don Mario Simula " Un Amore senza confronti"

Un Amore senza confronti
don Mario Simula  

Domenica delle Palme (Anno C) (14/04/2019)

  Visualizza Lc 22,14-23,56
La Parola di Dio è una maestra di vita amabile e premurosa. lo possiamo cogliere dalla liturgia della Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Ci fa contemplare la meravigliosa e ingenua felicità della gente semplice, che accoglie Gesù nella città di Gerusalemme. Ci sono tutti: grandi e piccoli, uomini e donne, poveri, semplici, storpiati nel corpo e nella vita.
Proprio tutti. E gridano con entusiasmo: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”.
Sembra una fede che scaturisce dalla terra, attraversa i corpi e le anime di quelle persone, e si traduce in un inno di lode.
Troppo bella è stata l'esperienza col Maestro di Nazareth! Tutti la ricordano con grande gioia. Nascosta in mezzo a quella folla c'è la ragazza adolescente rubata alla morte; il giovane indemoniato che recupera la serenità del cuore; il cieco nato che finalmente può muoversi, può vedere, può gustare quanto lo circonda; forse c'è anche la donna che ha toccato il mantello di Gesù ed è rimasta guarita. Tanti, tutti consapevoli e tutti anonimi, in quel momento, perché uniti in quell'unico canto di lode.
Da un'altra parte, ma nella spessa narrazione, c'é il racconto della Passione del Signore nella versione di San Luca. Gesù è consapevole che la festa di quella domenica apre la strada ai giorni terribili della Passione e della morte. In Lui, riconoscente verso tutti e verso il Padre, c'è una venatura di tristezza. Toccherà con mano l'amarezza del bacio di Giuda, il bruciante rinnegamento di Pietro, la fuga pavida di tutti i suoi amici. Resterà solo a salire quel Monte. L'unica compagnia certa, tenera, forte come una roccia, è quella della madre che segue, respiro dopo respiro, il dolore del figlio. Gesù passa attraverso insulti, frasi canzonatorie e beffarde, sputi nauseanti, colpi crudeli, mancanze ostinate di pietà. Ma, arrivando al monte della Crocifissione, accetta di essere una cosa sola con quel legno, al quale è appeso con crudeltà insaziabile. Tutto sanguina in Gesù, il corpo e il cuore.
Perché non si ribella? Perché non fa giustizia? E' il mistero del suo amore che, al contrario, si traduce in parole inaudite, scandalose per noi che siamo crudeli come tutti i crocifissori di ogni tempo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Ma quella soldataglia e quei capi del popolo e i sacerdoti, continuano a schernirlo e a deriderlo, rifiutandolo come Dio prima di tutto, e poi, rifiutandolo come uomo. Gesù, appeso a quel legno, è “nulla”. Un “nulla assoluto”. Davanti agli occhi di tutti c'è l'avversario, il nemico, il criminale, il delinquente. Gesù non ha più nemmeno lo splendore della dignità umana.
Verme, non uomo.
Eppure uno dei due criminali crocifissi con lui intravede, nell'uomo di quel patibolo, un'inspiegabile forza d'amore e di misericordia. Osa rivolgersi a Gesù: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”.
Lo chiama Gesù, con confidenza, come si fa con un amico di vecchia data, con una persona della quale ci si fida ciecamente: “Gesù, Gesù, tu che puoi farmi entrare nel tuo regno d'amore, portami con te o almeno ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. La risposta di Gesù è immediata, dolcissima, traboccante di bontà e di perdono. “In verità io ti dico, fratello mio: Oggi con me sarai nel Paradiso”. Con me. Con me. Starei ore ad ascoltare questa sinfonia eterna: “Oggi, oggi, con me, con me sarai nel paradiso”.
E' un canto di speranza per tutti noi; anche quando ci lasciamo contaminare dal peccato. Soprattutto dal peccato di chi si ferma a guardare l'ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme e non sa andare oltre. Non sa seguirlo fino alla croce. Non lo sa amare con tutto il cuore, con tutto il corpo, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutto se stesso. Il nostro amore è scialbo, mediocre, tiepido, nauseante. Non è amore. Intanto Gesù continua a distribuire a piene mani la misericordia e lotta con il dolore.
Prima di spirare, trova le parole giuste dell'abbandono nelle mani del Padre. In quelle parole c'è una scuola di fiducia, di certezza di un amore che non tradisce mai. C'è l'incontro di due sguardi: quello del Figlio sofferente, quello del Padre accogliente.
Gesù trova quel soffio di voce, quella piccola riserva di respiro per poter dire con certezza, con forza, con sicurezza: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Dov'è il mio gruppo di appartenenza in tutta questa vicenda? Fra i tanti che osannano e poi diventeranno nemici? Fra quelli che deridono, e che senza gratitudine, gridano anch'essi: crocifiggilo, crocifiggilo!”? O fra quelli che avranno, anche in mezzo a tante esitazioni, il coraggio di salire fino al monte, di collocarsi ai piedi di quella croce, come faranno la Madre e Maria di Magdala? O riusciremo, almeno, a riconoscerci nel centurione, un pagano abituato a eseguire gli ordini, ma retto nel cuore, il quale vedendo l'accaduto, rende gloria a Dio: “Veramente quest'uomo era giusto”?
Iniziamo la Grande Settimana, cuore della vita, della comunità, dei credenti, contemplando questo affresco esaltante, nelle sue diverse facce, da angolature contraddittorie.
Iniziamo la Grande Settimana, battendoci il petto perché non siamo degni di contemplarla. Ma anche confidando in Gesù che dice a me, a te, a tutti noi: “Seguimi! Seguimi senza stancarti! La mia strada ti porterà davanti al sepolcro ormai vuoto”.

