don Giovanni Berti, Assomiglio A Dio Padre?
XVII domenica tempo ordinario – anno C
Mio papà Pietro quest’anno, esattamente il 27 luglio, avrebbe compiuto 90 anni. Purtroppo se ne è andato per una malattia quando non aveva ancora 63 anni, e io non ero ancora prete, 27 anni fa. Quando nel Vangelo Gesù parla di Dio come “suo Padre e Padre vostro…” non posso non andare con il pensiero e con il sentimento alla mia esperienza di mio padre e padre delle mie sorelle.
I discepoli vedono Gesù in intimità profonda con Dio in un rapporto speciale con lui nella preghiera, e che ne parla loro continuamente. Anche i discepoli hanno questo desiderio, che è in fondo di ogni uomo, di trovare la giusta intimità e sintonia con l’Assoluto, con Dio. “Insegnaci a pregare” gli dicono, e Gesù risponde non tanto con una formula da imparare a memoria, ma con un atteggiamento profondo del cuore da imprimere nell’animo prima ancora che nei neuroni come un esercizio mnemonico.
“Padre” è la prima parola della preghiera che troviamo in questo racconto dell’evangelista Luca e che corrisponde più o meno a quella dell’evangelista Matteo, anche se con parole un po’ diverse. Anche gli altri Evangelisti, Marco e Giovanni, pur non riportando questa preghiera, in fondo ricordano benissimo che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a guardare a Dio come Padre, Padre suo, Padre loro, Padre di ogni essere umano.
La preghiera serve quindi ad incidere nella mente e nel cuore il vero volto di Dio, che non è quello del legislatore puntiglioso di regole morali, non è quello del giudice severo e inflessibile o del gendarme pronto a punire in maniera eterna ogni sgarro. Questo non è Dio, non è il suo volto!
Dio è “padre”, come lo è il padre e direi anche la madre che tutti abbiamo. Dei nostri genitori noi portiamo spesso chiari i tratti del volto e del corpo, ma non sempre ci assomigliamo perché può capitare che non siamo nemmeno geneticamente identici come succede nelle adozioni o quando un figlio non è di entrambi i genitori. Ma sicuramente chi ci cresce pian piano imprime i tratti del suo volto interiore sul nostro e ci insegna ad amare, a credere, ad affrontare il mondo, le difficoltà della vita, le gioie, gli impegni…
Gesù pian piano, crescendo e operando in mezzo agli uomini del suo tempo e in particolare con i suoi discepoli, ha mostrato il volto di Dio, quello vero. Gesù chiama Dio “Padre” e insegna ai suoi discepoli a fare lo stesso, perché davvero Dio è così e vuole essere riconosciuto come tale nella vita del suo Figlio e dei suoi figli che oggi siamo noi.
Dire “Padre…” nella preghiera rivolta a Dio è prima di tutto una confessione di fede, perché dice che crediamo che Dio non è “banalmente” una “entità superiore” o “il Creatore”, con un volto e un comportamento indefiniti e distanti… Dio è padre! Di Dio Padre vogliamo ritrovare nel nostro volto i suoi tratti, il suo stile, il suo modo di fare e soprattutto di amare.
Dire “Padre…” nella preghiera è anche un impegno ad assomigliargli sapendo che anche nel volto dei nostri simili, anche se di colore, età, condizione sociale, nazione e persino religione diversa, c’è qualcosa di Dio, del nostro Padre comune! In questo sta il fondamento nella fraternità universale che è alla base della nostra fede cristiana.
In questi tempi è tornata di moda una applicazione del telefonino che ti permette di giocare con le foto. Si chiama FaceApp e con dei filtri riesce a “invecchiare” i volti. Tanti, me compreso, hanno giocato a farsi una foto e vedere come si diventa con 30-40 anni di più. Io vedendo il risultato con le mie foto non ho visto niente del volto di mio papà e nemmeno nei miei nonni, anche perché avevano tutti un sacco di capelli e non avevano la barba. Quindi da anziano non assomiglio a mio papà. Ma mi auguro davvero di arrivare anche a superare l’età di mio padre quando è morto e assomigliargli nello stile, nella generosità, nella fede e amore per la vita e gli altri. Vorrei davvero che chi mi incontra e conosceva lui possa trovare in me, nel mio modo di fare un po’ del suo volto interiore.
Ma pensando al Padre di tutti che è Dio, vorrei la stessa cosa, cioè arrivare a far si che con il mio modo di fare, con la mia fede, con le mie parole, le mie scelte quotidiane, chi cerca Dio come Padre possa almeno un po’ scorgere in me i tratti del Suo volto vero, così come i discepoli li vedevano e li amavano nell’uomo Gesù.
