ORDINE DEI CARMELITANI,LECTIO DIVINA:"LA PREGHIERA DEL MAESTRO LA PREGHIERA DEI DISCEPOLI"
LECTIO DIVINA: 17ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)
Lectio: Domenica,
Luca 11, 1-13
1. Orazione iniziale
Padre di ogni misericordia,
nel Nome di Cristo tuo Figlio, ti chiediamo,
mandaci il Dono,
infondi in noi lo Spirito!
Spirito Paraclito,
insegnaci a pregare nella verità
rimanendo nel nuovo Tempio
che è il Cristo.
Spirito fedele al Padre e a noi,
come la colomba al suo nido,
invoca in noi incessantemente al Padre,
perché non sappiamo pregare.
Spirito di Cristo,
primo dono a noi credenti,
prega in noi senza stancarti il Padre,
come ci ha insegnato il Figlio. Amen.
2. Lettura
a) Il contesto liturgico:
La Liturgia della Parola di questa domenica è centrata sul tema della preghiera. Di lode o d’intercessione o di contemplazione che sia, la preghiera semplice e fiduciosa dell’uomo è sempre preziosa agli occhi di Dio che, da buon padre, ascolta volentieri le richieste dei figli, anche se già ne conosce il contenuto.
Come si vede nella prima lettura (Gn 18, 20-21. 23-32), Egli è ben disposto verso l’uomo che lo prega, al punto che accetta di cambiare le proprie decisioni, quando Abramo lo prega per Sodoma e Gomorra. È un Dio che accetta di mercanteggiare con l’amato patriarca, in un “tira e molla” che ne mostra la misericordia e che rivela quanto sia vero che l’intercessione dell’uomo è preziosa ai suoi occhi, soprattutto se quest’uomo ha riempito i propri occhi e il proprio cuore nella contemplazione della sua Presenza, come Abramo aveva fatto nell’accogliere i tre viandanti alle querce di Mamre.
Il tema della misericordia di Dio ritorna nella seconda lettura (Col2, 12-14) : siamo viventi, viviamo della vera vita, quella dei con-risorti con Cristo, solo perché Dio ha avuto misericordia di noi e non ha tenuto conto dei nostri peccati, badando a nient’altro che alla nostra salvezza. Perciò, ora viviamo “per Cristo, con Cristo, in Cristo” e possiamo rapportarci a Dio con piena fiducia di essere accolti e ascoltati non da un giudice ma da un Padre che si occupa con amore immenso del nostro bene.
In questa domenica, mentre forse assorti nel tentativo di distrarci dal tran tran quotidiano, la Parola di Dio ci fa fermare per esporci con calma e fiducia al sole di Dio, il Padre amorevole al quale, da figli nel Figlio, possiamo chiedere tutto ciò di cui abbiamo necessità con la sicurezza che ci darà il meglio di Sé: lo Spirito.
b) Il brano nel suo contesto:
Il vangelo s’incastona quasi all’inizio della “grande inclusione” di Luca (nella quale il terzo evangelista abbandona la traccia di Marco per seguire una fonte propria). Questa lunga sezione caratteristica del vangelo di Luca (9, 51 – 19, 44) è caratterizzata da un incessante viaggiare di Gesù verso Gerusalemme, a volte con un itinerario impossibile da seguire su una cartina geografica, seguendo un percorso comunque lunghissimo e farraginoso che sembra non raggiungere la meta. Si tratta di un viaggiare di grande valore teologico, con un orientamento preciso: Gesù è “il profeta itinerante che dirige la sua attenzione verso la Città santa dove lo chiama la volontà divina” (G. Rossé). Infatti la sezione comincia con un’espressione famosa: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme” (Lc 9, 51).
