PADRE RANIERO CANTALAMESSA"ABBIAMO LA VITA IN AMMINISTRAZIONE, NON IN PROPRIETÀ"
Abbiamo la vita in amministrazione, non in proprietàpadre Raniero CantalamessaXXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Vangelo: Lc 16,1-13Il Vangelo di questa Domenica ci presenta una parabola per certi versi assai attuale; quella
dell'amministratore infedele. Il personaggio centrale è il fattore di un proprietario terriero,! figura molto popolare anche nelle nostre campagne, quando vigeva il sistema della mezzadria.
Come le migliori parabole, essa è come un dramma in miniatura, pieno di movimento e di cambiamenti di scena. La prima scena ha per attori l'amministratore e il suo padrone e si conclude con un licenziamento in tronco: "Non puoi più essere amministratore". Il fattore non abbozza neppure un'autodifesa. Ha la coscienza sporca e sa perfettamente che quello di cui il padrone è venuto a conoscenza è vero. La seconda scena è un soliloquio dell'amministratore appena rimasto solo. Egli non si dà per vinto; pensa subito a come rimediare per garantirsi un futuro. La terza scena -l'amministratore e i contadini – rivela la truffa da lui escogitata allo scopo: "Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". Un caso classico di corruzione e di falso in bilancio che fa pens! are ad analoghi episodi frequenti nella nostra società, spesso su scala ben più vasta.
La conclusione è sconcertante: "Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza". Gesù approva forse e incoraggia la corruzione? Bisogna richiamare alla mente la natura tutta speciale dell'insegnamento in parabole. La parabola non va trasferita in blocco e con tutti i suoi dettagli sul piano dell'insegnamento morale, ma solo per quell'aspetto che il narratore vuole valorizzare. Ed è chiaro qual è l'idea che Gesù ha voluto inculcare con questa parabola. Il padrone loda l'amministratore per la sua accortezza, non per altro. Non si afferma che è tornato indietro nella sua decisione di licenziare quell'uomo. Anzi, visto il suo rigore iniziale e la prontezza con cui ha scoperto la nuova truffa', possiamo immaginare facilmente il seguito, non raccontato, della storia. Dopo aver! lodato l'amministratore per la sua astuzia, il padrone deve avergli ingiunto di restituire immediatamente il frutto delle sue transazioni disoneste, o di scontarle col carcere, se non era in grado di saldare il debito. Questo, cioè la scaltrezza, è anche ciò che Gesù loda, fuori parabola. Aggiunge, infatti, quasi a commento delle parole di quel padrone: "I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce".
Quell'uomo, davanti ad una situazione d'emergenza, quando era in gioco tutto il suo avvenire, ha dato prova di due cose: di estrema decisione e di grande scaltrezza. Ha agito prontamente e intelligentemente (anche se non onestamente) per mettersi al sicuro. Questo - viene a dire Gesù ai suoi discepoli- è ciò che dovete fare anche voi, per mettere al sicuro, non l'avvenire terreno che dura qualche anno, ma l'avvenire eterno. "La vita -diceva un filosofo antico! - a nessuno è data in possesso, ma a tutti in amministrazione" (Seneca). Siamo tutti degli "amministratori"; dobbiamo perciò fare come l'uomo della parabola. Egli non ha rimandato al domani, non ci ha dormito sopra. È in gioco qualcosa di troppo importante per affidarlo al caso.
Il Vangelo stesso fa diverse applicazioni pratiche di quest'insegnamento di Cristo. Quella su cui si insiste di più riguarda l'uso della ricchezza e del denaro: "Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne". Come dire: fate come quell'amministratore; fatevi amici coloro che un giorno, quando vi troverete nella necessità, possono accogliervi. Questi amici potenti, si sa, sono i poveri, dal momento che Cristo considera dato a lui in persona quello che si dà al povero. I poveri, diceva sant'Agostino, sono, se lo vogliamo, i no! stri corrieri e i nostri facchini: ci permettono di trasferire, fin da ora, i nostri beni nella casa che si sta costruendo per noi nell'aldilà.
Fonte:http://www.qumran2.net/
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