don Fabio Rosini, "SCOPRIRE QUELLO CHE IL SIGNORE FA PER ME"
XVI Domenica Del Tempo Ordinario (Anno C) - 21 Luglio 2019
SCOPRIRE QUELLO CHE IL SIGNORE FA PER ME
[Marta] si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Luca 10,38-42
Nel Vangelo di questa domenica Marta ospita il Signore Gesù, evento tutt’altro che banale. Nelle varie tappe della vita spirituale, la fase dell’accoglienza è decisiva. Il Signore, parafrasando l’Apocalisse, entra nella nostra esistenza bussando alla nostra porta – e si tratta di lasciarlo entrare. Così facendo, il rapporto con Lui diviene una vera relazione e si diventa intimi. Marta fa questo e non è poco.
Ma una volta aperta la porta al Signore Gesù, c’è un ulteriore salto di qualità da fare e molti trovano grande difficoltà a vivere il passo successivo. Spesso sono proprio le persone più dotate quelle a cui questo scatto risulta ostico. Ossia? Non c’è solo da accogliere il Signore, ma da accoglierlo per quel che Lui è e non secondo i nostri schemi. Questo salto è fotografato dal nostro brano.
Marta accoglie Gesù ed essendo una donna valida, capace, dotata, una primogenita operativa, una donna che sa muoversi e fare molte cose, ecco che sfodera le sue proprie caratteristiche. È arrivato questo Maestro, con tutto il suo codazzo, e siamo in un villaggio israelitico, dove l’ospitalità è sacra.
La prima lettura di questa domenica prepara il tema con il brano della generosa accoglienza che Abramo offre a tre uomini, un nomade come Abramo sa che accogliere o non accogliere un viandante poteva essere questione di vita o di morte.
Ma ad Abramo – come a Marta – succede qualcosa che va oltre lo schema dell’accoglienza: chi arriva ha da dare più di quanto gli si possa offrire.
Abramo prepara di tutto per questi tre pellegrini, ma loro cambieranno la sua vita, lasciandogli la fecondità che lui tanto aspettava. Marta, dal canto suo, si scatena con tutto il suo apparato di rappresentanza e va in ansia diventando aggressiva con la sorella che non la aiuta. Ma cosa sta facendo sua sorella Maria? Sta ferma, inchiodata a ricevere quel che questo Pellegrino ha da darle. Per Maria la parola di questo Maestro non la si può perdere.
LA PARTE MIGLIORE. Per Marta resta centrale la sua azione, quel che lei produce. Quel che lei non intende è che oggi, nella sua casa, è entrato un Altro, un diverso. Questo ha poco da ricevere e tantissimo da dare. Ha da dare “la parte migliore” che nessuno può togliere mai più.
Servire è fondamentale, ma è un risultato, non è il punto di partenza. Non siamo mai noi ad amare per primi, non si parte da noi ma da Lui. Se diamo quel che sappiamo dare, per quanto bravi siamo, sarà sempre una cosa che termina, che sarà tolta, prima o poi.
Per entrare in qualcosa che sappia del Cielo, che profumi di eternità, bisogna riceverlo da Colui che viene dal Padre. Solo Lui sa dare quel che non mi sarà tolto nella gioia e nel dolore, nell’abbondanza e nell’indigenza, nella malattia o nel rifiuto, che nessun ladro mi potrà rubare e che sarà più importante di tutto. Quando scopro cosa il Signore fa per me, quel che faccio per gli altri mi sembra sempre poco e lo faccio con gioia. E non ho la testa per misurare se mia sorella fa di meno o di più. Ho di meglio a cui pensare.
Fonte:http://www.famigliacristiana.it
SCOPRIRE QUELLO CHE IL SIGNORE FA PER ME
[Marta] si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Luca 10,38-42
Nel Vangelo di questa domenica Marta ospita il Signore Gesù, evento tutt’altro che banale. Nelle varie tappe della vita spirituale, la fase dell’accoglienza è decisiva. Il Signore, parafrasando l’Apocalisse, entra nella nostra esistenza bussando alla nostra porta – e si tratta di lasciarlo entrare. Così facendo, il rapporto con Lui diviene una vera relazione e si diventa intimi. Marta fa questo e non è poco.
Ma una volta aperta la porta al Signore Gesù, c’è un ulteriore salto di qualità da fare e molti trovano grande difficoltà a vivere il passo successivo. Spesso sono proprio le persone più dotate quelle a cui questo scatto risulta ostico. Ossia? Non c’è solo da accogliere il Signore, ma da accoglierlo per quel che Lui è e non secondo i nostri schemi. Questo salto è fotografato dal nostro brano.
Marta accoglie Gesù ed essendo una donna valida, capace, dotata, una primogenita operativa, una donna che sa muoversi e fare molte cose, ecco che sfodera le sue proprie caratteristiche. È arrivato questo Maestro, con tutto il suo codazzo, e siamo in un villaggio israelitico, dove l’ospitalità è sacra.
La prima lettura di questa domenica prepara il tema con il brano della generosa accoglienza che Abramo offre a tre uomini, un nomade come Abramo sa che accogliere o non accogliere un viandante poteva essere questione di vita o di morte.
Ma ad Abramo – come a Marta – succede qualcosa che va oltre lo schema dell’accoglienza: chi arriva ha da dare più di quanto gli si possa offrire.
Abramo prepara di tutto per questi tre pellegrini, ma loro cambieranno la sua vita, lasciandogli la fecondità che lui tanto aspettava. Marta, dal canto suo, si scatena con tutto il suo apparato di rappresentanza e va in ansia diventando aggressiva con la sorella che non la aiuta. Ma cosa sta facendo sua sorella Maria? Sta ferma, inchiodata a ricevere quel che questo Pellegrino ha da darle. Per Maria la parola di questo Maestro non la si può perdere.
LA PARTE MIGLIORE. Per Marta resta centrale la sua azione, quel che lei produce. Quel che lei non intende è che oggi, nella sua casa, è entrato un Altro, un diverso. Questo ha poco da ricevere e tantissimo da dare. Ha da dare “la parte migliore” che nessuno può togliere mai più.
Servire è fondamentale, ma è un risultato, non è il punto di partenza. Non siamo mai noi ad amare per primi, non si parte da noi ma da Lui. Se diamo quel che sappiamo dare, per quanto bravi siamo, sarà sempre una cosa che termina, che sarà tolta, prima o poi.
Per entrare in qualcosa che sappia del Cielo, che profumi di eternità, bisogna riceverlo da Colui che viene dal Padre. Solo Lui sa dare quel che non mi sarà tolto nella gioia e nel dolore, nell’abbondanza e nell’indigenza, nella malattia o nel rifiuto, che nessun ladro mi potrà rubare e che sarà più importante di tutto. Quando scopro cosa il Signore fa per me, quel che faccio per gli altri mi sembra sempre poco e lo faccio con gioia. E non ho la testa per misurare se mia sorella fa di meno o di più. Ho di meglio a cui pensare.
Fonte:http://www.famigliacristiana.it
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