Durante questo viaggio, Gesù si dedica soprattutto all’insegnamento, comportandosi davvero come Dio che “visita” gli uomini (cfr Lc 1, 78; 7, 16) e, in vista della propria morte ormai imminente, lasciando quasi un testamento ai suoi discepoli, per guidarne l’esistenza nel mondo fino al proprio ritorno definitivo. Così, nelle pagine immediatamente precedenti il nostro vangelo, troviamo due dei tre annunci della passione, il famoso “inno di lode al Padre” che si rivela ai piccoli, la parabola del “buon samaritano” e anche l’episodio dell’ospitalità di Marta e Maria, nel quale Gesù propone come modello di discepolato una donna, Maria, capace di “scegliere la parte migliore” e concentrare tutta la propria persona su di Lui. Subito dopo quest’episodio si trova il nostro brano evangelico.
c) Il testo:
Luca 11, 1-131 Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione».
5 Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; 7 e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; 8 vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».
d) Per aiutare la comprensione del brano:
Il nostro brano evangelico è chiaramente suddiviso in sezioni:
vv. 1-4: la preghiera insegnata da Gesù
vv. 5-8: la parabola dell’amico insistente
vv. 9-13: l’insegnamento sull’efficacia della preghiera.
3. Un momento di silenzio orante
- Respiriamo lentamente… Come i discepoli, anche noi raduniamoci attorno a Gesù che prega solitario. Raccogliamo attorno a Lui e in Lui tutte le nostre energie, ciascun pensiero, ogni impegno e preoccupazione, le speranze e i dolori…
- Oggi siamo noi quei discepoli che vedono pregare il Maestro e si lasciano coinvolgere dalla sua preghiera, che evidentemente era molto speciale.
- Oggi le sue parole sono per noi, il suo invito a fidarci dell’amore del Padre è rivolto a noi, troppo presi dalle nostre cose, troppo alla ricerca del “tutto e subito”, ammaliati da mille cose che poi (ma solo “poi”, dopo qualche evento che ci percuote) scopriamo davvero superflue…
- Oggi tocca a noi dare voce alla preghiera del Maestro: Padre, sia santificato il tuo Nome…
4. Alcune domande
Cogliamo l’occasione per interrogarci sulla nostra preghiera:
* Cosa è la preghiera per me: Un obbligo? Una pausa per la ricerca di me stesso/a? La presentazione a Dio di un elenco di richieste? Una sosta in compagnia del Padre? Il dialogo semplice e fiducioso con Colui che mi ama?
* Quanto tempo dedico alla preghiera: ogni giorno qualcosa? Oppure, ogni settimana o una volta al mese? Occasionalmente? Sistematicamente? Aspetto di “sentire il bisogno” di pregare?
* Da cosa parte la mia preghiera: dalla Parola di Dio? Dal santo o dalla festività liturgica del giorno? Dalla devozione alla vergine Maria? Da un’immagine illustre o da un’icona? Dagli eventi della mia vita o da quelli della storia del mondo?
* Con chi mi incontro, quando prego: guardando nel profondo di me stesso/a, nel pregare parlo con uno che sento giudice, o amico? Lo sento “alla pari” con me o lo avverto “santo”, infinito o irraggiungibile? È accanto a me, o lontano e indifferente? È mio Padre o il mio padrone? Si occupa di me o “bada ai fatti suoi”?
* Come prego: uso in modo un po’ meccanico formule prefissate? Prego con brani di salmi o di altre pagine bibliche? Con testi liturgici? Scelgo una preghiera spontanea? Ricorro a lunghi testi dalle belle parole o preferisco ripetere una breve frase? Come utilizzo la “preghiera del Signore”? Mi ritrovo più spesso a invocare Dio per qualche necessità o a lodarlo nella liturgia o a contemplarlo nel silenzio? Riesco a pregare mentre lavoro o quando sono in qualsiasi luogo o soltanto quando mi trovo in chiesa? Riesco a fare mia la preghiera liturgica? Che posto ha la Madre di Dio nella mia preghiera?
5. Una chiave di lettura
Il nostro brano presenta la preghiera come una delle esigenze fondamentali e dei punti qualificanti della vita del discepolo di Gesù e della comunità dei discepoli.
