Alessandro Cortesi op, “sono pochi quelli che si salvano?’
XXI domenica tempo ordinario – anno C – 201 Lc 13,22-30
Nella seconda parte del vangelo di Luca Gesù è presentato nel suo cammino verso Gerusalemme. ‘Passava per città e villaggi insegnando e dirigendosi verso Gerusalemme’. Luca raccoglie in questo cammino vari insegnamenti di Gesù.
Tra altri è affrontata la domanda, dibattuta nei circoli rabbinici: “sono pochi quelli che si salvano?’. Diverse erano le risposte: da posizioni più rigoriste a posizioni più aperte. Gesù non entra nella questione. Ne fa occasione di un richiamo alle esigenze di una salvezza non come privilegio scontato ma cammino di esistenza nell’impegno per la giustizia. L’immagine della porta e il paragone di una festa sono introdotti: ‘Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti cercheranno di entravi ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: Signore, Signore aprici!’.
La porta per entrare nella festa è stretta, entrarvi implica fatica e impegno: il termine utilizzato è ‘lotta’ (agone). L’insegnamento di Gesù suscita una scelta e richiama alla responsabilità.
A chi solleva una sorta di diritto acquisito ad entrare, senza impegno per la giustizia, si oppongono le parole del padrone: ‘Non so di dove siate: andate via da me, voi tutti che operate l’iniquità’. L’accesso è chiuso a chi compie l’iniquità. Chi accampa in qualche modo diritti per aver mangiato e bevuto insieme, perché ‘hai insegnato nelle nostre piazze’ si deve invece confrontare con altri criteri per poter entrare: Chi può attraversare la porta stretta non è chi rivendica una appartenenza anche di tipo religioso o privilegi particolari, ma il passaggio è reso possibile solo per chi compie la giustizia.
Gesù critica la pretesa di ‘salvarsi’ in virtù di una appartenenza religiosa che non coinvolge l’esistenza. E’ il modo di vivere la religione in modo esteriore, con manifestazione di simboli ed ossequi agli aspetti di manifestazione ma senza attuare la giustizia e senza cambiamento del cuore. Di fronte a tale pretesa di ‘diritti acquisiti’ di uso della religione come bandiera culturale, le parole di Gesù contrappongono parole dure: ‘Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori’. L’immagine della porta stretta richiama all’esigenza di una salvezza a caro prezzo, seguendo la testimonianza di Gesù. Per chi compie l’iniquità la porta è chiusa.
Tuttavia la prospettiva indicata è quella di una apertura senza confini. La porta è aperta infatti per chi opera la giustizia anche senza appartenenze religiose riconosciute, anche da lontano: ‘E verranno da oriente e da occidente da settentrione e da mezzogiorno per prendere posto al banchetto nel regno di Dio. E così vi saranno ultimi che saranno primi e primi che saranno ultimi’.
La porta stretta si apre ad accogliere chi non ha titoli di appartenenza o privilegi, chi si comporta nella vita in continuità con i gesti di Gesù: nel prendersi cura per l’altro, nello stare dalla parte di chi è oppresso, nell’impegno per la giustizia e per la pace, nella preghiera di fronte al Padre, nell’intendere la vita come servizio nel quotidiano. Tutti costoro che praticano la giustizia, provenienti da lontano, considerati stranieri ‘siederanno a mensa nel regno di Dio’. Saranno gli invitati nella casa, troveranno la porta aperta e accogliente. Gesù richiama un primato della prassi nell’attenzione all’altro su ogni declamazione di appartenenza e su ogni tipo di devozione. Sono parole per ripensare i cammini personali e lo stile di vita delle nostre comunità.
Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com
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