Don Paolo Zamengo, "Il perdono passa attraverso una ferita"
VENTIQUATTRESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOIl perdono passa attraverso una ferita Lc 15, 11-32
Si avvicinavano a Gesù i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. Sconvolgente: i peccatori si sentivano accolti da Gesù, il Messia, il Figlio di Dio.I "buoni" del tempo, reagiscono scandalizzati. Anzi, Luca dice che riprendono il vizio del popolo d’Israele nel deserto: mormorano. Preferivano la schiavitù dell’Egitto al dono della manna che li conduceva a libertà.
‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’, dicevano. Hanno proprio visto bene. Gesù non tiene le distanze, non accusa i peccatori, non rimprovera, non pretende nulla da loro, non condanna. Gesù compie semplicemente il gesto più umano, li accoglie e poi mangia con loro: ascolta le loro storie, guarda i loro volti, è attento alle loro situazioni.
A tavola, parla di un regno di Dio dove trionfa la misericordia, dove ogni uomo recupera la bellezza della propria umanità, liberandosi dalle conseguenze di scelte sbagliate, riconoscendo in Gesù un Dio che non si è mai allontanato, anche se sono stati loro ad allontanarsi da Dio e da se stessi.
I farisei e gli scribi non possono percepire tutto questo. Sono chiusi in una falsa idea di Dio: Dio che premia quelli come loro e punisce i peccatori. Sono convinti che il paradiso consiste nel vedere gli altri all'inferno.
Allora, il figlio maggiore della parabola sono proprio loro: sempre fedeli (non ho mai disobbedito), sempre impegnati (io ti servo da tanti anni), sempre servi (non mi hai mai dato un capretto). Come si può dire che non hanno ragione?
Ma hanno smarrito il volto del fratello (questo tuo figlio), hanno smarrito il volto del padre (fa festa per il figlio tornato), hanno smarrito il luogo della loro vita (si indignò, e non voleva entrare), hanno smarrito se stessi (non fa festa per il ritorno del fratello), hanno smarrito l'umanità (questo tuo figlio), hanno smarrito la fede (non crede che Dio perdona).
Certamente, l'accoglienza e il perdono del padre nei confronti del figlio che ha sperperato il patrimonio e se stesso non sono un far finta che nulla sia successo. La misericordia è portare il peso della ferita subita (dal padre) e provocata (dal figlio).
Chissà se il figlio maggiore ha capito che il suo rifiuto del perdono paterno è sbagliato! E speriamo anche che, dopo il ritorno, il "figliol prodigo" abbia capito la ferita che ha provocato alla sua famiglia e si sia incamminato sulla via del pentimento.
Il suo ritorno a casa è dettato dallo stesso egoismo a causa del quale si era allontanato e aveva vissuto. Le sue parole rivelano che era tornato semplicemente perché aveva fame e si era ricordato del pane che, in casa, anche i servi avevano in abbondanza. Quando ritorna chiede al padre di essere trattato come un servo, cioè di avere il pane.
Al peccato non segue il pentimento e quindi il perdono. Piuttosto è il perdono gratuito e incondizionato del padre che suscita la coscienza del male commesso. Il perdono gli restituisce dignità e dobbiamo immaginare e sperare che questo figlio abbia poi assunto la responsabilità del male provocato, non solo con una condotta più degna ma anche con una vita più cosciente e responsabile del dolore provocato agli altri.
Un perdono che non tiene conto del male commesso e, se non comporta la fatica di portare la ferita, è un perdono irreale e ingiusto.
Mi ha colpito leggere la dichiarazione di una donna, alla notizia della richiesta di perdono da parte dell'uomo, ora in carcere, che l'ha sfregiata al volto con l'acido.
“Se è sincero e se è ora consapevole di quello che ha fatto e se non è più la sagoma oscura che ho visto dentro casa mia, io posso anche perdonare. Ma quel perdono serve più a lui che a me. Deve fare i conti con ciò che ha fatto come io convivo ogni giorno con quello che mi ha fatto, perdono o non perdono”.
Il perdono non può far dimenticare il dolore della parte offesa e deve aiutare chi sbaglia ad assumersi la responsabilità e il peso delle conseguenze del male commesso. Questa è, credo, la conversione vera.
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