- vv. 1-4: Gesù, come i grandi maestri religiosi del suo tempo, insegna ai propri seguaci una preghiera che li caratterizza: il “Padre nostro”.
Il testo di questa preghiera, nella versione di Luca, è molto più breve di quella riferita dall’evangelista Matteo (Mt 6, 9-13) e, probabilmente, è più fedele alla formula originaria voluta dal Signore, sebbene anche Luca abbia ritoccato il testo trasmessogli dalle sue fonti. Altrettanto si può dire del diverso contesto in cui i due evangelisti pongono questa catechesi sulla preghiera. Quello di Luca, meno dottrinale e polemico di Matteo, è più legato al rapporto e alla frequentazione personale fra il Maestro e i discepoli, è senz’altro più vicino alla realtà dei fatti: vedendolo pregare, i discepoli restano come affascinati e gli chiedono di insegnargli a pregare come lui.
Quanto alle fonti teologiche e letterarie, possiamo dire che ”la preghiera del Padre Nostro ha senza dubbio un’origine palestinese. Era recitata nella liturgia della comunità [cristiana]. H. Schürmann la considera una preghiera guida, un formulario che costituisce quasi il nucleo centrale di ogni preghiera, il cui sviluppo era lasciato alla libertà di ciascuno. Ciò spiega perché la comunità matteana si senta legittimata ad aumentare le domande” (G. Rossé). Le origini letterarie della “preghiera del Signore”, però, sono rintracciabili anche in alcune preghiere ebraiche dell’epoca, ad esempio nelle “Diciotto benedizioni”. Ancora più remotamente, le radici della preghiera insegnata da Gesù sono poste nella profonda convinzione del popolo ebraico che Dio sia “padre di Israele”, in quanto suo Re, ma anche padre di tutti i popoli e del mondo stesso, in quanto creatore di tutti.
Caratteristica della preghiera al Padre divino riportata da Luca è il suo orientamento pratico ben coniugato con gli aspetti spirituali, morali ed escatologici: il terzo evangelista vuol fare comprendere ai suoi lettori che Dio è un Padre buono e potente, di cui fidarsi comunque.
- vv. 5-8: più che di una parabola, si tratta di una similitudine, perché illustra un comportamento tipico che suscita nell’uditorio una risposta spontaneamente univoca. Nel nostro caso, alla domanda“chi tra di voi… ?” (v. 5) sarebbe difficile trovare chi non risponderebbe di slancio “nessuno!”. Dunque, il racconto vuole mostrarci il modo di agire di Dio attraverso il filtro dell’agire umano, che risulta quasi una brutta copia di quello del Padre.
La scena è ambientata nella campagna palestinese. Di solito, chi doveva intraprendere un viaggio, si metteva in cammino al calare del sole, per evitare di subire le conseguenze delle temperature diurne troppo alte. Nelle case palestinesi dell’epoca esistenza una sola stanza e tutta la famiglia la utilizzava sia per le attività diurne, sia per il riposo della notte, stendendo semplicemente delle stuoie sul pavimento.
La domanda dell’uomo che si trova in piena notte a ricevere un ospite inatteso riflette il tipico senso di ospitalità dei popoli antichi e la richiesta di “tre pani” (v. 5) si spiega col fatto che quella era la quantità di pane che costituiva il pasto normale di un adulto.
L’uomo che di notte corre dall’amico è figura del discepolo di Cristo, chiamato a pregare Dio sempre e comunque, con fiducia di essere esaudito non perché l’ha stancato, ma perché Egli è un Padre misericordioso e fedele alle promesse. La parabola serve, perciò, a spiegare con quale atteggiamento il vero discepolo deve pregare il “Padre nostro”: una confidenza totale in Dio, Padre amabile e giusto, confidenza che si spinge fino a una certa sfacciataggine, cioè a “disturbarlo” in qualsiasi momento e a insistere presso di lui in ogni modo, con la certezza di essere esauditi.
