MONASTERO MARANGO, "Come una madre…"
Come una madre…
Briciole dalla mensa - 14° Domenica del Tempo Ordinario (anno C) - 7 luglio 2019
LETTURE Is 66,10-14 Sal 65 Gal 6,14-18 Lc 10,1-12.17-20
COMMENTO
Dio annuncia, tramite il profeta, di portare a Gerusalemme «la pace», che è un tale beneficio da far diventare la città come una madre che accoglie e allatta i suoi figli (prima Lettura). Gesù invia settantadue discepoli a portare «la pace» in ogni luogo ove arriveranno, con il loro annuncio del Regno nella sua persona (Vangelo). «La pace» è l'essenziale e il tutto. «La pace» è disponibilità di relazione positiva con tutti. «La pace» è dono di Dio, ed esprime, più di ogni altra realtà, la vera fede: uno è veramente credente solo se lavora a pacificare sempre più ogni sua relazione. Chi invece evita il contatto con delle persone, chi discrimina ed esclude, chi disprezza e giudica non può essere un vero credente.
Gesù invia «a due a due»: è abbozzo di una comunità. Perché solo chi vive rapporti di comunione e di fraternità può annunciare Gesù Cristo nella sua pace. E li invia in «ogni città e il luogo dove stava per recarsi»: essi ne annunciano l'arrivo, ne preparano la venuta. Gesù Cristo è presente e all'opera tra gli uomini, ma rimane anche come un divenire: non è circoscrivibile alla nostra esperienza, non è "de-finibile" (porne i confini) attraverso la conoscenza, pur animata dalla fede. Il Signore è il nostro futuro, la nostra meta, il nostro desiderio.
«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai»: i missionari vivono l'esperienza di insufficienza e di inadeguatezza. Ma questo non deve essere vissuto con un senso di disappunto e di sconfitta. Anzi, è la benedetta esperienza dell'essere piccoli e poveri. Perché non sono i numeri e i mezzi che conquistano al Vangelo, ma l'accoglienza della «pace»: «Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete vi delizierete al petto della sua gloria». Cosa c'è di più fragile, ma grande, di una madre che cura il suo piccolo?!
«Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi». Verrebbe da pensare che Gesù allora raccomandi di armarsi di qualcosa per difendersi. Invece, quello che segue, è un lungo elenco che priva il missionario non soltanto di qualsiasi protezione, ma lo espone anche ad una condizione di assoluta precarietà: «Non portate borsa, né sacca, né sandali...». Il messaggero deve vivere la condizione del messaggio che porta. Se si annuncia che Dio è una tenera madre che abbraccia e allatta i suoi figli (tutti gli uomini), come si può dire tutto ciò se la vita è armata di difese e di protezioni, di prudenze e di preoccupazione per sé?! Anche per questo, il missionario si fa accogliere nelle case, per accogliere a sua volta, portando il dono della pace.
Gesù preventiva la possibilità della non accoglienza: Lui stesso l'ha sperimentata (vedi il Vangelo di domenica scorsa). Fa parte del mistero di iniquità del mondo: rifiutare chi, da povero, bussa alla tua porta («Non ne abbiamo per tutti... Non possiamo trascurare i nostri per dare a voi... Voi volete approfittare...»). Il cristiano sa che cosa vuol dire essere rifiutato, perché lo ha visto nel suo Signore. E sa anche che Dio non ha altri volti di quello di chi bussa alla tua porta: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,1).
La reazione al rifiuto non deve essere di vendetta o di rivalsa, però è necessario denunciarlo in tutta la sua iniquità: «Quando entrerete una città e non vi accoglieranno, uscite nelle sue piazze e dite: "Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata sotto i nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi"». Non si può accondiscendere in nessun modo né salvaguardare una certa relazione con chi rifiuta l'ospitalità: non si ha nulla in comune.
«Sappiate però che il regno di Dio è vicino»: il progetto umanizzante del Padre si compie lo stesso in Gesù Cristo. Non si fa bloccare dalla non accoglienza di certi mondi, che, però, in questo modo si auto escludono dal Regno.
La povertà e la piccolezza degli inviati diventano poi il mezzo attraverso il quale può manifestarsi la potenza dello Spirito di Dio: «I demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». C'è una forza incredibile nell'assoluta debolezza. Perché la forza di Dio si manifesta sempre solo nella debolezza del credente. E poi perché, facendosi privi di qualsiasi appoggio umano, si possono raggiungere gli ultimi, cioè quelli che sono destinati ad essere primi nel regno di Dio. La povertà degli inviati è segno e testimonianza credibile del Regno che anch’essi attendono come realtà unica che dà vita. E questo atteggiamento dice la verità del loro annuncio.
