Don Paolo Zamengo, "La pazienza di Dio"

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III Domenica di Quaresima (Anno C)
La pazienza di Dio     Lc 13, 1-9

I fatti di cronaca fanno sempre discutere. È accaduto un incidente, una catastrofe e delle vittime hanno perso la vita. La gente si chiede se erano colpevoli e di cosa e se Dio li ha puniti.  Reazione istintiva alimentata da antiche paure.

Gesù respinge  questo collegamento. Dietro a queste paure si nasconde un Dio vendicatore e sanguinario che non ha proprio nulla in comune con il Dio che Gesù è venuto ad rivelare. Anzi Dio vuole che noi lo chiamiamo Padre.

Non esistono da una parte peccatori che Dio aspetta al varco per sorprenderli e punirli e dall’altra  uomini giusti, che non hanno nulla da temere perché sono in regola con Dio e non hanno bisogno della sua misericordia.

Anche su questo punto Gesù mostra una grande fermezza. I galilei che Pilato ha messo a morte e quei disgraziati rimasti sepolti sotto la torre di Siloe non erano peccatori né più né meno degli altri.

Tutti siamo ugualmente bisognosi della sua misericordia.  Anzi è vero che il Padre dei cieli attende, senza sosta, ogni peccatore e lo fa come il contadino che è descritto nella parabola della pianta di fichi nella vigna.

C’è un fico, apparentemente morto, che da tre anni non fa frutto. Il padrone della vigna sta perdendo la pazienza perché quella pianta occupa inutilmente il terreno, tanto vale sradicarla. Ma il contadino, che conosce le piante, sa che ha bisogno di tempo, forse un po’ di più, per dare frutto.  Non ha perso la speranza, anzi vuole dargli fiducia.

Il contadino sorveglia il suo albero e aspetta con impazienza i germogli e i fiori. Così si comporta Dio con ogni peccatore, con ciascuno di noi. Osserva ciò che tocca il nostro cuore, gli impercettibili accenni di mutamento e di conversione. Per questo ci concede ancora tempo.

Dio sa che siamo lenti, a volte pigri, e abbiamo bisogno di maturare, per decidere  e per cambiare. Non siamo capaci di raggiungere la pienezza della maturità in un giorno solo. Per convertirci e dare frutti definitivi, abbiamo bisogno di molto tempo, di pazienza e di opportunità.

Ed è anche vero, per fortuna, che non siamo così disperati da buttare via, in un batter d’occhio, le conquiste che la grazia di Dio ha fatto fiorire nel nostro cuore. Dio ci conosce e ci rispetta così come siamo.  Attende, pazienta, concede possibilità, lascia che il tempo faccia il suo lavoro a nostro favore. Si fida, spera, ci sta vicino e ci incoraggia.

Sentite questa storia. Un giorno un uomo è andato nella foresta per parlare con un anziano che si diceva fosse molto saggio. “Potresti darmi una buona ragione per sperare? “gli chiese. “Guardati intorno – rispose - vedi felci e bambù. Quando ho seminato i semi di felce e di bambù, mi sono preso cura di loro.

La felce crebbe rapidamente. Ma nulla uscì dai semi di bambù. Tuttavia, non ho rinunciato al bambù. Il secondo anno, la felce crebbe ed era ancora più verde e ricca di foglie, ma nulla usci dai semi di bambù . Ma non ho rinunciato al bambù. Il terzo anno, la felce era ancora più verde ma non ho rinunciato al bambù. Il quarto anno, ancora, nulla. Ma non ho rinunciato al bambù.

Al quinto anno, un piccolo bambù fece capolino dalla terra. In confronto alla felce, sembrava insignificante, ma lentamente crebbe fino a più di 20 metri di altezza.  Aveva passato cinque anni a fortificare le radici. Le radici lo avevano tenuto vivo  e gli avevano dato ciò di cui aveva bisogno per crescere.

Perciò non rimpiangere mai un giorno della tua vita, continuò il vecchio saggio. I giorni belli ti portano felicità, quelli brutti esperienza, la gioia ti fa dolce, gli sforzi ti mantengono forte, la stanchezza ti fa umano, le cadute umile, il successo brillante, ma le cose più grandi hanno bisogno di tempo per crescere e dare frutti. Tutto è essenziale nella vita.



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