p. José María CASTILLO"QUESTA VEDOVA, COSI’ POVERA, HA GETTATO NEL TESORO PIU’ DI TUTTI GLI ALTRI"

XXXII TEMPO ORDINARIO – 11 novembre 2018 - Commento al Vangelo
QUESTA VEDOVA, COSI’ POVERA, HA GETTATO NEL TESORO PIU’ DI TUTTI GLI ALTRI

di p. José María CASTILLO

Mc 12, 38-44
[In quel tempo], Gesù [nel tempio] diceva [alla folla] nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
La critica agli scribi fatta da Gesù non si riferisce alla superbia o all’orgoglio di quegli uomini. È logico pensare che tra di loro ci siano stati individui orgogliosi ed altri umili. Quello che Gesù critica è l’istituzione stessa di un collettivo di uomini, che erano gli interpreti ufficiali della Legge, cioè della volontà di Dio. Ad uomini di questo tipo, rivestiti di tale dignità ed autorità, non rimaneva che sottomettersi. Per questo dovevano apparire rivestiti di dignità, occupare i primi posti e ricevere le più grandi riverenze. Quando un’istituzione religiosa si organizza in questo modo, quelli che appartengono al gruppo dei privilegiati in alto (preti, rabbini, imam….), inevitabilmente si considerano non solo con il diritto, ma anche con l’obbligo di essere inflessibili nel conservare i dogmi, le norme, i riti e le cariche che toccano solo a loro.
Il contrasto è con la povera vedova che dà persino quello che ha per vivere, senza emergere né apparire, perché è una persona nella quale non ci sono carica, potere, dignità, saperi, nulla che non sia un cuore buono, il che equivale a dire: una persona nella quale non ci sono titoli, incarichi, ma solo umanità.
Siamo in molti ad aggrapparci alla religione. Perché la religione è l’ancora alla quale ci attacchiamo per avere qualche sicurezza nella vita e in previsione di quello che ci può capitare dopo la morte. La religione è il “tranquillante dei corrotti stranamente stimabili”. Perché, se ci tolgono la religione e restiamo solo con quello che c’è di autentica bontà nelle nostre vite, in questo caso a cosa ci aggrappiamo? Quale speranza ci resta?



Fonte:www.ildialogo.org

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