di ogni altro luogo, è evidente la bellezza sfolgorante dell'amore.
Che meraviglia e che guaio essere discepoli di un Dio così!

Meraviglia perché ciò che conta è l'amore, quello vero, quello che lascia senza fiato e profuma di gratuità e di passione.

Guaio perché i nostri sogni di visibilità, di consenso e di unanimità vanno a farsi benedire. Il nostro re e il suo regno hanno un'altra logica. Diversa. "Il mio regno non di questo mondo", dice Gesù.

C'è una novità imbarattabile nella regalità d'amore crocifissa di Gesù.

E' un re che al posto di un cocchio di bianchi destrieri sceglie un asinello; al posto del mantello regale sceglie di rivestirsi di un grembiule; che non riceve inchini e riverenze ma si inginocchia davanti ai piedi zozzi dei discepoli.

Che meraviglia!

Buon fine anno liturgico a tutti...

don Roberto
Fonte:www.qumran2.net

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