La preghiera come atteggiamento fondamentale di ogni Cristiano che voglia veramente essere discepolo di Gesù è ben presentata dall’apostolo Paolo: «Pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1Ts 5, 17-18) ; «Pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi» (Ef 6, 18).
- vv. 9-13: l’ultima parte del nostro vangelo è quella più propriamente didattica. Riprende i temi dei versetti precedenti, puntando decisamente sulla fiducia che deve caratterizzare la preghiera cristiana, basata sulla salda roccia della fede. È la fiducia dell’orante che spalanca le porte del cuore del Padre ed è proprio la sua identità di Padre che ama portare in braccio i suoi figli econsolarli con la tenerezza di una madre (cfr Is 66, 12-13) quello che deve nutrire la fiducia dei Cristiani.
Dio è un Padre che ama ricevere le richieste dei suoi figli, perché questo dimostra la loro fiducia in Lui, perché per chiedere essi si avvicinano a Lui con cuore disponibile, perché questo li spinge a guardare il suo volto mite e amorevole, perché così facendo (anche se indirettamente) essi manifestano di credere che Lui è davvero il Signore della storia e del mondo e, soprattutto, perché questo gli dà modo di dimostrare loro apertamente il suo amore delicato, attento, libero e solo orientato al bene dei suoi figli. Ciò che al Padre dispiace non è l’insistenza o l’indiscrezione dei figli nel chiedere, ma il fatto che non gli chiedono mai abbastanza, rimanendo silenziosi e quasi indifferenti a Lui, il loro rimanere a distanza con mille scuse di rispetto, di “tanto Lui già sa tutto”, ecc..
Dio è certamente un Padre che sa provvedere a tutto ciò che riguarda l’esistenza quotidiana dei suoi figli, ma, altrettanto, sa cosa è bene per loro e lo sa molto meglio di loro. Ecco perché Egli elargisce ai Cristiani molti beni e soprattutto il dono per eccellenza: lo Spirito, l’unico bene davvero indispensabile per la loro vita, quello che, lasciato agire, li rende sempre più autenticamente figli nel Figlio.
6. Alcuni punti chiave
a) Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare»: Gesù si apparta per pregare. Lo fa spesso nel racconto di Luca (5, 16), soprattutto nelle immediate precedente di eventi importanti: prima di costituire il gruppo dei Dodici (6, 12-13), prima di provocare la confessione di fede di Pietro (9, 18-20), prima della trasfigurazione (9, 28-29) e, infine, prima della passione (22, 40-45).
Gesù che prega provoca nei discepoli il desiderio di pregare come lui. È, evidentemente, una preghiera che ha dei riflessi esterni davvero speciali che, certamente, si ripercuotono sulla sua predicazione. I discepoli comprendono che una tale preghiera è molto diversa da quella insegnata dagli altri maestri spirituali di Israele e anche dallo stesso precursore di Gesù, per questo gli chiedono di insegnare loro la sua preghiera. In questo modo, la preghiera che Gesù trasmette ai suoi diventa l’espressione caratteristica del loro ideale e della loro identità, del loro modo di rapportarsi con Dio e fra di loro.
b) Padre: La prima cosa che Gesù insegna a proposito della preghiera è chiamare Dio con il nome di “Padre”. A differenza di Matteo, Luca non aggiunge l’aggettivo “nostro”, mettendo meno l’accento sull’aspetto comunitario della preghiera cristiana; d’altra parte, il fatto d’ invocare lo stesso Padre costituisce il miglior collante dell’unità comunitaria dei discepoli.
Per un ebreo del sec. 1°, il rapporto con il padre era fatto d’intimità, ma anche di riconoscimento della sua sovranità su ciascun membro della famiglia. Ciò si è riflesso sull’uso cristiano di chiamare Dio “padre”, mentre non ci sono testimonianze sicure che gli Ebrei dell’epoca usassero chiamare Dio con il confidenziale“abba”. Questo termine non è altro che l’enfatizzazione dell’aramaico “ ’ab”, il termine familiare e rispettoso usato per il padre terreno.
