Monastero Domenicano Matris Domini, Lectio XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Commento su Luca 12,13-21
Monastero Domenicano Matris Domini
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Visualizza Lc 12,13-21
Collocazione del brano
Settimana scorsa abbiamo letto gran parte del capitolo 11, che ci dava l'insegnamento di Gesù sulla preghiera. Il capitolo continua poi con altri discorsi di Gesù su alcuni temi diversi: la differenza tra il suo agire e quello di Beelzebul, la beatitudine di coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica, il segno di Giona, l'invito ad essere luce e le invettive contro i farisei e i dottori della Legge. Anche il capitolo 12 è piuttosto composito, ma si concentra in particolare sullo stile di vita che devono adottare i suoi discepoli in mezzo al mondo. Questo insegnamento rimane valido anche per noi oggi. Il capitolo 12 ci accompagnerà in questa e nelle due domeniche seguenti. Il brano previsto per oggi ha come tema principale l'atteggiamento che il discepolo di Cristo deve avere nei confronti delle ricchezze. L'intervento di un anonimo della folla provoca la brusca entrata in scena del tema: colui che ha fatto la scelta cristiana, quale posto deve dare al possesso dei beni? Problema sempre di attualità nella vita della comunità cristiana, messa a confronto con gli affari del mondo.
La risposta non è un consiglio di amministrazione pratica o di diritto, ma si pone su un piano più alto: la vita vera non si misura in base alla quantità dei beni posseduti.
Lectio
13 Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".
Un anonimo espone a Gesù un problema di eredità. Si rivolge a Gesù come a un rabbi, visto che questi ultimi erano non solo teologi e maestri, ma anche giuristi che potevano essere chiamati per risolvere questioni di diritto enunciate dalla Legge.
14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".
La risposta di Gesù alla richiesta dell'anonimo è un netto rifiuto. Gesù non vuole che lo si consideri un semplice rabbi. Colui che lo interpella viene invitato a riflettere sulla vera identità e missione del Profeta escatologico.
Gesù approfitta di questo intervento per esortare chi lo ascolta ad evitare la brama di possesso.
15E disse loro: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".
L'evangelista invita a mantenere la vigilanza contro la tendenza pericolosa di cercare la sicurezza della vita nelle ricchezze accumulate. Le ricchezze infatti non aumentano la garanzia di un'esistenza al riparo dalla transitorietà.
Qui Luca usa il termine «vita» senza precisare se si tratti della vita eterna. Il contesto si adatta a entrambe i significati: alla luce della parabola, è questa vita terrena che non viene assicurata dai beni posseduti; ma il v. 21 indica che l'autore non dimentica la vera vita, la vita che non passa, e proprio la cupidigia imprigiona l'uomo in un atteggiamento che non aiuta ad «arricchirsi in Dio».
16Poi disse loro una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
Il tema di colui che ha ricchezze e ne può godere è ampiamente presente nella letteratura sapienziale.
Soprattutto in Qoelet 9,7-9 e in Siracide 11,18-19 il godere dei beni è visto positivamente, perché i beni sono una benedizione di Dio.
Luca, come in altri luoghi mette in scena il suo personaggio: un uomo. Egli non ha altre caratteristiche se non quella di essere un ricco proprietario terriero. Non si dice se egli si sia arricchito in modo onesto o disonesto. Egli è ricco e i suoi campi rendono al massimo.
17Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?
Luca utilizza ancora uno dei suoi espedienti letterari: ci comunica i pensieri del personaggio. Il ricco non ha il problema di arricchirsi, ma di come conservare le raccolte. I suoi affari sono andati a gonfie vele, egli pensa di ritirarsi per goderne in pace: un ragionamento più che giustificato. Non si tratta qui dunque di cupidigia.
18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
La soluzione migliore è costruire depositi nuovi e più grandi dove immagazzinare il grano «e i miei beni»: forse qui si allude discretamente anche ai beni del lettore, invitandolo a riflettere sulla propria situazione.
19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!".
