Don Paolo Zamengo, "Il mondo di Dio"
XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) Il mondo di Dio Luca 14, 1. 7-14
“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Il vangelo non vuole idealizzare e beatificare l'umiliazione, la condizione di inferiorità e la coscienza di essere poveri, come se valesse solo il non valere. I migranti, i poveri, gli emarginati, vivono già una vita sofferta, a causa di questa sua condizione.
Chi è umiliato è beato non perché è povero, ma perché sperimenterà come Dio sia la sua ricchezza. Per Gesù, la scelta dei posti d'onore a un banchetto diventa il simbolo della vita. Chi si esalta, chi si mette al di sopra degli altri, inevitabilmente finirà ridotto alla sua effettiva povertà. E “dovrà, con vergogna occupare l'ultimo posto”. L'esaltazione di se stessi porta a perdere anche il valore relativo che uno ha. Esaltarci ci rende più poveri di quello che siamo effettivamente.
Chi, invece, occupa l'ultimo posto si troverà nella condizione di essere riconosciuto e valorizzato dal padrone di casa: “Amico, passa più avanti”. C'è una relazione di amicizia: è questa che sa riconoscere e dare il giusto valore all'altro. E Dio ci considera sempre di più di quello che noi ci consideriamo, se non siamo superbi.
“Ne avrai onore davanti a tutti i commensali”. Colui che ti ha invitato ti ha fatto salire di un solo posto, ma tanto basta per riceverne onore da tutti. Davvero Gesù ci insegna la via di quella sana considerazione di se stessi che non porta mai a mettersi in concorrenza con gli altri, che non presume e non suppone le proprie capacità, ma sa di valere solo perché è agli occhi del Signore (Colui che invita alle nozze) che si vale e si è riconosciuti.
Poi Gesù si rivolge a chi fa gli inviti: a tutti noi, chiamati a fare della nostra vita un invito agli altri a far festa con noi. Gesù raccomanda di non invitare “amici, fratelli, parenti, ricchi”. Fare festa è chiamata alla larghezza e alla gratuità. Come nel cielo c'è gran festa per una sola pecora che il Pastore ha recuperato a sé: essa non ha nulla da contraccambiare, se non il suo smarrimento.
L'elenco degli invitati che, invece, dobbiamo compilare è molto alternativo e provocatorio: “poveri, storpi, ciechi, zoppi”. Oggi sarebbe possibile lasciar fuori da questo elenco chi è rifiutato perché straniero e di un'altra razza? Chi ha rinunciato a una continua formazione della propria coscienza e ha venduto il cuore alla propaganda più superficiale, egoista e violenta si condanna all'esclusione, perché non ha voluto includere.
Si riceve la ricompensa da Dio se nella vita si è invitato chi non ha da ricompensare. L'insegnamento di Gesù ci mostra che, alla fine, rimarranno solo i gesti di gratuità, quelli fatti a chi non conta e non ha da restituire o ricambiare. Perché Dio ci ha creato, ci sostiene, ci ama e ci salva? È solo gratuità. Dio non ha bisogno né di noi né di tutta la creazione. II Signore "si accontenta" di questo mondo, come se fosse il più bello e, ai suoi occhi è il più bello, ma solo perché lo ama, soltanto per la sua gratuità.
Se vogliamo che nella nostra vita ci sia una scintilla divina, è necessario che esercitiamo un briciolo della sua gratuità. Se inviti alla festa della tua vita i poveri, gli scartati avrai la festa di chi non fa mai festa, di chi non è mai invitato perché è ignorato da tutti.
E contemplare il loro far festa, grazie al tuo invito, deve valere per te molto più dell'aver invitato personaggi importanti. Davvero, per fare un tale pranzo di nozze ci vuole un altro cuore e un altro mondo: quelli di Dio.
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