Il fatto che Gesù usasse rivolgersi a Dio chiamandolo abbamanifesta il nuovo tipo di rapporto che Egli, e perciò i suoi discepoli, instaurano con Dio: un rapporto di vicinanza, familiarità e fiducia.
Secondo lo schema classico della preghiera biblica, la prima parte del “Padre nostro” riguarda direttamente Dio, mentre la seconda parte è riferita alle necessità dell’uomo nella vita terrena.
c) Padre, sia santificato il tuo nome: è Dio, nel messaggio dei profeti d’Israele, che “santifica il proprio Nome” (cioè se stesso: “il nome è la persona”) intervenendo con potenza nella storia umana, nonostante Israele e gli altri popoli lo abbiano disonorato. Leggiamo in Ezechiele: “Giunsero fra le nazioni dove erano spinti e disonorarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese. Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che gli Israeliti avevano disonorato fra le genti presso le quali sono andati. Annunzia alla casa d'Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato fra le genti presso le quali siete andati. Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo” (36, 20-24). In proposito si può leggere anche: Dt 32, 51; Is 29, 22; Ez 28, 22. 25.
Il soggetto del verbo “santificare”, in Lc 11, 2, è Dio stesso: siamo di fronte a un “passivo teologico”. Ciò significa che la prima richiesta di questa preghiera non riguarda l’uomo e il suo indiscutibile impegno di onorare e rispettare Dio, ma Dio Padre stesso che deve fare in modo da farsi riconoscere tale da tutti gli uomini. Si chiede, quindi, a Dio che si riveli nella sua sovrana grandezza: è una invocazione dal tono escatologico, strettamente legata con la successiva.
d) Venga il tuo Regno: il grande evento annunciato da Gesù è la vicinanza definitiva del Regno di Dio agli uomini: “Sappiate che il regno di Dio è vicino” (Lc 10,11; cfr anche Mt 10, 7). La preghiera di Gesù e del Cristiano, dunque, è in stretta sintonia con quest’annuncio. Chiedere nella preghiera che questo Regno sia sempre più visibilmente presente ottiene, infatti, due effetti: colui/colei che prega si confronta con il disegno escatologico di Dio, ma anche si pone in una radicale disponibilità verso questa Sua volontà di salvezza.
Dunque, se è vero che a Dio Padre si può e si deve manifestare ogni propria necessità, è altrettanto vero che la preghiera cristiana non è mai finalizzata all’uomo, non è mai una richiesta egoistica dell’uomo, ma il suo fine ultimo è glorificare Dio, invocare la sua piena vicinanza, la sua completa manifestazione: “Cercate il regno di Dio e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 22, 31).
e) Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano: siamo passati alla seconda parte della preghiera del Signore. L’orante ha posto ormai le basi per un corretto e confidenziale rapporto con Dio, perciò ormai vive nella logica della vicinanza di Dio che è Padre e le sue richieste sgorgano da questo suo modo di vivere.
Il pane è il cibo più necessario, l’alimento primario, al tempo di Gesù come oggi (o quasi!). Qui, però, “pane” indica il cibo in generale e anche, più ampiamente, ogni genere di necessità materiale dei discepoli.
Il termine italiano “pane” è la traduzione del greco “epiousion”, che troviamo anche nella versione di Matteo, ma in alcun altro testo greco biblico o profano. Ciò rende difficile darne una versione davvero attendibile, tanto che ci si è dovuti adattare a tradurlo in base al contesto.