Il ricco continua a dialogare con se stesso e tira le conseguenze per la sua futura esistenza: grazie a tutti i beni posseduti può smettere le attività per riposare, mangiare, bere, festeggiare. Nella letteratura antica questi sono i verbi tipici per descrivere una vita comoda e beata. Il ricco progetta per sé un futuro allegro, non dissoluto o licenzioso.
20Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?".
Questa è la finale della parabola. Lo stile rimane sapienziale: il tema della morte per indicare la precarietà dell'essere umano; l'idea di accumulare beni di cui poi godranno gli altri. Ma la letteratura sapienziale davanti alla prospettiva della morte propone di godere il più possibile nel presente dei beni materiali, perché sono una benedizione divina. Qui l'insegnamento cambia. Il ricco viene chiamato stolto perché non ha preso in considerazione la morte. Ha dimenticato che la sua vita è un dono di Dio che gli può essere richiesto in ogni tempo. Luca sottolinea quindi che l'uomo diventa ridicolo quando pensa di potersi assicurare una bella vita o la vera vita appoggiandosi solo sui propri beni, sul frutto delle sue fatiche.
21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio".
Questa frase completa il senso della parabola. Luca mette ancora più a fuoco l'insegnamento di questo brano.
L'argomento del sano uso dei beni terreni è molto importante per Luca. Il ricco ha accumulato solo per sé. Egli si sarebbe «arricchito davanti a Dio» se avesse utilizzato i suoi beni anche per aiutare gli altri, se avesse vissuto la dimensione comunitaria della sua fede condividendo con gli altri le proprie ricchezze.
La sicurezza del credente poggia soprattutto su Dio e non sulle ricchezze materiali.
Meditatio
- Quale è il mio atteggiamento verso il denaro?
- Sono capace di condividere con gli altri il frutto del mio lavoro?
- Quale posto occupa il Signore nei miei progetti per il futuro? So fidarmi di Lui per le mie necessità?
Preghiamo (Colletta della Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario - anno C)
O Dio, principio e fine di tutte le cose, che in Cristo tuo Figlio ci hai chiamati a possedere il regno, fa' che operando con le nostre forze a sottomettere la terra non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall'egoismo, ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Fonte:www.qumran2.net/
Monastero Domenicano Matris Domini
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
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Collocazione del brano
Settimana scorsa abbiamo letto gran parte del capitolo 11, che ci dava l'insegnamento di Gesù sulla preghiera. Il capitolo continua poi con altri discorsi di Gesù su alcuni temi diversi: la differenza tra il suo agire e quello di Beelzebul, la beatitudine di coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica, il segno di Giona, l'invito ad essere luce e le invettive contro i farisei e i dottori della Legge. Anche il capitolo 12 è piuttosto composito, ma si concentra in particolare sullo stile di vita che devono adottare i suoi discepoli in mezzo al mondo. Questo insegnamento rimane valido anche per noi oggi. Il capitolo 12 ci accompagnerà in questa e nelle due domeniche seguenti. Il brano previsto per oggi ha come tema principale l'atteggiamento che il discepolo di Cristo deve avere nei confronti delle ricchezze. L'intervento di un anonimo della folla provoca la brusca entrata in scena del tema: colui che ha fatto la scelta cristiana, quale posto deve dare al possesso dei beni? Problema sempre di attualità nella vita della comunità cristiana, messa a confronto con gli affari del mondo.
La risposta non è un consiglio di amministrazione pratica o di diritto, ma si pone su un piano più alto: la vita vera non si misura in base alla quantità dei beni posseduti.
Lectio
13 Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".
Un anonimo espone a Gesù un problema di eredità. Si rivolge a Gesù come a un rabbi, visto che questi ultimi erano non solo teologi e maestri, ma anche giuristi che potevano essere chiamati per risolvere questioni di diritto enunciate dalla Legge.
14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".
La risposta di Gesù alla richiesta dell'anonimo è un netto rifiuto. Gesù non vuole che lo si consideri un semplice rabbi. Colui che lo interpella viene invitato a riflettere sulla vera identità e missione del Profeta escatologico.
Gesù approfitta di questo intervento per esortare chi lo ascolta ad evitare la brama di possesso.
15E disse loro: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".