Alberto Vianello
Fonte:www.monasteromarango.it
Briciole dalla mensa - 14° Domenica del Tempo Ordinario (anno C) - 7 luglio 2019
LETTURE Is 66,10-14 Sal 65 Gal 6,14-18 Lc 10,1-12.17-20
COMMENTO
Dio annuncia, tramite il profeta, di portare a Gerusalemme «la pace», che è un tale beneficio da far diventare la città come una madre che accoglie e allatta i suoi figli (prima Lettura). Gesù invia settantadue discepoli a portare «la pace» in ogni luogo ove arriveranno, con il loro annuncio del Regno nella sua persona (Vangelo). «La pace» è l'essenziale e il tutto. «La pace» è disponibilità di relazione positiva con tutti. «La pace» è dono di Dio, ed esprime, più di ogni altra realtà, la vera fede: uno è veramente credente solo se lavora a pacificare sempre più ogni sua relazione. Chi invece evita il contatto con delle persone, chi discrimina ed esclude, chi disprezza e giudica non può essere un vero credente.
Gesù invia «a due a due»: è abbozzo di una comunità. Perché solo chi vive rapporti di comunione e di fraternità può annunciare Gesù Cristo nella sua pace. E li invia in «ogni città e il luogo dove stava per recarsi»: essi ne annunciano l'arrivo, ne preparano la venuta. Gesù Cristo è presente e all'opera tra gli uomini, ma rimane anche come un divenire: non è circoscrivibile alla nostra esperienza, non è "de-finibile" (porne i confini) attraverso la conoscenza, pur animata dalla fede. Il Signore è il nostro futuro, la nostra meta, il nostro desiderio.
«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai»: i missionari vivono l'esperienza di insufficienza e di inadeguatezza. Ma questo non deve essere vissuto con un senso di disappunto e di sconfitta. Anzi, è la benedetta esperienza dell'essere piccoli e poveri. Perché non sono i numeri e i mezzi che conquistano al Vangelo, ma l'accoglienza della «pace»: «Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete vi delizierete al petto della sua gloria». Cosa c'è di più fragile, ma grande, di una madre che cura il suo piccolo?!
«Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi». Verrebbe da pensare che Gesù allora raccomandi di armarsi di qualcosa per difendersi. Invece, quello che segue, è un lungo elenco che priva il missionario non soltanto di qualsiasi protezione, ma lo espone anche ad una condizione di assoluta precarietà: «Non portate borsa, né sacca, né sandali...». Il messaggero deve vivere la condizione del messaggio che porta. Se si annuncia che Dio è una tenera madre che abbraccia e allatta i suoi figli (tutti gli uomini), come si può dire tutto ciò se la vita è armata di difese e di protezioni, di prudenze e di preoccupazione per sé?! Anche per questo, il missionario si fa accogliere nelle case, per accogliere a sua volta, portando il dono della pace.
Gesù preventiva la possibilità della non accoglienza: Lui stesso l'ha sperimentata (vedi il Vangelo di domenica scorsa). Fa parte del mistero di iniquità del mondo: rifiutare chi, da povero, bussa alla tua porta («Non ne abbiamo per tutti... Non possiamo trascurare i nostri per dare a voi... Voi volete approfittare...»). Il cristiano sa che cosa vuol dire essere rifiutato, perché lo ha visto nel suo Signore. E sa anche che Dio non ha altri volti di quello di chi bussa alla tua porta: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,1).
La reazione al rifiuto non deve essere di vendetta o di rivalsa, però è necessario denunciarlo in tutta la sua iniquità: «Quando entrerete una città e non vi accoglieranno, uscite nelle sue piazze e dite: "Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata sotto i nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi"». Non si può accondiscendere in nessun modo né salvaguardare una certa relazione con chi rifiuta l'ospitalità: non si ha nulla in comune.
«Sappiate però che il regno di Dio è vicino»: il progetto umanizzante del Padre si compie lo stesso in Gesù Cristo. Non si fa bloccare dalla non accoglienza di certi mondi, che, però, in questo modo si auto escludono dal Regno.
La povertà e la piccolezza degli inviati diventano poi il mezzo attraverso il quale può manifestarsi la potenza dello Spirito di Dio: «I demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». C'è una forza incredibile nell'assoluta debolezza. Perché la forza di Dio si manifesta sempre solo nella debolezza del credente. E poi perché, facendosi privi di qualsiasi appoggio umano, si possono raggiungere gli ultimi, cioè quelli che sono destinati ad essere primi nel regno di Dio. La povertà degli inviati è segno e testimonianza credibile del Regno che anch’essi attendono come realtà unica che dà vita. E questo atteggiamento dice la verità del loro annuncio.
Alberto Vianello
Fonte:www.monasteromarango.it
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