Mons.Vincenzo Rini, Commento XXVI Domenica Tempo Ordinario “C”
Domenica 29 settembre
Vincenzo Rini
Cos’è che dà senso alla vita terrena dell’uomo garantendogli, allo stesso tempo, la vita eterna. È il tema che, soprattutto i brani biblici di Amos e di Luca, presentano oggi.
Amos, profeta vissuto nell’VIII secolo avanti Cristo nel regno di Israele, descrive l’opulenza dei ricchi che pensano solo a godersi la vita, ma non si preoccupano della “rovina di Giuseppe”, cioè della miseria dei poveri. Il profeta preannunzia il castigo di questi egoisti “dissoluti”: le armate degli assiri metteranno fine alla loro “orgia” malvagia.
Il brano di Luca presenta la parabola di Lazzaro e del ricco dedito solo ai grandi banchetti, per questo tradizionalmente chiamato “epulone”. Il ricco vive gozzovigliando e non si cura del povero affamato che sta alla sua porta, al quale perfino “i cani venivano a leccare le sue piaghe” (gli animali hanno hanno più cuore di certi uomini…). La morte però, sottolinea Gesù, fa giustizia: il ricco senza cuore, va all’inferno, mentre il povero va nel “seno di Abramo”, cioè in paradiso.
La parabola insegna: Dio è il consolatore degli afflitti e il castigatore degli egoisti che non sanno guardare alla fame dei poveri. Il dialogo del ricco con Abramo presenta due indicazioni importanti; anzitutto: l’aldilà – paradiso o inferno – è la conseguenza dell’aldiquà; non c’è redenzione dopo la morte. Quindi, in secondo luogo: la salvezza si conquista in questa vita, per un’unica strada: ascoltare, efficacemente, la parola di Dio annunciata dai suoi messaggeri, a partire da “Mosé e i profeti” fino a giungere a Gesù.
Dal brano della prima lettera a Timoteo è da cogliere una sottolineatura: la vita terrena è il tempo in cui combattere “la buona battaglia della fede”. Per questo è da vivere per Dio attraverso la carità. Solo su questa strada si può raggiungere la vita eterna.
Torniamo alla domanda iniziale: cos’è che dà senso alla vita dell’uomo, garantendogli la vita eterna? La risposta è chiara: non la ricchezza, non i beni e i piaceri terreni, ma l’amore di Dio che, concretamente e necessariamente, deve diventare amore del prossimo, dei poveri, dei bisognosi; che si fonda sull’ascolto di Mosè e dei profeti, a partire dal profeta Gesù, Figlio di Dio che ci ha indicato la strada con il suo Vangelo.
È l’aldiquà che garantisce l’aldilà; a suo modo la Messa di oggi ci indica il “carpe diem” cristiano: cogli l’attimo fuggente della vita terrena vivendolo nella carità, per raggiungere l’eternità beata nel Paradiso.
Fonte:https://www.agensir.it
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