Ciò che è davvero chiaro, però, è che il discepolo che sta pregando in questo modo è cosciente di non avere molte sicurezze materiali per il futuro, nemmeno a proposito del proprio nutrimento quotidiano: egli ha davvero “lasciato tutto” per seguire il Cristo (cfrLc 5, 11). Si tratta di una situazione caratteristica dei Cristiani delle prime generazioni, ma non è detto che la preghiera per “il pane” non possa essere utilissima anche ai Cristiani del nostro tempo: tutti siamo chiamati a ricevere ogni cosa dalla Provvidenza, come un dono gratuito di Dio, anche se viene dal lavoro delle nostre mani; a questo, ad esempio, ci richiama costantemente la dinamica del rito eucaristico dell’offertorio: si offre a Dio ciò che si sa bene di aver ricevuto da Lui, per poterlo ricevere nuovamente dalle sue mani. Ciò significa anche che il Cristiano di ogni tempo non deve coltivare alcuna preoccupazione per la propria situazione materiale, perché il Padre penserà a lui: “Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito” (Lc 12, 22-23).
f) Perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore: Immerso nella salvezza donata dal Padre con l’avvento del suo Regno, il Cristiano sa di essere perdonato in anticipo da ogni colpa. Questo lo mette nella condizione e nell’obbligo di perdonare gli altri, consentendo a Dio di rendere definitivo il perdono per il credente capace di perdonare (cfr Mt 18, 23-35).
Siamo sempre a cavallo fra il regno “già” presente e il regno “non ancora” compiuto. Un comportamento del Cristiano che non fosse in sintonia con la salvezza già ricevuta da Dio in Cristo, renderebbe vano per lui il perdono già ricevuto. Ecco perché Luca dice: “perché anche noi perdoniamo”: non vuole mettere l’uomo sullo stesso piano di Dio, ma la coscienza che l’uomo può sciupare l’opera salvifica di Dio, nella quale il Padre l’ha voluto inserire come elemento attivo, per estendere a tutto il suo perdono sempre gratuito.
7. Un’esperienza di preghiera emblematica e celebre
Dai Manoscritti autobiografici di s. Teresa di Gesù bambino e del Volto santo (nn. 917-318):
«Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia, insomma è qualche cosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l'anima e mi unisce a Gesù.
Non vorrei però, Madre cara, farle credere che io reciti senza devozione le preghiere in comune, nel coro o negli eremitaggi. Al contrario, amo molto le preghiere in comune, perché Gesù ha promesso di "trovarsi in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome"; sento allora che il fervore delle mie sorelle supplisce al mio. Ma da sola (ho vergogna di confessarlo), la recita del rosario mi costa più che mettermi un strumento di penitenza. Sento che lo dico così male! Ho un bell'impegnarmi nel meditare i misteri del rosario, non arrivo a fissare il mio spirito. Per lungo tempo mi sono afflitta per questa mancanza di devozione che mi meravigliava, perché amo tanto la Vergine Santa, tanto che mi dovrebbe esser facile fare in onor suo le preghiere che le piacciono. Ora me ne cruccio meno, penso che la Regina dei Cieli è mia madre, vede certo la mia buona volontà e se ne contenta.
Qualche volta, se il mio spirito è in un'aridità così grande che mi è impossibile trarne un pensiero per unirmi al buon Dio, recito molto lentamente un "Padre nostro" e poi il saluto angelico; allora queste preghiere mi rapiscono, nutriscono l'anima mia ben più che se le avessi recitate precipitosamente un centinaio di volte».
8. Un momento di preghiera: Salmo 103
Al Dio misericordioso e provvidente, che ha creato la meravigliosa armonia del cosmo e in essa ha posto l’uomo quale suo “vicario”, cantiamo con il salmo:
Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
ruggiscono i leoncelli in cerca di preda e chiedono a Dio il loro cibo.
Sorge il sole, si ritirano e si accovacciano nelle tane.
Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
Quanto sono grandi, Signore, le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero animali piccoli e grandi.
Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato perché in esso si diverta.
Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.
9. Orazione finale
Padre buono e santo, il tuo amore ci fa fratelli e ci spinge a radunarci tutti nella tua santa Chiesa per celebrare con la vita il mistero di comunione. Tu ci chiami a condividere l’unico pane vivo ed eterno donato a noi dal cielo: aiutaci a saper spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché si sazi ogni fame del corpo e dello spirito. Amen.
Fonte:http://ocarm.org/
Commenti
Posta un commento