p. José María CASTILLO, "OGGI SI È COMPIUTA QUESTA SCRITTURA"
III e IV TEMPO ORDINARIO – 27 gennaio e 3 febbraio 2019 - Commento al Vangelo
OGGI SI È COMPIUTA QUESTA SCRITTURA
di p. José María CASTILLO
Lc 1,1-4; 4, 14-30
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
***
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
La prima parte (vv. 1-4) di questo vangelo è il prologo che lo stesso Luca ha posto al suo racconto. In questo modo ha sottolineato che si era ben documentato, come di solito facevano gli autori greci (W. C. Van Unnik). Ma a questo punto conviene ricordare che un “vangelo” non è semplicemente un libro di storia, ma la sua caratteristica centrale è l’«esemplarità» di quello che racconta. Quando leggiamo i vangelo, quello che dobbiamo chiederci non è: “questo è storico?”. La domanda deve essere: “Cosa mi insegna questo racconto per la mia vita ed il mio comportamento?”. Qui sta la chiave per cercare nel Vangelo quello che vi possiamo trovare. Non è la “storicità”, ma l’«esemplarità» di quello che ci racconta su Gesù.
Poi Luca presenta l’inizio dell’attività di Gesù in Galilea. In Gesù agisce la forza dello Spirito. Ossia, Gesù non fu spinto dal dovere della religione, dall’obbligo della legge e neanche dal desiderio di essere famoso o avere potere. Gesù agiva grazie alla forza ed all’orientamento dello Spirito. In questo affondava le sue radici la sua profonda spiritualità. Una forza interiore che lo ha fatto parlare in maniera tale che ha motivato la gente a sentirsi meglio, a sentirsi felice. Per questo tutti lodavano e glorificavano quello che stavano vivendo. Che pena che oggi sia così raro incontrare predicatori di questo tipo!
La lettura fatta da Gesù nella sinagoga fu presa dal profeta Isaia (61,1-2), ma Gesù soppresse da questa lettura le parole finali che si riferivano alla rivincita di Dio. “Prendersi una rivincita” è “vendicarsi”. Quando il profeta Isaia parlava di questa rivincita o di vendetta, si riferiva a quello che il popolo di Israele aveva sofferto durante l’esilio di Babilonia. Al tempo di Gesù, quando si leggeva questo profeta, si pensava che Dio dovesse castigare e far soffrire coloro che avevano sottomesso ed oppresso gli israeliti. Ma Gesù non ha voluto neanche citare una simile rivincita. Gesù – ed il Dio che si rivela a noi in Gesù – non vuole rivincite o vendette. Così non si trasforma questo mondo e non saremo felici in questo modo. Solo la comprensione, il perdono, la misericordia e la tolleranza possono conseguire un mondo più abitabile e più umano.
I vv. 21-20 sono la continuazione e l’epilogo di quanto successo nella sinagoga di Nazaret. Gesù aveva letto l’inizio del capitolo 61 del profeta Isaia, ma lo stesso Gesù aveva soppresso il finale del secondo versetto, che finisce parlando di rivincita del nostro Dio. Gli israeliti, oppressi ed umiliati in Babilonia, volevano ed aspettavano che Dio si prendesse la rivincita (si vendicasse) sugli oppressori del popolo. Il nazionalismo porta alla vendetta ed all’odio, se il popolo si vede oppresso.
Ma Gesù non voleva vendette o rivincite. Gesù non vuole “nazionalismi”, che inevitabilmente portano a creare tensioni, divisioni e scontri. Così non si trasformano le cose. Con questi processi non si rende sopportabile la vita, con questo non migliorano le nostre vite, la politica non è più degna e l’economia non si fortifica.
Quando la religione e la politica nazionaliste si fondono e si confondono, il risultato è il fanatismo intollerante e violento. Una violenza che antepone il nazionalismo fanatico all’aspetto più elementare della religione, che è il rispetto, l’amore agli altri, quale che sia la loro nazionalità, la loro origine o le loro convinzioni religiose. Gesù non è patrimonio di nessuna cultura, razza o religione. Gesù è patrimonio di tutta l’umanità allo stesso modo. Per questo, con gli esempi fatti sulle preferenze di Dio con gli stranieri, Gesù arrivò a provocare il conflitto violento, che portò i concittadini di Nazaret a cercare di assassinarlo. Non invochiamo argomenti di libertà, di democrazia o di diritto per imporre i nostri fanatismi (che tutti abbiamo) a coloro che non la pensano come noi.
