Don Paolo Zamengo, "Il miracolo della riconoscenza"

XXVIII TEMPO ORDINARIO
Il miracolo della riconoscenza      Lc 17,11-19

Dieci lebbrosi immobili, a debita distanza; a loro non è lecito neppure accarezzare un figlio, hanno solo voce: “Gesù, abbi pietà”. Insieme al buon ladrone e al cieco di Gerico sono gli unici che hanno la confidenza per chiamare Gesù per nome: perché lo sentivano vicino. E Gesù appena li vede, subito, perché troppo a lungo hanno già offerto, dice: “Andate dai sacerdoti”. È finita. Siete già guariti.
Devono partire da lebbrosi per arrivare da chi doveva riconoscere che non lo erano più. Il vangelo è pieno di uomini in cammino, gente che si alza e che cammina. E mentre andavano furono guariti.
Partono per un viaggio che era loro vietato: la guarigione non è ancora certificata ma sono invasi dalla speranza; la promessa è più forte delle piaghe e delle paure. Si mettono in cammino tutti e dieci, tutti hanno fede in Gesù, tutti partono e la strada è già guarigione. Il Vangelo è pieno di uomini guariti, sono il corteo gioioso che accompagna Gesù.
Ma uno solo passa da semplice guarito a salvato, l'unico che ritorna, ed a lui che Gesù dice: “la tua fede ti ha salvato”. “Era un Samaritano”. Questo straniero era considerato un senza Dio e un peccatore. Eppure lui è tornato “a rendere gloria”, non gli altri. I nove lebbrosi, che con fede avevano supplicato Gesù, credendo nella sua parola, una volta purificati, hanno preferito andar subito a verificare i vantaggi sociali per essere tornati sani.
Ai nove che non tornano è sufficiente la guarigione. Non tornano, forse, perché travolti dalla felicità e dagli abbracci ritrovati. E Dio prova gioia per la loro gioia, come prima aveva provato dolore per il loro dolore. Non tornano forse perché sentono la guarigione non come un dono ma come qualcosa loro dovuto, come un diritto e non come un miracolo.
Quanti uomini perdonati sono anche  uomini salvati? A quanti il perdono fa rifiorire anche relazioni nuove con Dio, relazioni nuove con gli uomini e con se stessi?
Ogni miracolo è solo l’inizio di una storia. L'uomo non è solo il proprio corpo. Il vero miracolo consiste nel passare dalla guarigione alla salvezza totale. Nel trovare vita piena in comunione non solo con i doni di Dio ma con Dio, con lui che è il donatore. Il Donatore ha se stesso da donare.
Per l'unico tornato non è importante solo dire grazie, come se Dio fosse in cerca della riconoscenza. Il lebbroso di Samaria è salvo perché entra in comunione con il proprio corpo, con i propri sentimenti e soprattutto in comunione con il Signore. E rende gloria a Dio. Perché gloria di Dio è l'uomo vivente.
Davvero vivente è solo il samaritano che segue più il suo cuore che non le prescrizioni della legge, come gli altri nove, e interrompe il viaggio e torna indietro e canta per la strada e si butta ai piedi di Gesù e gli grida il suo grazie.
Tra i dieci, gloria di Dio è solo lui, ritornato uomo e ritornato figlio.

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