don Lucio D'Abbraccio, "Gesù salì sul monte a pregare e il suo volto si trasfigurò!"
Gesù salì sul monte a pregare e il suo volto si trasfigurò!
Trasfigurazione del Signore
Ricorre oggi la festa della Trasfigurazione del Signore, celebrata a partire dal IV secolo in oriente e dall’ XI in occidente. In questa festa si contempla il volto di Gesù Cristo radioso di una luce di vita e di comunione destinata a tutto l’universo, all’umanità intera.
Nel brano evangelico Luca scrive che «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare» e, “mentre pregava”, si verificò il luminoso mistero della sua trasfigurazione. Salire sulla montagna per i tre Apostoli ha perciò voluto dire essere coinvolti nella preghiera di Gesù, che si ritirava spesso in orazione, specialmente all’alba e dopo il tramonto, e talvolta per tutta la notte. Solo però quella volta, sulla montagna, sul Tabor, Egli volle manifestare ai suoi amici la luce interiore che lo ricolmava quando pregava: il suo volto – leggiamo nel Vangelo – «cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Le sue vesti, dunque, lasciarono trasparire lo splendore della Persona divina del Verbo incarnato.
C’è un altro dettaglio, proprio del racconto di san Luca, che merita di essere sottolineato: l’indicazione cioè dell’oggetto della conversazione di Gesù con Mosè ed Elia, figura della Legge e dei Profeti, apparsi accanto a Lui trasfigurato. Essi – narra l’evangelista – «parlavano della sua dipartita (in greco éxodos), che stava per compiersi a Gerusalemme». Gesù, dunque, ascolta la Legge e i Profeti che gli parlano della sua morte e risurrezione. Nel suo dialogo intimo con il Padre, Egli non esce dalla storia, non sfugge alla missione per la quale è venuto nel mondo, anche se sa che per arrivare alla gloria dovrà passare attraverso la Croce. Anzi, Cristo entra più profondamente in questa missione, aderendo con tutto se stesso alla volontà del Padre, e ci mostra che la vera preghiera consiste proprio nell’unire la nostra volontà a quella di Dio.
L’evangelista prosegue scrivendo che «mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”». Sant’Agostino commenta questo passo biblico dicendo che noi abbiamo una sola dimora: Cristo; Egli «è la Parola di Dio, Parola di Dio nella Legge, Parola di Dio nei Profeti» (cf Sermo De Verbis Ev. 78,3: PL 38, 491). Infatti, il Padre stesso proclama: «Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo!». La Trasfigurazione, quindi, non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, «l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce».
Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore. Per questo, la verifica della trasfigurazione è, paradossalmente, l’agonia nel Getsemani (cf Lc 22,39-46). Nell’imminenza della passione, Gesù ne sperimenterà l’angoscia mortale e si affiderà alla volontà divina; in quel momento la sua preghiera sarà pegno di salvezza per tutti noi. Cristo, infatti, supplicherà il Padre celeste di “liberarlo dalla morte” e, come scrive l’autore della lettera agli Ebrei, «fu esaudito per la sua pietà» (cf Eb 5,7). Di tale esaudimento è prova la risurrezione.
La preghiera, dunque, non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso. Chiediamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Maestra di vita spirituale, di insegnarci a pregare come faceva il suo Figlio, perché la nostra esistenza sia trasformata dalla luce della sua presenza.
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