Giovanni don
Fonte:http://www.gioba.it/
Mio papà Pietro quest’anno, esattamente il 27 luglio, avrebbe compiuto 90 anni. Purtroppo se ne è andato per una malattia quando non aveva ancora 63 anni, e io non ero ancora prete, 27 anni fa. Quando nel Vangelo Gesù parla di Dio come “suo Padre e Padre vostro…” non posso non andare con il pensiero e con il sentimento alla mia esperienza di mio padre e padre delle mie sorelle.
I discepoli vedono Gesù in intimità profonda con Dio in un rapporto speciale con lui nella preghiera, e che ne parla loro continuamente. Anche i discepoli hanno questo desiderio, che è in fondo di ogni uomo, di trovare la giusta intimità e sintonia con l’Assoluto, con Dio. “Insegnaci a pregare” gli dicono, e Gesù risponde non tanto con una formula da imparare a memoria, ma con un atteggiamento profondo del cuore da imprimere nell’animo prima ancora che nei neuroni come un esercizio mnemonico.
“Padre” è la prima parola della preghiera che troviamo in questo racconto dell’evangelista Luca e che corrisponde più o meno a quella dell’evangelista Matteo, anche se con parole un po’ diverse. Anche gli altri Evangelisti, Marco e Giovanni, pur non riportando questa preghiera, in fondo ricordano benissimo che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a guardare a Dio come Padre, Padre suo, Padre loro, Padre di ogni essere umano.
La preghiera serve quindi ad incidere nella mente e nel cuore il vero volto di Dio, che non è quello del legislatore puntiglioso di regole morali, non è quello del giudice severo e inflessibile o del gendarme pronto a punire in maniera eterna ogni sgarro. Questo non è Dio, non è il suo volto!
Dio è “padre”, come lo è il padre e direi anche la madre che tutti abbiamo. Dei nostri genitori noi portiamo spesso chiari i tratti del volto e del corpo, ma non sempre ci assomigliamo perché può capitare che non siamo nemmeno geneticamente identici come succede nelle adozioni o quando un figlio non è di entrambi i genitori. Ma sicuramente chi ci cresce pian piano imprime i tratti del suo volto interiore sul nostro e ci insegna ad amare, a credere, ad affrontare il mondo, le difficoltà della vita, le gioie, gli impegni…
Gesù pian piano, crescendo e operando in mezzo agli uomini del suo tempo e in particolare con i suoi discepoli, ha mostrato il volto di Dio, quello vero. Gesù chiama Dio “Padre” e insegna ai suoi discepoli a fare lo stesso, perché davvero Dio è così e vuole essere riconosciuto come tale nella vita del suo Figlio e dei suoi figli che oggi siamo noi.
Dire “Padre…” nella preghiera rivolta a Dio è prima di tutto una confessione di fede, perché dice che crediamo che Dio non è “banalmente” una “entità superiore” o “il Creatore”, con un volto e un comportamento indefiniti e distanti… Dio è padre! Di Dio Padre vogliamo ritrovare nel nostro volto i suoi tratti, il suo stile, il suo modo di fare e soprattutto di amare.
Dire “Padre…” nella preghiera è anche un impegno ad assomigliargli sapendo che anche nel volto dei nostri simili, anche se di colore, età, condizione sociale, nazione e persino religione diversa, c’è qualcosa di Dio, del nostro Padre comune! In questo sta il fondamento nella fraternità universale che è alla base della nostra fede cristiana.
In questi tempi è tornata di moda una applicazione del telefonino che ti permette di giocare con le foto. Si chiama FaceApp e con dei filtri riesce a “invecchiare” i volti. Tanti, me compreso, hanno giocato a farsi una foto e vedere come si diventa con 30-40 anni di più. Io vedendo il risultato con le mie foto non ho visto niente del volto di mio papà e nemmeno nei miei nonni, anche perché avevano tutti un sacco di capelli e non avevano la barba. Quindi da anziano non assomiglio a mio papà. Ma mi auguro davvero di arrivare anche a superare l’età di mio padre quando è morto e assomigliargli nello stile, nella generosità, nella fede e amore per la vita e gli altri. Vorrei davvero che chi mi incontra e conosceva lui possa trovare in me, nel mio modo di fare un po’ del suo volto interiore.
Ma pensando al Padre di tutti che è Dio, vorrei la stessa cosa, cioè arrivare a far si che con il mio modo di fare, con la mia fede, con le mie parole, le mie scelte quotidiane, chi cerca Dio come Padre possa almeno un po’ scorgere in me i tratti del Suo volto vero, così come i discepoli li vedevano e li amavano nell’uomo Gesù.
Giovanni don
Fonte:http://www.gioba.it/
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