fr. Massimo Rossi, Commento IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C)

Commento su Luca 13,1-9
fr. Massimo Rossi  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (31/03/2019)

  Visualizza Lc 15,1-3.11-32
La parabola del “Padre misericordioso”, già nota come “del figliol prodigo” mette l'accento su una questione che agita molte famiglie; oggi il Vangelo infila il coltello nella piaga delle successioni, dei diritti e delle pretese dei figli in questioni di eredità...

Se volessimo stilare una statistica, nel 90% dei casi, la radice del risentimento, il motivo del rancore è proprio un contenzioso ereditario; e anche quando non si arriva in tribunale - e la maggior parte dei casi non finisce sul tavolo del giudice - le liti per la successione spaccano le famiglie, compromettendo per sempre i rapporti tra fratelli...

La scelta di questo padre di liquidare il figlio minore, assecondando le sue pretese, rappresenta una soluzione interessante; un genitore che voglia evitare litigi tra i figli, dopo la propria morte, può decidere di affrontare la questione della successione in vita, contribuendo così di persona alla salvaguardia dell'unità e della pace familiare...

Senonché, il figlio minore si rivela egoista, scriteriato e incosciente... il classico figlio-di-papà; e come spesso capita ai figli-di-papà, quando ereditano una fortuna, il denaro dà alla testa, fa perdere il ben dell'intelletto e in pochi mesi l'intero patrimonio evapora.

È giocoforza, che, finiti gli sghei, finiti i soldi, il frescone si vide obbligato a tornare a Canossa, col cappello in mano... E sia! Non voglio dubitare della buonafede del ragazzo - almeno non del tutto!... -. È tuttavia un fatto evidente che, a piegare il figlio prodigo a più miti consigli, fu un destino crudele, il quale, sappiamo, non guarda in faccia nessuno.

L'indigenza è umiliante: non avere niente da mangiare, dipendere da un padrone prepotente e violento... Lo sanno bene quelle migliaia di profughi ridotti in schiavitù, condannati ai lavori forzati nelle piantagioni di pomodori, con un salario da fame, senza contratto, né contributi, vittime del caporalato, privi di qualsiasi tutela giuridica e sociale...

Non vi sembri una divagazione strumentale, o gratuita: il Vangelo ci dice che quel ragazzo era migrato in un paese lontano. Dunque, la causa del lavoro nero c'entra, eccome se c'entra!

Ma il protagonista della parabola non è il figlio prodigo - ecco il perché del nuovo titolo -; il vero protagonista è il padre. Non a caso il racconto segue altre due pericopi brevi, rispettivamente della pecora smarrita e della moneta perduta; le tre parabole sottolineano la misericordia e la magnanimità di un pastore, di una casalinga e di un papà.

San Luca ama stabilire curiose relazione tra verbi: in questo caso, perdere/ritrovare e morire/tornare in vita. Inevitabile il riferimento alla morte e risurrezione del Signore, un riferimento già insinuato nell'episodio della perdita e ritrovamento nel Tempio di Gesù dodicenne (cfr. 2,31ss.).

Il tema del perdono è trattato in modo del tutto nuovo, talmente nuovo che lascia spiazzati...
Il perdono è una festa!

Nella mente e nel cuore dello scrittore ispirato non c'è più traccia di dolore, vergogna, orgoglio ferito,... che si respiravano invece in alcune pagine dell'Antico Testamento.

E invece, fatica, dolore, vergogna ancora scoraggiano molti fedeli dall'accostarsi al confessionale, per celebrare in forma sacramentale, cioè efficace, il perdono di Dio; sottolineo, “efficace”, non per volontà della Chiesa, ma per esplicita volontà di Cristo.

Nel Vangelo, il Signore istituì direttamente 3 sacramenti: battesimo, eucaristia e riconciliazione.

L'ordinazione sacerdotale discende dal potere di consacrare il pane e il vino, (dal potere) di rimettere i peccati, e dal mandato a battezzare, riservati agli apostoli e ai loro successori.

La confermazione/cresima si deduce dal racconto del battesimo ricevuto da Gesù presso il Giordano. Per la confermazione è fondamentale il racconto della Pentecoste che troviamo negli Atti degli Apostoli (cap.2). Sul matrimonio in quanto indissolubile, Gesù parla in occasione della questione-divorzio (cfr. Mc10,1-12). Quanto all'unzione dei malati - l'antica estrema unzione - il testo fondamentale è la Lettera di Giacomo (cfr.: Gc 5,13ss).

Ho pensato di utilizzare gli ultimi istanti a disposizione per sottolineare ancora la novità della prospettiva sulla riconciliazione, inaugurata dal Vangelo. Pensate al comportamento del padre, così diverso da come se l'aspettava il ragazzo: costui aveva in testa il suo errore, soltanto il suo errore, un errore gravissimo, un errore irreparabile... Non si attendeva alcuna misericordia... disposto addirittura a rinunciare al rango di figlio. Si sarebbe accontentato del salario dello schiavo: una razione di cibo e un giaciglio, le cose che in quel momento gli mancavano.

Le cose che mancano, “il bicchiere mezzo vuoto”... non era sufficiente il disprezzo di sé, la certezza straziante di avere fallito tutta una vita... Come se un errore, ancorché grave, avesse la forza di compromettere non solo la vita futura, ma anche quella passata, rappresentata appunto dalla discendenza filiale.

Sia chiaro che nessun peccato è tanto grave da compromettere irrimediabilmente la vita presente e soprattutto quella futura.

Laddove c'è pentimento sincero, il perdono di Dio guarisce! Sempre!

Tempo scaduto: non ho parlato del figlio maggiore... anche lui aveva molto da farsi perdonare!

Non ci è dato sapere se, alla fine, si arrese anche lui all'amore del padre ed entrò a celebrare la festa del perdono...

Beh, se questa, come sembra, è una storia a lieto fine, la mia speranza è che lieto fine sia per tutti!

Fonte:www.qumran2.net


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