Fonte:www.ildialogo.org
OGGI SI È COMPIUTA QUESTA SCRITTURA
di p. José María CASTILLO
Lc 1,1-4; 4, 14-30
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
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Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
La prima parte (vv. 1-4) di questo vangelo è il prologo che lo stesso Luca ha posto al suo racconto. In questo modo ha sottolineato che si era ben documentato, come di solito facevano gli autori greci (W. C. Van Unnik). Ma a questo punto conviene ricordare che un “vangelo” non è semplicemente un libro di storia, ma la sua caratteristica centrale è l’«esemplarità» di quello che racconta. Quando leggiamo i vangelo, quello che dobbiamo chiederci non è: “questo è storico?”. La domanda deve essere: “Cosa mi insegna questo racconto per la mia vita ed il mio comportamento?”. Qui sta la chiave per cercare nel Vangelo quello che vi possiamo trovare. Non è la “storicità”, ma l’«esemplarità» di quello che ci racconta su Gesù.
Poi Luca presenta l’inizio dell’attività di Gesù in Galilea. In Gesù agisce la forza dello Spirito. Ossia, Gesù non fu spinto dal dovere della religione, dall’obbligo della legge e neanche dal desiderio di essere famoso o avere potere. Gesù agiva grazie alla forza ed all’orientamento dello Spirito. In questo affondava le sue radici la sua profonda spiritualità. Una forza interiore che lo ha fatto parlare in maniera tale che ha motivato la gente a sentirsi meglio, a sentirsi felice. Per questo tutti lodavano e glorificavano quello che stavano vivendo. Che pena che oggi sia così raro incontrare predicatori di questo tipo!
La lettura fatta da Gesù nella sinagoga fu presa dal profeta Isaia (61,1-2), ma Gesù soppresse da questa lettura le parole finali che si riferivano alla rivincita di Dio. “Prendersi una rivincita” è “vendicarsi”. Quando il profeta Isaia parlava di questa rivincita o di vendetta, si riferiva a quello che il popolo di Israele aveva sofferto durante l’esilio di Babilonia. Al tempo di Gesù, quando si leggeva questo profeta, si pensava che Dio dovesse castigare e far soffrire coloro che avevano sottomesso ed oppresso gli israeliti. Ma Gesù non ha voluto neanche citare una simile rivincita. Gesù – ed il Dio che si rivela a noi in Gesù – non vuole rivincite o vendette. Così non si trasforma questo mondo e non saremo felici in questo modo. Solo la comprensione, il perdono, la misericordia e la tolleranza possono conseguire un mondo più abitabile e più umano.
I vv. 21-20 sono la continuazione e l’epilogo di quanto successo nella sinagoga di Nazaret. Gesù aveva letto l’inizio del capitolo 61 del profeta Isaia, ma lo stesso Gesù aveva soppresso il finale del secondo versetto, che finisce parlando di rivincita del nostro Dio. Gli israeliti, oppressi ed umiliati in Babilonia, volevano ed aspettavano che Dio si prendesse la rivincita (si vendicasse) sugli oppressori del popolo. Il nazionalismo porta alla vendetta ed all’odio, se il popolo si vede oppresso.
Ma Gesù non voleva vendette o rivincite. Gesù non vuole “nazionalismi”, che inevitabilmente portano a creare tensioni, divisioni e scontri. Così non si trasformano le cose. Con questi processi non si rende sopportabile la vita, con questo non migliorano le nostre vite, la politica non è più degna e l’economia non si fortifica.
Quando la religione e la politica nazionaliste si fondono e si confondono, il risultato è il fanatismo intollerante e violento. Una violenza che antepone il nazionalismo fanatico all’aspetto più elementare della religione, che è il rispetto, l’amore agli altri, quale che sia la loro nazionalità, la loro origine o le loro convinzioni religiose. Gesù non è patrimonio di nessuna cultura, razza o religione. Gesù è patrimonio di tutta l’umanità allo stesso modo. Per questo, con gli esempi fatti sulle preferenze di Dio con gli stranieri, Gesù arrivò a provocare il conflitto violento, che portò i concittadini di Nazaret a cercare di assassinarlo. Non invochiamo argomenti di libertà, di democrazia o di diritto per imporre i nostri fanatismi (che tutti abbiamo) a coloro che non la pensano come noi.
Fonte:www.ildialogo.org
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