DON Tonino Lasconi,"Ma dove sta questa porta stretta?"

Ma dove sta questa porta stretta?XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019Nel cielo i posti non si trovano. Si costruiscono.


«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno», afferma Gesù, sembrando in contraddizione con quando assicura: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto?"» (Gv 14,2). Gesù non si può contraddire, perciò è necessario approfondire. Iniziamo dal chiederci: cos'è e dove sta questa porta stretta?

Influenzati dall'immagine di san Pietro con il mazzo di chiavi davanti alla porta del paradiso, sfruttatissima nel catechismo dei bambini di anni fa, ma anche da vignette di tutti i tipi, e persino dalla pubblicità, si può essere indotti a pensare che la porta stretta sia quella del paradiso, lassù tra le nuvole, dove una folla enorme cerca di passare, magari tentando, all'italiana, di scavalcare la fila. Non è così. La porta stretta non è quella del paradiso e non sta dove un giorno arriveremo, ma quaggiù, dove stiamo camminando. Gesù, mentre parla, la porta stretta la sta attraversando. È quella che lo conduce a Gerusalemme a "compiere il suo battesimo", cioè a realizzare la fedeltà alla sua missione nonostante la strettoia della crocifissione.

Così è per noi. La porta stretta non è quella dove ci presenteremo a san Pietro, ma quella che dobbiamo percorrere per arrivarci. La porta stretta è la scelta di entrare ogni giorno nelle vie della giustizia, della misericordia, della fedeltà al Padre.

Il "tale" che chiede a Gesù «sono pochi quelli che si salvano» è interessato a una questione che era di grande attualità nei "salotti" del tempo: si salvavano soltanto gli ebrei, o i simpatizzanti, oppure anche i pagani che si dimostravano benevoli, come il centurione che aveva fatto costruire la sinagoga (Lc 7,5)? Quella a cui essi pensavano era una salvezza nella quale si entrava – diremmo noi – con la "tessera" giusta. Gesù, invece, parla della salvezza che si conquista con una scelta personale di fedeltà e di coerenza alla sua parola. Per questa non vale l'appartenenza a un popolo, e nemmeno dichiararsi suoi discepoli: «Quando comincerete a bussare alla porta, egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!"».

La porta stretta è una vita buona e giusta. Essa è l'unico lasciapassare. Il resto non conta: «Quando vedrete sedere alla mensa nel regno di Dio gente venuta da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e voi rimasti fuori..., per voi tutti operatori di ingiustizia, ci sarà pianto e stridore di denti». È lo stesso ammonimento della parabola del giudizio universale: ciò che fa entrare nel regno del Padre è avere praticato la misericordia, non essere scritti nel libro dei battesimi, o frequentare le pratiche religiose.

Facciamoci la domanda posta a Gesù: "sono pochi quelli che si salvano?". Se guardiamo a quello che quotidianamente le cronache ci mostrano, non c'è da stare allegri, perché di giustizia, di misericordia e di bontà non se ne vedono tante. Attenzione, però! I media non sono l'unico strumento di lettura della realtà. Essi raccontano sempre "i primi", quelli che fanno rumore, quelli che si fanno vedere. Lo sguardo del Signore è diverso e ci incoraggia: vede nel profondo. Già il profeta Isaia, in tempi sicuramente non migliori dei nostri, rivelava: «Così dice il Signore: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria"». Gesù ci dà la conferma: gli ultimi, quelli che non si vedono nei media, ora sono i primi a entrare. E sono tanti a mensa nel regno di Dio, venendo «da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno».

Non lasciamoci intristire dal pessimismo: c'è un posto anche per noi, se non sbagliamo porta. Perciò rinfranchiamo le mani inerti e le ginocchia fiacche, e camminiamo fiduciosi attraverso la porta stretta.

Fonte:https://www.paoline.it


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