Gesù, io canto per te, grido per te, sono felice per te. Ti sto riconoscendo “mio Signore e mio Dio” e mi sento privilegiato, perché tu, mio Signore e mio Dio, mi hai scelto. Io valgo meno della polvere che calpesti, valgo meno degli insulti che ricevi, valgo meno delle condanne infami che cadono sulla tua testa. Eppure tu, Gesù, mi scegli. Che cosa ti spinge ad amarmi così pazzamente? Che cosa ti spinge a distrarre il tuo sguardo dai tuoi passi, per fissare i miei occhi smarriti, sfuggenti e indecifrabili? Che cosa ti spinge ad amarmi in questo modo?

Una cosa tu conosci bene: io sono un miscuglio di tradimenti e di dichiarazioni d'amore.

Sono un residuo di fedeltà cercata e di incoerenza vissuta. Sono un povero che, davanti al tuo ingresso in Gerusalemme, si esalta sperando in una sorte fortunata. Quando però, Gesù, capisco il prezzo necessario per seguirti, divento come un ubriaco. Un po' mi nascondo, un po' mi affaccio per curiosare, ma soprattutto, mi sento sconvolto dai rimorsi.
Che cosa non hai fatto tu, per me, Gesù, che adesso io debba unirmi al vociare scomposto della gente per condannarti, anch'io, con una voce stonata e stridula?
Aiutami a venire allo scoperto. Ti seguo fino a quella croce sospesa tra cielo e terra, come il cireneo, che sa prendere ogni giorno la sua croce, e seguirti. Come la Veronica che sa asciugare il tuo volto e ne rimane folgorata nel cuore per sempre.
Come le donne che piangono su di te e dimenticano che devono piangere sui loro peccati.
Io non so fare molto di più, Gesù. Forse molto di meno.
Vorrei scappare Gesù. Vorrei perdermi nei deserti della mia aridità. Vorrei essere inghiottito dalla terra. Ma il tuo sguardo intenso, mi dissuade e mi dice: “Vieni. Fin dove puoi. Come puoi. Ma vieni. Anche il tuo amore incolore può essermi di conforto in questo momento disperato di dolore”.
Gesù, sto arrancando lungo i tornanti del calvario. Vorrei sedermi e lasciarti andare solo. Vorrei scappare e lasciarti solo. Ma l'amore mi spinge. Che amore strano, il mio! Ti rinnega e ti desidera. Ti disprezza e ti esalta. Ti rifiuta e ti cerca. Che amore strano è il mio! Eppure vengo con te. Fra qualche giorno prenderai il mio cuore e lo ricostruirai nuovo. Ti sporcherai le mani con il mio sangue, con i miei rifiuti, con le mie contraddizioni, con le mie paure, con i miei peccati. Eppure mi darai un cuore nuovo, un cuore che prova passione per te, che sa reggere il tuo sguardo, che sa piangere di gioia e di dolore, che sa essere felice anche quando sputa sangue. Che prova ad essere come il tuo cuore.
Tu, ci hai messo tutto di te. Perché devo deturpare la tua opera prodigiosa? Verrò con te a qualsiasi costo, anche ferito dal male; ma verrò con te perché il tuo cuore può, desidera, vuole contenermi.
Sono consumato dal pianto Gesù. E' una tua dolcissima grazia. Anche perché, guardandoti, attraverso le lacrime, scorgo che anche tu piangi con me.


Fonte:www.qumran2.net


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