L'evangelista invita a mantenere la vigilanza contro la tendenza pericolosa di cercare la sicurezza della vita nelle ricchezze accumulate. Le ricchezze infatti non aumentano la garanzia di un'esistenza al riparo dalla transitorietà.
Qui Luca usa il termine «vita» senza precisare se si tratti della vita eterna. Il contesto si adatta a entrambe i significati: alla luce della parabola, è questa vita terrena che non viene assicurata dai beni posseduti; ma il v. 21 indica che l'autore non dimentica la vera vita, la vita che non passa, e proprio la cupidigia imprigiona l'uomo in un atteggiamento che non aiuta ad «arricchirsi in Dio».
16Poi disse loro una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
Il tema di colui che ha ricchezze e ne può godere è ampiamente presente nella letteratura sapienziale.
Soprattutto in Qoelet 9,7-9 e in Siracide 11,18-19 il godere dei beni è visto positivamente, perché i beni sono una benedizione di Dio.
Luca, come in altri luoghi mette in scena il suo personaggio: un uomo. Egli non ha altre caratteristiche se non quella di essere un ricco proprietario terriero. Non si dice se egli si sia arricchito in modo onesto o disonesto. Egli è ricco e i suoi campi rendono al massimo.
17Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?
Luca utilizza ancora uno dei suoi espedienti letterari: ci comunica i pensieri del personaggio. Il ricco non ha il problema di arricchirsi, ma di come conservare le raccolte. I suoi affari sono andati a gonfie vele, egli pensa di ritirarsi per goderne in pace: un ragionamento più che giustificato. Non si tratta qui dunque di cupidigia.
18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
La soluzione migliore è costruire depositi nuovi e più grandi dove immagazzinare il grano «e i miei beni»: forse qui si allude discretamente anche ai beni del lettore, invitandolo a riflettere sulla propria situazione.
19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!".
Il ricco continua a dialogare con se stesso e tira le conseguenze per la sua futura esistenza: grazie a tutti i beni posseduti può smettere le attività per riposare, mangiare, bere, festeggiare. Nella letteratura antica questi sono i verbi tipici per descrivere una vita comoda e beata. Il ricco progetta per sé un futuro allegro, non dissoluto o licenzioso.
20Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?".
Questa è la finale della parabola. Lo stile rimane sapienziale: il tema della morte per indicare la precarietà dell'essere umano; l'idea di accumulare beni di cui poi godranno gli altri. Ma la letteratura sapienziale davanti alla prospettiva della morte propone di godere il più possibile nel presente dei beni materiali, perché sono una benedizione divina. Qui l'insegnamento cambia. Il ricco viene chiamato stolto perché non ha preso in considerazione la morte. Ha dimenticato che la sua vita è un dono di Dio che gli può essere richiesto in ogni tempo. Luca sottolinea quindi che l'uomo diventa ridicolo quando pensa di potersi assicurare una bella vita o la vera vita appoggiandosi solo sui propri beni, sul frutto delle sue fatiche.
21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio".
Questa frase completa il senso della parabola. Luca mette ancora più a fuoco l'insegnamento di questo brano.
L'argomento del sano uso dei beni terreni è molto importante per Luca. Il ricco ha accumulato solo per sé. Egli si sarebbe «arricchito davanti a Dio» se avesse utilizzato i suoi beni anche per aiutare gli altri, se avesse vissuto la dimensione comunitaria della sua fede condividendo con gli altri le proprie ricchezze.
La sicurezza del credente poggia soprattutto su Dio e non sulle ricchezze materiali.
Meditatio
- Quale è il mio atteggiamento verso il denaro?
- Sono capace di condividere con gli altri il frutto del mio lavoro?
- Quale posto occupa il Signore nei miei progetti per il futuro? So fidarmi di Lui per le mie necessità?
Preghiamo (Colletta della Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario - anno C)
O Dio, principio e fine di tutte le cose, che in Cristo tuo Figlio ci hai chiamati a possedere il regno, fa' che operando con le nostre forze a sottomettere la terra non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall'egoismo, ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Fonte:www.qumran2.net/
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